Politica
LA MANOVRA ECONOMICA PASSA AL SENATO: “Non la risoluzione ma solo la riduzione del danno”
Questa abnorme bulimia quantitativa sarebbe sufficiente a giudicare disastrosa l’azione del governo, ma la totale schizofrenia qualitativa delle misure messe in campo è quello che indigna di più.
Spunta ora la quinta versione del decreto anti-crisi, in appena due mesi, e quattro tentativi miseramente falliti, Berlusconi e Tremonti, applicano la manovra con rigore scientifico, ma l’impressione è se non li puoi convincere, confondili.
L’Italia d’accordo con l’Europa, non aveva bisogno di una vera e propria manovra di bilancio, aveva garantito Tremonti a giugno e per questo aveva annunciato una modesta leggina di minima “surplace” contabile. Salvo poi scoprire i primi di luglio che eravamo sull’orlo dell’abisso.
Comincia così la folle corsa estiva dei decreti usa e getta:
– Dapprima la stangata del contributo di solidarietà sui ceti medio-alti;
– Dopo la batosta sulle pensioni d’anzianità cumulate con il riscatto della laurea e della naja; Poi ancora la finta caccia agli evasori fiscali a colpi di “carcere e condono”;
Frustate casuali all’una o all’altra categoria o trovate estemporanee di questo o quel ministro, niente di veramente serio o efficace, ma con assenza di logica politica, e soprattutto senza tenuta economica.
Che hanno lasciato non solo i cittadini allibiti e gli speculatori affamati, ma l’intero establishment interno e internazionale L’Unione Europea e la Bce, la Banca d’Italia e la Confindustria hanno fatto giustizia di tanta irresponsabile approssimazione.
Il Capo dello Stato, con il suo intervento ufficiale di due giorni fa ha compiuto un passo senza precedenti, imponendo la linea non solo sui tempi, ma persino sui contenuti della manovra.
Dopo i molti miliardi bruciati sul mercato finanziario, e le figuracce penose esibite sul mercato politico, alla fine, il governo si è dovuto arrendere, e nonostante la radicale riscrittura della manovra non si cancellano le storture di fondo.
– aumento dell’Iva;
– reintroduzione della supertassa sui redditi oltre i 300 mila euro ricorso massiccio alla leva fiscale già quasi il 70% del menù dei provvedimenti varati nelle stesure precedenti;
– giro di vite sull’età pensionabile delle donne;
– rinuncia a qualunque ambizione riformatrice più generale sul capitolo della previdenza.
La ridicola promessa del Cavaliere: “Non mettiamo le mani nelle tasche dei contribuenti”, svanisce, che ora nelle tasche ci entra ma con tutte le scarpe.
Ma la drammatica carenza di misure concrete per la crescita e lo sviluppo resta, evidenziando un governo che non ha una visione globale sulla società italiana di oggi, né progetti e soluzioni per quella del futuro.
Ma per quanto iniqua e sgangherata, la quinta manovra, almeno ha: i saldi contabili unpò più solidi, come la ha già riconosciuto la Commissione di Bruxelles.
È certo il gettito in aumento dell’imposta sul valore aggiuntivo, iinvocato da tempo dalla Banca d’Italia e osteggiato per puro puntiglio dal ministro del Tesoro.
È certo l’incasso a regime dell’intervento sulle pensioni delle donne, suggerito da Confindustria e ostacolato per puro ideologismo dal leader della Lega.
È certo, per quanto risibile, il maggior introito del mini-tributo di solidarietà per i ceti più abbienti, inopinatamente preferito a una seria imposta sui grandi patrimoni per puro opportunismo elettorale.
La manovra dei 45 miliardi, risulta oggettivamente migliorata, ma rimane la sua irrimediabile inefficacia, rispetto alle esigenze di equità sociale e alle urgenze di rilancio del Pil, e la sua probabile insufficienza, rispetto agli impegni sottoscritti in Europa sul pareggio di bilancio e alle aspettative delle società di rating e della business community.
Solo quindi una tardiva “riduzione del danno”, ma problemi dell’Italia sono tutt’altro che risolti.
Nel momento in cui aggiusta la manovra, il governo non c’è più, si certifica paradossalmente la sua fine lo etero-dirigono i mercati, lo commissaria la Banca d’Italia, lo sostituisce Napolitano, si è costretti all’ultimo sfregio alle istituzioni: la richiesta del voto di fiducia.
Il “Wall Street Journal” e il “Financial Times” scrivono unanimemente che non si può affrontare una crisi in queste condizioni, ma solo tamponare un’emergenza, considerando l’Italia la zavorra che rischia di affondare l’euro, la quinta manovra recupera un po’ di attendibilità aritmetica, ma non ricostruisce la credibilità politica, e l’unica via d’uscita da questa tempesta è l’approvazione rapida del decretone, e poi le dimissioni immediate di questo governo, quale forse unico gesto di responsabilità compiuto dal presidente del Consiglio.
Lo Forte Vilma Renata
07 Settembre 2011
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