Spiritualità
“La religione nel passato”. Tema discusso nei libri di Santo Lombardo e Grazia Magazzù
A volte, parlando con i nostri vecchi, ci sentiamo ripetere: “a vera fidi iera ‘na vòta, e nostri tempi”, con questa esclamazione, gli anziani voglio ribadire il forte attaccamento alla Fede in tutte le sue ricorrenze, con tutti i sacrifici che essa comportava (vedi gente che si alzava prima ancora che il sole nascesse per incamminarsi ed attraversare il greto del torrente a piedi scalzi per raggiungere la chiesa più vicina, oppure, (come una anziana ha raccontato al sottoscritto), per costruire o riparare chiese a Casalvecchio, tanta gente portò la sabbia a spalla, dalla “marina” su per la collina. Le ricorrenze religiose, poi, erano evento irrinunciabile ai quali nessuno poteva sottrarsi. Era infatti considerato un onore, avere fra “i virgineddi” (ragazzine che facevano parte delle processioni di Sant’Onofrio Anacoreta, della Madonna Annunziata e del Corpus Domini), una o diverse delle figlie della propria famiglia.
Non che nel ventunesimo secolo si sia perso tutto, anzi, sopravvivono radicate nel nostro territorio jonico, usanze come “i viaggi” di Fiumedinisi, (un pellegrinaggio dalla chiesa di San Pietro alla chiesa Matrice in ginocchio), ma anche tante e tante feste religiose con relative processioni delle varie parrocchie paesane o, la Festa della Vara, ma di certo molte cose sono cambiate.
Nel libro “Il canto della Vara e le tradizioni musicali di Fiumedinisi” di Grazia Magazzù, si legge a pagina 34:
“Sono tante le ricorrenze religiose sentite dalla comunità, oltre quella del 25 marzo; molto fervente un tempo era l’adesione alle feste del Corpus Domini e di San Giuseppe. Oggi, la cittadina presenta una nutrita partecipazione alla vita della parrocchia; la gente frequenta assiduamente i riti liturgici e religiosi e parecchi sono i canti comunitari di tradizione orale, alcuni dei quali destinati anche all’esecuzione domestica. Numerosi sono i testi delle preghiere, ‘razioni (orazioni ndr), e novene ricordati dagli anziani. Di seguito la Magazzù aggiunge: I fiumedinisani credevano che la risoluzione dei loro malanni dipendesse dalle preghiere e dalle ‘razioni che numerosissime si sono tramandate nel corso degli anni e sono giunte fino a noi dalla viva voce degli anziani del paese. Le ‘razioni erano spesso accompagnate da gesti simbolici e si recitavano utilizzando oggetti, erbe, olio ecc. Le novene erano particolari preghiere con cui si chiedeva un segno per l’esito di un evento”.
Nel libro “I detti dell’antico” dello storico Santo Lombardo, alla pagina 67 leggiamo:
“La religione, se si vuol fare un paragone calzante, nel passato, aveva sulle masse lo stesso potere infatuante che ha, oggi, il gioco del calcio. Ovunque vi erano chiese, conventi, cappelle, edicole votive, dotati, fino al 1860, d’ingenti beni. Potere spirituale e potere materiale andavano a braccetto: basti pensare che a Savoca, dove vi erano diciassette chiese e tre conventi, metà del territorio era di proprietà dell’archimandrita.
Accanto alle funzioni religiose dove si recitava in un latino che alle masse analfabete arrivava come un suono confuso e incomprensibile si sviluppò un ingente patrimonio di cultura orale fatta di rosari, orazioni, preghiere che, in stretto siciliano, era detto o cantato in particolari momenti della giornata, spesso in gruppo.
La preghiera più amata dagli antichi era il Rosario che era detto sul far della sera come ricorda questa strofa:
Ogni sira lu rusariu
È ddignu e necessariu
E cu lu rusariu dici,
vicerà li so nemici.
Prosegue Lombardo: I proverbi sono una piccola parte dell’immenso patrimonio della cultura orale a tematica religiosa ma sufficiente per capire come la fede, nel tempo passato, era veramente sentita”.
Dallo stesso libro, riportiamo di seguito alcuni proverbi di saggezza popolare sul tema Religione:
Senza dinari no’ si dici missa e mancu senza stola (1) si cunfessa.
Stola = Drappo che indossa il sacerdote durante la Messa.
Ammatula chi ti lliffi e fai cannola, lu Santu è di marmuru e non suda. (E’ inutile che ti trucchi e ti curi i capelli, il Santo è di marmo e non suda).
Cu camina rittu, trova Ddiu. (Chi cammina sulla retta via, trova Dio).
Ddiu cchiudi na-potta e apri un purticatu. (Dio chiude una porta ed apre un portone. Il detto voleva intendere che quando sembra perdersi un’opportunità, Dio ce ne offre una ancora più grande).
Ntò n’ura Ddiu lavora. (In un’ora Dio lavora. Qui è colto il senso dell’immediatezza della Grazia di Dio).
Cu non rispetta u San Giuvanni, non rispetta Ddiu ch’è cchiù ranni. (Chi non rispetta il San Giovanni (si chiamava così il Comapare), non rispetta Dio che è più grande).
Megghiu centu-migghia fari ca ‘na missa pirdiri. (2).
(Meglio fare cento miglia che perdere una messa. Proverbio emblematico di quanto fosse nell’antichità il sentimento religioso. Si diceva che dire “tri-curuna di rusariu” equivaleva ad una messa non ascoltata per causa maggiore).
Redazione
03 Gennaio 2011
NOTA: Nella foto, vediamo una processione d’epoca della Madonna dell’acqua, in Piazza Fossia a Savoca.
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