Roccalumera, Storie di Sicilia
Roccalumera. Dalle origini del nome a… FRAMMENTI DELLA PROPRIA STORIA
Etimologicamente Roccalumera ha mutuato l’attuale denominazione dal suo fondatore – La Rocca d’Alcontres – e dalla contrada chiamata indifferentemente Lumera o Alumera. La sua storia come entità ben definita, con caratteristiche peculiari e connotazioni particolari, nasce nel secolo XVI per un fortuito susseguirsi e concatenarsi di eventi, apparentemente senza alcun legame con questo territorio.
Paolo La Rocca, cavaliere di San Giacomo della Spada e governatore della nobile Arciconfraternita di Nostra Signora sotto il titolo della Pietà, sposò, sul finire del secolo XVI, Caterina Settimo Paruta, del ramo di Fitalia.
Il figlio Giovanni sposò nel 1613 Isabella Lanza e Abbate, sorella del principe di malvagna e vedova di Antonio Colonna e Romano, barone di Fiumedinisi. Dal marito defunto Isabella aveva ereditato come feudo il bosco di San Michele, già in precedenza denominato Lomera: esso confinava con il bosco dell’abbazia di Mandanici, con il territorio della baronia di Fiumedinisi e con la marina.
In pratica occupava, approssimativamente, il territorio che oggi forma la parte più interna e settentrionale del Comune, quella parte, cioè, più tormentata e ripida morfologicamente e che comprende certamente i luoghi in cui ancora oggi sorge Allume: quì una traccia di tale nome è, in effetti, rimasta nel borgo detto ancora San Michele.
Il bosco apparteneva alla badessa e alle monache del Monastero basiliano di San Gregorio in Messina ed era stato concesso, in periodi di tempo antecedenti, in enfiteusi perpetua a Ferdinando Gonzaga, principe di Molfetta con contratto notarile del 27 agosto 1542.
Lo stesso Ferdinando, un tempo vicerè di Sicilia, aveva a sua volta ricevuto in donazione dall’Imperatore Carlo V le abitazioni, le miniere e le vene di allume esistenti nell’Isola e confinanti con il territorio di Fiumedinisi, con il territorio della Terra di Savoca, con il territorio di Mandanici e con il mare, per una estenzione di circa 25 migli quadrate.
Dal punto di vista territoriale, il bosco e le miniere non erano separabili, mentre giuridicamente essi avevano una propria configurazione contrattuale.
Ferdinando Gonzaga, discendente dell’altro omonimo Ferdinando Gonzaga Vicerè di Sicilia, aveva venduto nel 1606 le miniere a Giovanni La Rocca che nel 1613 aveva sposato Isabella Lanza, vedova del barone di Fiumedinisi: in questo modo, pervenendo per effetto del matrimonio il feudo o bosco di San Michele, il La Rocca riuniva i due territori limitrofi e dava così origine alla terra detta poi di Roccalumera, avendo avuto anche la facoltà di popolare (licentia populandi).
Essa fu soggetta al possesso del barone e quindi anche alle norme che regolavano la successione nei feudi: pertanto, alla morte di Giovanni La roca e Settimo, suo figlio primogenito, Pietro ereditò la terra di Roccalumera ed il titolo baronale per diritto di primogenitura qualificata, che prevedeva nella successione per prima la linea dei maschi e, in difetto, quella femminile.
In tal modo fu evitato il rischio di frazionamento del patrimonio familiare, che non vene ripartito fra tutti i figli maschi (come accadeva nel sistema longobardo) e fu mantenuto il prestigio ed il lustro della famiglia.
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Lo stesso Prof. Angelo Cascio mi segnala, (oggi 30 Aprile 2011), quanto segue:
Nota 1
Ricordi della gentilissima signora Sposato Foti Giuliana, attuale proprietaria delle miniere di allume.
Nota 2
Archivio di Stato di Palermo. Tribunale del Real Patrimonio. Vol.1079. Anno 1584
“ La parola lumera “, scrive Andria Nicola, “ colla quale si intendeva in quei tempi antichi individuare un’officina in cui si fabbrica allumina da antichissimo tempo sempre conosciuta per il di lei uso nelle arti “.
Nota “ bis
Archivio di Stato di Palermo.Processi investiture. Busta 1610.
Continua…
Testo tratto dal libro “Roccalumera un paese da vivere, la memoria recuperata” (1997) di Alfio Seminara, a sua volta realizzato attingendo a documenti storici di proprietà del Prof. Don Angelo Cascio.
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