Storie di Sicilia
IL DRAMMA DELL’EMIGRAZIONE A CAVALLO DELLE DUE GUERRE MONDIALI
E traendo spunto da questo, oggi volgiamo parlare di quello che fu “il dramma dell’emigrazione” a cavallo delle due guerre mondiali. Che era cosa ben diversa. La terra promessa, il sogno di un benessere economico per tutti gli italiani che vissero le privazioni di quel periodo.
Europa, Australia e americhe, erano nuovamente quell’ eldorado inseguito fin dai tempi dei conquistadores spagnoli.
Dopo l’ingresso trionfale degli alleati in Italia, che mise fine al secondo conflitto mondiale, esplose la febbre americana. Gli States divennero, un mito, il sogno prediletto per tutti gli Italiani, concetto immortalato nel celebre film di Alberto Sordi o dalla celebre canzone di Renato Carosone : tu vò fa l’Americano. Ma con il realistico ritornello “_mi sì nato in Italy_”.
Molti hanno deciso di seguire quell’istinto di emulazione e con il cuore in gola hanno preso ’u ferry boat ed hanno attraversato l’oceano. Alcuni sono tornati poco dopo, vittime predestinate della nostalgia, degli affetti lasciati a casa. Altri hanno realizzato il sogno ed hanno sfondato nel mondo del lavoro a stelle e strisce. Ma il legame ed i contatti con la terra d’origine rimanevano forti e vivi.
La sopraggiunta agiatezza non ha fatto dimenticare i parenti e gli amici lasciati oltre oceano, ed in più di una occasione, grazie a generosi contributi economici, hanno permesso la realizzazione di opere pubbliche e religiose.
Quando gli impegni lavorativi lo permettevano si concedevano una vacanza nel loro paese d’origine facendo sfoggio di vestiti di colore sgargiante e di quel caratteristico accento siculo-americano .
Era bello vederli aggirarsi per il paese nel loro abbigliamento inconfondibile: camicia, pantaloncini e cappello di paglia alla Humphrey Bogart… ed ai piedi mocassini rigorosamente indossati su calzini bianchi al polpaccio.
Nei loro racconti di una grande ricchezza raggiunta nella terra delle opportunità , popolati di case lussuose, macchine gigantesche e di tasche piene di bigliettoni, sembrava non esserci più traccia della terribile sofferenza causata dal distacco dalla loro terra.
Sofferenza che è rimasta invece vivida in chi è rimasto. Quel dolore straziante che è stato fissato in modo indelebile nelle canzoni popolari che ancora oggi qualche anziano furcese ricorda.
Come questa che riportiamo di seguito:
In questa canzuni il dramma dell’emigrazione è vissuto da una donna che, dopo aver lottato disperatamente con se stessa ed il suo amore, si rassegna alla partenza dell’uomo della sua vita alla strania, all’estero, e prega per lui affidandolo allo Spirito Santo ed alla Vergine Maria. Ed è più che una speranza quella del suo ritorno, per il quale si dice pronta ad accoglierlo con le porte spalancate per trattenerlo per sempre accanto a se.
Ma non sempre l’emigrante tornava …
Patteru e si nn’annaru ssi beddi occhi, [Sono partiti e se ne sono andati questi begli occhi]
lu sigritariu dilla vita mia. [la ragione delle mia vita.]
Circai mì trattegnu a cchiù non potti, [Ho fatto di tutto per trattenerli con tutte le mie forze,]
pì mari si nn’annaru a la stranìa. [se ne sono andati all’estero per mare.]
Spiritu Santu, tinìtilu forti; [Spirito Santo tenetelo forte (proteggetelo);]
Madonna, ‘ccumpagnàtilu pi via. [Madonna accompagnatelo lungo la via.]
Quannu ritorna ci iapru li potti [Quando ritornerà gli aprirò le porte]
chi tèniri lu vogghiu allato a mia. [perché lo voglio trattenere al mio fianco.]
Al prossimo appuntamento con altre canzoni sull’emigrazione
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