Storie di Sicilia
SALVATORE QUASIMODO RACCONTATO DAL PADRE, IN UN’INTERVISTA DELL’EPOCA (di Silvana Gaudio)
“PAPA’ QUASIMODO RICORDA” di Silvana Gaudio. Vie Nuove, Anno XIV, n.46 del 21 Novembre 1959.
Il Bar Aurora, (era il Bar Parisi, dal quale ogni mattina d’estate partiva Ciccio Parisi col suo triciclo a gondola per vendere la granita a limone percorrendo la strada principale del paese. Il Bar possedeva un apparecchio radio – marca Telefunken – usato per diffondere le seguitissime radiocronache degli eventi sportivi, partite di calcio e gare ciclistiche. Ciccio Parisi raccontava che una volta il poeta, disturbato dallo strepitìo di quella radio, gli lanciò contro una invettiva accompagnata da una scarpa (N. d. c.), lettere rosse spiccano nel buio al n. 694 dell’abitato di Roccalumera – lungo la strada nazionale che unisce Messina a Catania – non ha mai venduto tanti caffè come nelle ultime settimane.
Al n. 692 abita il padre di Salvatore Quasimodo. Ha 92 anni e fino a 30 anni fa circa faceva il capostazione. Poichèsiamo venuti a trovarlo e ci guardiamo intorno, fissando con gli occhi i ritratti di famiglia appesi al muro, don Gaetano ci spiega che il ritratto “grande” è di suo padre e l’altro di suo fratello.
“Mio fratello era fascista e chiedeva a Salvatore di scrivere poesie per il regime, ma Salvatore rispondeva che non se la sentiva” dice Gaetano Quasimodo.
“Il 7 ottobre – don Gaetano previene una nostra domanda – Salvatore mi scrisse da Milano che aveva tanto desiderio di vedermi ma che non poteva intraprendere un lungo viaggio”. Don Gaetano, intuendo il nostro interesse, prosegue: “Qualche giorno dopo , dai giornali di Messina, La Gazzetta del Sud e La Tribuna, ho appreso che si faceva il nome di mio figlio per il premio Nobel”. Quando dallo speaker del II programma, la sera del 21 ottobre, Gaetano Quasimodo udì che il premio Nobel per la letteratura era stato assegnato al figlio, ascoltò in silenzio, poi, simile a un personaggio della letteratura greca, con un gesto della mano impedì agli altri di agitarsi: pianse in silenzio.
Ogni volta che Salvatore quasimodo si ferma a Roccalumera, sia in estate che in inverno, se ne va al mare. Lungo il mare Quasimodo ha camminato fin da bambino, allorchè il padre, allontanandosi dai binari, lo conduceva a passeggio con i fratelli Vincenzo ed Ettore. Quando Quadimodo aveva 4 anni, suo padre era capostazione ad Aragona Caldara, in provincia di Agrigento. Dopo averci mostrato, scritta a macchina, la poesia “Al Padre” preceduta da queste parole “Carissimo papà, ho scritto una poesia per te e te la mando. Uscirà nel mio prossimo libro, credo ai primi di giugno. Un forte abbraccio dal tuo Salvatore”. Gaetano Quasimodo, come se ricordase a se stesso dice a voce bassa: “Aveva 4 anni Salvatore, quando io recitavo i versi del Conte Ugolino: La bocca sollevò dal fiero pasto… e lui diceva ancora, arricciando la fronte e facendo sollevare i ricci neri”.
Il padre, poichè ci limitiamo ad ascoltarlo senza interromperlo, continua a ricordare: “Il professor Fulci, dell’Istituto Tecnico Juvara di Messina, mi scrisse – Salvatore poteva avere dodici anni – “suo figlio fa sempre poesie, se non smette lo perderà”. Scriveva persino i temi in versi; così non potevo mai sapere se a scuola andava bene o no. Quando gli altri ragazzi, di Carnevale, ballavano (in Sicilia si balla solo quando è Carnevale), Salvatore se ne andò di casa con un cappotto corto per la sua età e invece di denari conservava alcuni versi nelle tasche. Aveva 18 anni”.
“furono quelli i primi versi che pubblicò?”, chiediamo. “Si, ma non li potè pubblicare subito. Nel 1920 mi pregò di aiutarlo e io, prima di farlo, chiesi il parere a un professore di lettere di Messina. Salvatore mi preoccupava e avrei voluto sistemarlo. Lo feci entrare come telegrafista alla stazione di Messina, poi come impiegato, al Genio Civile di Reggio Calabria…”.
L‘ansia passata ritorna nelle parole del vecchio: il figlio Salvatore, già famoso e non più bisognoso di impiego, l’anno scorso si ammalava di cuore. Le cartoline scritte dall’Ospedale Botkin (reparto 5) di Mosca valsero a tranquillizzarlo, perchè “un figlio come Salvatore, non mente neppure per amore…”. Mosca – ottobre “carissimo, grazie delle tue buone notizie. Anche le mie sono buone. Ormai sono in condizioni diaffrontare il viaggio, fra una quindicina di giorni. Quì c’è freddo e neve. Cosa naturale. Sono curato dal più grande cardiologo della Russia. Niente preoccupazioni. Abbracci affettuosi a tutti. Salvatore”.
“Grazie della lettera. Mi metterò in viaggio quando i medici lo riterranno opportuno. Ma credo presto. Al più tardi verso la fine del mese. Sto sempre meglio. Tanti abbracci a te e saluti a tutti. Salvatore”.
A veder partire e arrivare tanti treni, anche se si è stati testimoni di un terremoto come quello che nel 1908 si abbattè su Messina, si finisce col sognare un poco. A ogni modo se Gaetano Quasimodo sognò che uno dei suoi quattro figli: Vincenzo, Ettore, Rosina (prima moglie di Vittorini), Salvatore, sarebbe diventato famoso, non pensò mai che il suo sogno si sarebbe realizzato. I sogni, nei paesi della Sicilia, si relizzano di rado.
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N.B. Testi tratti da: “PER SAPERNE DI PIU’ SU SALVATORE QUASIMODO” a cura di Carmelo Calabrò. Roccalumera, 2008. Primo degli “Opuscoli Roccalumeresi”.
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