Cronaca
Nel Messinese Jonico alluvionato a breve il via alla rinaturalizzazione dei luoghi
Il Governatore Lombardo ha incaricato l’Azienda Foreste Demaniali di Messina diretta dall’arch. Giuseppe Aveni per ripristinare le condizioni naturali delle colline alluvionate o a rischio dissesto idrogeologico
Sul tavolo del nuovo governo Regionale che martedì sarà proposto in aula dal Presidente Lombardo c’è anche Messina e in modo particolare le zone joniche che lo scorso 1° ottobre hanno subito la tremenda alluvione.
Lombardo ha spronato i Dirigenti Regionali che dovranno “dare una svolta di grande cambiamento” perchè la Regione Sicilia ha bisogno di “uomini che possano meglio interpretare questa volontà riformatrice rinnovata”.
Nel caso del Messinese Jonico, il Governatore ha incaricato il Dirigente Giuseppe Aveni, architetto e direttore dell’Azienda Foreste Demaniali di messina, per la rinaturalizzazione dei luoghi delle aree alluvionate o a rischio di dissesto idrogeologico.
Aveni (nella foto a corredo dell’articolo) ha guidato nei mesi scorsi il Team di Studio e Analisi sull’episodio calamitoso, ed è quindi già pronto ad 0 affrontare quest’incarico con grande competenza: Lombardo vuole dare un ulteriore input ai lavori di messa in sicurezza già in atto tra Giampilieri e Scaletta Zanclea. Non appena questi lavori saranno terminati, si darà il via alla rinaturalizzazione dei luoghi che verrà realizzata attraverso merizie mirate e con alcuni progetti già portati avanti dall’ing. Sciacca del Genio Civile di Messina e dall’ing. Manfrè della Protezione Civile di Messina.
I lavori di rinaturalizzazione inizieranno subito dopo che saranno conclusi quelli per la messa in sicurezza del territorio, anche se già sono state attivate proprio da dirigente Aveni tutte le procedure necessarie per predisporre i terreni alla semina e alla messa in mora di piante della macchia mediterranea con essenze tipiche dei luoghi, in modo da ripristinare il naturale ‘status’ delle colline.
La rinaturalizzazione non si limiterà alle zone alluvionate, ma anche in molte altre aree a rischio frane e dissesto idrogeologico che, per fortuna, non hanno ancora subito eventi calamitosi: l’intenzione, infatti, oltre che curare le ferite del tragico evento del primo ottobre scorso, è anche quella di prevenire altri possibili eventi disastrosi.
Nel dettaglio, la rinaturalizzazione implica studi ben precisi e il rispetto di determinate regole.
Sui versanti inclinati da 35 gradi a 45 gradi circa, infatti, si può consolidare la parte superficiale del versante stesso sistemando una rete ancorata nel substrato compatto mediante tiranti e chiodi. Per accelerare il processo di rinaturalizzazione, sotto la rete si può sistemare uno strato di 20 cm circa di suolo che sarà mantenuto dalla rete. Il suolo inseminato consentirà un rapido sviluppo della vegetazione. Naturalmente tale intervento non può essere fatto durante la stagione secca (d’estate) perchè altrimenti la vegetazione senza acqua non cresce.
La vegetazione da sola, però, non potrà consolidare il versante dove il substrato è costituito da sedimenti sciolti; le radici, infatti si sviluppano solo dentro al suolo e non penetrano nel substrato dove non trovano alimentazione. Ad esempio a Giampilieri superiore prima delle colate di fango gran parte dei versanti erano stati terrazzati; non è servito a niente perchè anche essi sono franati in quanto non incastrati in un substrato solido.
La crescita di nuova vegetazione, da sola, non sarà garanzia di messa in sicurezza ma sarà solo un ripristino verde senza consolidamento: per questo gli interventi di rinaturalizzazione saranno effettuati solo dopo la messa in sicurezza del territorio.
Un elemento di consolidamento lungo i versanti può essere rappresentato dalla realizzazione di trincee drenanti facendo uno scavo suborizzontale profondo 1-2 m riempito da un gabbione pieno di pietre. I gabbioni larghi qualche decina di cm vanno legati l’uno all’altro e sistemati in modo che l’acqua drenata sia evacuata lateralmente fino ad un gabbione realizzato lungo la linea di massima pendenza costruendo un disegno a spina di pesce. I drenaggi eviterebbero che il suolo e lo strato alterato del substrato si saturino d’acqua.
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