Spettacolo e Cultura
ROCCALUMERA. “ENTRO I LIMITI DELLA MEDIA EUROPEA”: TERZO APPUNTAMENTO TEATRALE IN FILANDA
ROCCALUMERA (Messina) – Teatri Corsari rassegna di drammaturgia contemporanea Roccalumera, Antica Filanda (via Umberto 522) venerdì 13 aprile, ore 21,00 ENTRO I LIMITI DELLA MEDIA EUROPEA oratorio in nero per le morti bianche (così le chiamano) di nino romeo premio Calcante 2010 promosso dalla SIAD, Società Italiana Autori Drammatici con graziana maniscalco e nino romeo regia nino romeo produzione Gruppo Iarba/ GRIA Teatro Prima rappresentazione nella Sicilia orientale. Terzo appuntamento della Rassegna TEATRI CORSARI a Roccalumera.
Motivazione delle Giuria del Premio Calcante 2010
Entro i limiti della media europea di Nino Romeo è -al contempo- un assai incisivo pezzo di “teatro politico” e una suggestiva prova di teatro delle passioni, dell’ira e della dignità offesa. La terribile vicenda del rogo della Thyssen risulta emblematica e incancellabile nella nostra memoria individuale e sociale; e Romeo ha avuto, anche sul piano strettamente drammaturgico, la capacità di renderne il senso atroce con un linguaggio scarnificato eppure densissimo, incandescente e tuttavia raggelante. Dal pozzo oscuro del suo dolore, la moglie di un operaio morto da poche ore in un incidente sul lavoro, incarnata sulla scena da un’attrice di plastica sensibilità come Graziana Maniscalco, impartisce una dolorosa lezione di consapevolezza civile col suo rifiuto di prestarsi al gioco delle cerimonie ufficiali, che sempre più somigliano a una pantomima autoreferenziale e ipocrita, opponendo invece a tutto ciò un percorso di disperato ritrovamento memoriale e onirico del compagno perduto. Un monologo di lacerata compostezza.
Una donna si presenta al pubblico; è la moglie di un uomo vittima di un incidente sul lavoro, morto da poche ore. Parla, domanda e risponde ad un immaginario uditorio; emerge così il rapporto con il suo uomo, il dolore per la perdita, il licenziamento annunciato per il giorno successivo a quello in cui lui ha trovato la morte. La gente che le sta intorno le chiede di partecipare alle trasmissioni televisive che tratteranno dell’ennesima tragedia sul lavoro: lei rifiuta: non vuole che il suo dolore privato diventi pubblico spettacolo; ma soprattutto non vuole partecipare della funzione normalizzante e compassionevole assunta dai media in queste occasioni. Più procede il flusso di ricordi, immagini, pensieri, più emerge in lei la consapevolezza che la vera lezione di vita che quella morte porta in sé è il rifiuto, intimo e radicale, di un modello produttivo basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, sul profitto che i pochi ricavano dal lavoro e dalla vita di tanti.
Compressa dal dolore, la donna mantiene la lucida autonomia del giudizio: il suo linguaggio non è falsamente mimetico, non è quello che vorrebbe metterle in bocca chi ritiene i subordinati per classe incapaci di rendere immagini e pensieri in parole; e non è il linguaggio concettuale di intellettuali rabbonenti; è parola spezzata, graduale consapevolezza linguistica che avanza in parallelo alla consapevolezza di sé acquisita attraverso un trauma insanabile. A precedere la pièce, un uomo ripete ostinatamente le stesse battute: sono le parole che il padre di uno degli operai morti nel rogo della Thyssen ripeteva mostrando la fotografia del figlio. Quelle poche parole sono segni definitivi di rabbia, di dolore e di accusa.
Il titolo riporta una frase tante volte ascoltata da politici, imprenditori, commentatori: il cinismo di questa frase non è soltanto verbale; è cinismo “di sistema”. Non è vero che le morti sul lavoro sono “un dramma nazionale che unisce tutti i cittadini”; è una tragedia secolare che ci divide: per condizioni, per sensibilità, per valori.
10 Aprile 2012
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