Spettacolo e Cultura
“Gli antenati dei TIR: i carrumatti alla Dogana nel loro impiego civile e militare”
Domani pomeriggio, alle 18:00, Convegno a S. Maria Alemanna.
MESSINA 17 maggio 2011 – Mercoledì 18 maggio 2011, con inizio alle ore 18, avrà luogo a S. Maria Alemanna in Messina una conferenza sul tema “Gli Antenati dei TIR: i carrumatti alla Dogana nel loro impiego civile e militare”, organizzata dal Museo Storico della Fortificazione Permanente dello Stretto di Messina Forte Cavalli in sinergia con l’Assessorato alle Politiche del Mare del Comune di Messina e la Fondazione Bonino-Pulejo.
Introdurrà i lavori il dott. Enrico Casale (giornalista pubblicista, studioso di storia militare e storia patria), moderatore della conferenza, e, a seguire, gli interventi del prof. Pippo Isgrò (Assessore alle Politiche del Mare del Comune di Messina), del prof. Vincenzo Caruso (Direttore del Museo Storico della Fortificazione Permanente dello Stretto di Messina Forte Cavalli), del rag. Angelo Privitera (in rappresentanza della famiglia Privitera) e del dott. Franco Cassata (Procuratore Generale e referente del Museo etno-antropologico “Nello Cassata” di Barcellona P.G.).
Nel corso della conferenza sarà documentato l’impiego del “carrumatto”, sia nel campo civile che militare, a cavallo tra il XIX e il XX secolo nella città dello Stretto: di rilievo l’utilizzo per il trasporto di materiali e artiglierie nella costruzione delle fortificazioni “umbertine”.
Il Museo Storico della Fortificazione dello Stretto di Messina di Forte Cavalli si arricchisce dunque di un nuovo reperto, il “carrumatto”, donato dai fratelli Angelo, Andrea e Francesco Privitera di Barcellona Pozzo di Gotto (ME) e restaurato dalle maestranze specializzate dell’Arsenale Militare di Messina con il patrocinio della Ditta “Vincenzo Miloro”.
“MUSEO STORICO DELLA FORTIFICAZIONE PERMANENTE DELLO STRETTO DI MESSINA FORTE CAVALLI”
PILLOLE… DI CURIOSITA’:
Il cosidetto “carru mattu” era un particolare e robusto carro a quattro ruote per trasporti molto pesanti. Una spiegazione della sua denominazione proviene dalla sua conformazione. Il carro presentava difatti una sproporzione tra lunghezza e larghezza e dunque nel suo moto, in modo particolare nell’affrontare le curve, creava dei movimenti che venivano controllati con difficoltà dal guidatore. Tale caratteristica ha fatto acquistare questo nome a testimonianza che il carro non poteva essere ben governato e quindi risultasse “matto”.
Il carru mattu (o anche carrumattu, carramattu) ottocentesco, era basso, dalle ruote piccole, con un pianale per lo più senza sponde. Tale caratteristica permetteva di poter caricare ogni tipo di merce o masserizia, in principal modo per trasportare mosti e vini in botte.
Ne esisteva uno particolare che veniva usato per il trasporto della carne, che invece, era chiuso da alte fiancate e coperto, in modo che le carni restassero al riparo, appese a travi infisse di traverso sulle fiancate stesse. Questo tipo di carro, con versione speciale per il trasporto delle carni macellate, era diverso dal classico carretto siciliano; infatti quest’ultimo era alto, quindi con ruote enormi, dalle sponde basse ed estraibili e, cosa che più lo contraddistingueva, era tutto arabescato a vivacissimi colori, con dipinte storie dei paladini di Francia o incidenti con miracolosi salvataggi delle persone implicate, a opera di Madonne o Santi vari; mentre quello era pitturato semplicemente con un colore uniforme che, in quello per il trasporto delle carni, era il rosso vivo, forse come emblema della macellazione.
Il posto di guida consisteva in una tavola, lunga quanto la larghezza del carro, che poteva ospitare altre due persone oltre il guidatore; una curiosità consiste nel fatto che il posto centrale era esposto alle improvvise defecazioni di cavallo o bue.
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