Roccalumera, Storie di Sicilia
Roccalumera. Discorso del Cav. Cascio all’intitolazione piazzetta a Padre Placido Irrera
DISCORSO PRONUNZIATO DAL CAVALIERE MAURIZIANO ANGELO CASCIO, IN OCCASIONE DELLA INTITOLAZIONE AL NOME DI PADRE PLACIDO IRRERA DI UNA NUOVA PIAZZETTA, IN ROCCALUMERA.
E’ il giorno in cui Gesù, mostrando a Dio le sue piaghe gloriose, comincia il suo celeste sacerdozio.
“ Vano è il sermone di colui che insegna se non riesce a promuovere un incendio d’amore “.
UN GIGANTE DELLA FEDE CRISTIANA
Autorità, concittadini, signore e signori, un caloroso saluto e un grazie particolare.
Avendo avuto la ventura, durante l’età della mia prima adolescenza, di conoscere di persona padre Placido Irrera, primo parroco di Roccalumera-Botteghelle, eccomi qui a tentare di descrivere, con efficacia, alcuni episodi della sua esemplare, onesta e virtuosa vita.
Ed è, per me, un atto di doveroso riguardo dire anche che sono tra di voi, e col cuore pieno di gioia, dal momento che il signor sindaco di Roccalumera mi ha invitato a presenziare a questo commovente atto civile e religioso.E non potevo non accettare il cortese e gradito invito, per il fatto che l’illustre avvocato Gianni Miasi, da roccalumerese autentico, qual è, ama, disinteressatamente e sinceramente, Roccalumera; infatti, ha mostrato, e mostra, interesse per le memorie storiche dei roccalumeresi; e, quindi, passerà alla storia come il “ Sindaco restaurator “ delle tradizioni storiche di Roccalumera.
E dato che il lento fluire degli anni sommerge ogni memoria ( “ Chi fa de le memorie avare prede “ ), e, di conseguenza, per non lasciare in oblio persone e cose, l’avvocato Miasi è stato, ed è, anche un volontario custode della memoria storica di Roccalumera.E questa piazzetta, ove, molto tempo fa, sorgeva la chiesetta, dedicata alle Anime del Purgatorio, volgarmente denominata chiesa della Madonna Bambina, è anche ricca di memorie liete e tristi; e ridesta il ricordo di persone e di cose passate; e propriamente di cittadini roccalumeresi che, in questo, allora suggestivo luogo di preghiera, hanno pregato, hanno pianto, hanno domandato e ottenuto una grazia, hanno impetrato il perdono di Dio, hanno inneggiato alla Santissima Trinità e alla Vergine.E hanno anche provato intima e purissima gioia, nell’udire il suono delle campane a festa, annunzianti il trionfo di Cristo, vincitore del peccato, della morte e dell’inferno; e la fine della paura della morte.
Signor Sindaco, i miei complimenti! E mille grazie!
Con questa cerimonia semplica, ma commovente; e con questa lapide marmorea, in onore e in memoria di un Gigante della fede cristiana, Ella, con grande sensibilità d’animo, ha fatto sì che il tempo, che, con avarizia, depreda la memoria, non lasci sprofondare e sommergere nell’oblio Padre Placido Irrera.
E, così, non avverrà che il tempo ne cancelli la memoria: (“Non fia che la memoria il tempo involi“).
Infatti, la memoria è
“ de gli anni e de l’oblio nemica,
de le cose custode e dispensiera “ .
E, finalmente, di padre Placido Irrera
“ suoni e risplenda la sua fama antica,
fatta da gli anni omai tacita e nera “ !
E, adesso, volgiamo la mente e l’animo a padre Irrera.
Non posso iniziare questo mio conciso discorso senza ricordare la seguente, e molto significativa, frase del poeta Alessandro Manzoni, anche perché possiamo riferirla al fu reverendo padre Placido Irrera.
Eccola:
“Ci siamo abbattuti in un personaggio, il nome e la memoria del quale affacciandosi, in qualunque tempo, alla mente, la ricreano con una placida commozione di riverenza, e con un senso giocondo di simpatia “: cap.XXII dei Promessi Sposi.
Senz’ombra di dubbio, padre Placido Irrera era un uomo di chiesa.Era devoto della Madonna del Carmelo, a cui era, ed è, dedicata la chiesa parrocchiale di Roccalumera-Botteghelle.
La chiesa della Madonna del Carmelo di Roccalumera fu edificata negli anni quaranta, e ne fu primo parroco, per l’appunto, padre Irrera.
In quel tempo, gli arrideva ancora la giovinezza: aveva appena ventiquattro anni. Ed esercitò santamente, in Roccalumera, il suo alto ministero sacerdotale, per diciassette anni: a quarantuno anni era già nella gloria di Dio.
Durante la seconda guerra mondiale, padre Irrera fece voto alla Madonna del Carmelo, affidandosi alla sua protezione.
E la Madre di Dio lo esaudì. E, per la grazia ricevuta, padre Irrera scioglieva in parte il voto, anche perché improvvisamente cessava di vivere, e in età ancora giovane.
Era affetto da ernia, tuttavia donava il suo cinto erniario ad una persona bisognosa; e moriva da eroe e da santo!
Per merito del dottor Francesco Sturiale, a cui rivolgo il mio grazie da queste righe, per avermene egli dato una fotocopia, vengono qui appresso trascritti alcuni passi di una lettera circolare, datata 10 marzo 1945, e inviata da padre Irrera, in veste di parroco, ai roccalumeresi, che vivevano all’estero ( “ i figli lontani “ ) .
La lettera parla proprio del voto.
Ecco i passi:
“ Mentre sul nostro patrio suolo imperversa ancora la guerra, noi che abbiamo visto e sentito la tormente, che ha ovunque schiantato le cose nostre più care, per nulla sgomenti dalle vicissitudini umane, stendiamo ai nostri figli ancora la mano. Quasi per voto per essere usciti incolumi dal terribile flagello abbiamo promesso alla SS. nostra Vergine del Carmelo di perpetuare con un’opera in Suo onore, la Sua Materna Protezione su tutti noi. E’ nostra intenzione, perciò, mettere la Sua Immagine Venerata in un più degno luogo, arricchendo il suo altare e la volta del Suo Tempio con decorazioni e pitture … “.
Padre Irrera, avendo creduto nella Santissima Trinità, seguì alla lettera gli insegnamenti evangelici, quindi fu vicino, non a parole, ma con eroici sacrifici personali, alle vere esigenze della comunità parrocchiale.
E, per la sua incrollabile ed inconcussa fede religiosa, fu rispettosissimo della quasi bimillenaria tradizione di Santa Romana Chiesa; e, di conseguenza, non cadde nell’insidia del modernismo. Si accostava all’Altare di Dio, con purezza di sentimenti e con gaudio; appunto per questo ci faceva immedesimare in quel clima liturgico, in cui il sacerdote “presenta il sacramento del riscatto della nostra vita, con paura, timore e temore “, unitamente alla recondita e ferma persuasione della infinita bontà e misericordia di Dio. Offrì il Santo Sacrificio con una fede vivissima e con un grandissimo ardore di carità, che conservò sempre fino alla morte. E, quindi, riuscì a penetrare il mistero della divina Eucaristia: il Santo Sacrificio della Messa e il Santo Sacrificio dell’Altare. E, infatti, celebrava la Santa Messa, come se fosse la prima, la unica e l’ultima messa. Era infiammato di un ardente amore per il divino mistero dell’Eucaristia, tant’è che, certamente, durante le preghiere, pronunziate a bassa voce, che precedevano e seguivano la consacrazione, e, in particolare modo, giunto a “ Qui pridie quam pateretur “, sentiva grandemente la presenza di Gesù Cristo, incarnato e glorificato, e, con la sua profonda fede, riusciva anche a penetrare la misteriosa unione esistente tra la Chiesa Trionfante, Militante e Purgante: infatti, le tre Chiese, tutte insieme, con ardente ed intenso desiderio, aspirano solamente ad adorar Dio, e, quindi, ad assistere, in eterno, all’unica eucaristia celebrata in cielo dal Grande Sacerdote, Gesù Cristo, assistito dagli angeli e dai santi. E Nostro Signore colmava la sua anima e i suoi anni della giovinezza di indicibile letizia.
E la giovinezza del suo animo non conobbe mai il tramonto!
Anima d’una innocenza angelica; religioso d’una umiltà e d’una ubbidienza impareggiabile, fu, nel sacerdozio, il modello dei presbiteri, per la sua vigilanza e per la sua carità verso i poveri.
Padre Placido Irrera fu, infatti, persona caritatevole. Campava, soprattutto, d’elemosina; e, secondo il precetto cristiano, arrivava anche a privarsi del necessario per poter beneficare i poveri della parrocchia. Incontrando, fortuitamente, un uomo malandato in salute, o un vecchio, con una catasta di legna da ardere, o con un pesante sacco, sulle spalle, senza indugio, per alleviargli la fatica, si caricava addosso il peso da trasportare. Sacerdote in tutto e per tutto irreprensibile, non tollerava la profanazione delle cose della chiesa: avrebbe preso, certamente, anche a pedate i fedeli non rispettosi dei luoghi sacri.
Guai a bisbigliare in chiesa!
Anche in canonica, esigeva un contegno corretto ed esemplare. Era di carattere inflessibile. Non apprezzava punto la leggerezza. Durante un carnevale, infatti, cacciò via, con energia, dalla canonica, parrocchiane vestite in maschera.
E tutte le volte che, per la strada, sentiva bestemmiare la Vergine e Dio, si metteva alle orecchie i diti indici, alzava i tacchi e pregava.
Altri uomini. Altri tempi, ma bei tempi !
In chiesa, allora, si entrava in silenzio e con raccoglimento. Le donne sempre a capo coperto e in abito modesto, e senza pantaloni. Gli uomini a capo scoperto e con vestito completo. E gli uomini partecipavano alla Santa Messa, restando in piedi, “ … ritti davanti al trono e in cospetto dell’Agnello “.
E il presbiterio era riservato al clero: infatti, i testi sacri potevano essere letti anche da laici, che, però, dovevano stare in piedi nel mezzo della navata centrale della chiesa.
Prima di celebrare la Santa Messa, padre Irrera si vestiva, in sagrestia, dei paramenti sacerdotali. Ed io, qualche volta, come chierichetto, lo aiutavo a pararsi. E ricordo la preghiere che recitava, e con fervore, lavandosi le mani, e mettendosi indosso l’amitto, il camice, il cingolo, il manipolo, la stola e la pianeta.
All’Altare, poi, padre Irrera era un Angelo: ci faceva anche sentire in modo accentuato la presenza dell’Ineffabile, a tal punto, cioè, che, facendoci inoltare là, ove l’eternità si incontra col tempo, noi diventavamo contemporanei dei fatti biblici ricordati.
E, al di là del tempo, nell’oggi eterno di Dio, eravamo in grado di percepire i misteri di Cristo: la sua passione, la sua morte, la sua resurrezione e la sua ascensione.
Ai piedi dell’Altare, in ogni Messa … emozioni, timori e tremori, ed anche intima e purissima gioia, e lacrime di gioia.
Introibo ad Altare Dei
Mi accosto all’Altare di Dio
Ad Deum qui laetificat juventutem meam
A Dio che dà letizia alla mia giovinezza.
Il sacerdote sentiva il bisogno di purificarsi e di conciliarsi con il Signore, prima di entrare nel “ Sancta Sanctorum “, conscio della grandezza dell’azione che stava per compiere.
Ai tempi in cui padre Placido Irrera esercitava santamente il suo alto ministero sacerdotale, in materia di fede religiosa, la verità rivelata veniva annunziata e predicata interamente. Essa, infatti, a parere mio, non era raddolcita, nascosta, alterata e deformata. Infatti, i predicatori d’allora, nei loro discorsi, parlavano, e frequentemente, di castighi, di diavoli, d’inferno, di penitenza, ed anche di misericordia e di perdono. Angusta, in quel tempo, era la porta, e non facile la via che menava al paradiso!
La dottrina della salvezza universale, ai tempi di padre Irrera, non si era ancora insinuata nei palazzi.
Oggi, invece, andremo tutti, certamente, in paradiso in carrozza.
Attenzione!
Deus non irridetur !
Padre Irrera fu anche catechista insuperabile.
Mi inculcò nella mente e nell’animo le principali verità della fede cristiana. Trattava, ripetutamente, dei precetti della Chiesa; delle Virtù teologali e cardinali; delle sette opere di misericordia corporale; delle sette opere di misericordia spirituale; dei sette doni dello Spirito Santo; e così via; della Presenza reale di Gesù Cristo, nell’Eucaristia; della Santa Messa- sacrificio di immolazione e di propiziazione, e non commemorazione di carattere conviviale storico-celebrativo del sacrificio offerto sulla croce; della fede, intesa come visione dell’invisibile.
Son passati 50 anni da quando io seguivo le sue lezioni di catechismo, interessanti e brillanti per la profonda dottrina.
Son passati 52 anni e 14 giorni dalla Sua prematura scomparsa. E il vecchio discepolo, tuttavia, lo ricorda, ancora oggi, con immutati ed immutabili sensi di affetto e di riconoscenza.
E lo ringrazia, anche, per la grande gioia pasquale, provata nelle giornate del Sabato Santo, quando, con ardente desiderio, attendeva il suono delle campane a festa, che avrebbero annunziato la Risurrezione di Cristo.
Grazie
Roccalumera, li 17 maggio 2007
Giovedì: Ascensione di Nostro Signore
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