Politica
A PRANZO CON I BAMBINI DEL SAHARAWI (a cura di Adduso)
Salam aleikum: pace a noi (in arabo). Potrei sintetizzare con questa sensazione la mezza giornata passata con i bambini del Saharawi. Ma vorrei invece sinteticamente raccontarla parlandovi di questi bambini e della loro terra d’origine. Ma vado per gradi.
Il 10 agosto, il presidente dell’associazione APTACOSS (associazione di promozione sociale) di Sant’Alessio Siculo, Pina Basile, insieme ai gestori Patrizia e Rosario del ristorante Lido Snack Bar Elibeach di Sant’Alessio Siculo, e grazie all’Associazione AGESCI (associazione scout cattolica italiana) rappresentata a Santa Teresa di Riva da Sandro Ballisto e Federica Salemi Scarcella, e infine con la presenza dell’accompagnatore Hanni, hanno organizzato un pranzo per otto bambini della Repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD), che per un anno sono presso l’associazione VOLAS (Volontari Lasalliani San Luigini – Centro di Aggregazione per Minori) di Acireale, e che con l’occasione per una settimana saranno alloggiati in locali messi a disposizione dal comune di Santa Teresa di Riva ospiti della locale associazione AGESCI.
Sui Saharawi (che significa ‘’popolo del deserto’’) vi rimando in basso a dei link oltremodo eloquenti della drammatica situazione in cui versa da circa 35 anni questo popolo, poiché espropriato della sua terra d’origine e costretto a vivere in condizioni inumane nel deserto occidentale del Sahara. Evidentemente per la cosiddetta civile Comunità Internazionale, le miniere di fosfati di cui è ricca la patria di origine dei Saharawi nonché le sua pescosità nell’Atlantico occidentale e quindi anche i potenziali del suo turismo, sono ancora ritenuti così superiori al diritto di un popolo di esistere legittimamente libero nella propria nazione da esserne ancora tollerati i prepotenti espropri come pure l’obbligato esodo dei Saharawi.
Ma vado ai bambini. La prima cosa che mi ha colpito sono state le loro ciglia lunghe e gli occhi con una forma estesa, come di chi vivendo in zone desertiche deve evoluzionisticamente potersi proteggere tempestivamente dalla sabbia. Ma ho colto pure la loro vivacità, certo dettata pure dall’innata allegria che ogni bambino solitamente manifesta, ma sicuramente pure ispirata dalla gioia, seppure temporanea, di stare vivendo in una condizione che mentre per noi occidentali è la normalità, per loro è come essere chiaramente protagonisti di una favola. Peraltro essendomi documentato sulla vicissitudine del loro popolo avevo già appreso che i bambini del Saharawi, malgrado le difficoltà in cui vivono, si sentono già fortunati che gli adulti siano arrivati a riorganizzare le scuole tanto che questi bambini sono alfabetizzati. Alcuni di loro parlavano in parte anche l’Italiano.
Non nascondo quindi che quando li ho visti andare via mi sono interiormente un po’ emozionato. Mi domandavo nel vederli partire cosa avrebbero raccontato al ritorno nel deserto ai loro familiari e soprattutto agli amichetti. Mi chiedevo pure se avessero conservato un ricordo di questo periodo in Italia o se invece di fronte poi alla durezza della vita che li attende non avrebbero finito per dimenticarlo.
C’è tuttavia un aspetto di amarezza che mi ha contestualmente anche assalito. Quei bambini hanno una prospettiva di vita che per i canoni occidentali è quasi una sopravvivenza. Ma ultimamente è certamente noto che anche tanti bambini europei, e pure italiani, a causa della crisi economica che ci sta attanagliando, vivono in condizioni ed in famiglie sempre più disagiate, spesso nella povertà ed indigenza più assoluta. Solo chi non può o non vuole vedere non si accorgerebbe di ciò.
Ecco, in questa Nazione chiamata società civile che è l’Italia, ma soprattutto in questo singolare pseudo insieme di Stati progressisti che è l’Europa, se non impariamo, ad esempio, dal senso solidale di collettività e bene comune che hanno saputo diffondere tra loro i Saharawi così potendo continuare a vivere persino nel falcidiante deserto dell’Ovest dell’Algeria, noi cosiddetti occidentali non riusciremo, se non nel sangue, a durare al nostro attuale ‘’deserto’’ egocentrico e quasi schizoide nel quale ci stiamo cerebralmente avvitando.
Fonti:
Saharawi il popolo del deserto
Saharawi – Il muro della vergogna
MAROCCO: AL VIA COSTRUZIONE PIU’ GRANDE RAFFINERIA DI FOSFATI AL MONDO
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