Storie di Sicilia
ADDIO LUNGO DELLE TAMERICI E DELLE PALME (di Don Angelo Cascio)
Nel vedere fiancheggiata da alberi di palme e tamerici, “in duplice filar”, la spiaggia di Nizza di Sicilia, mi sono riportato col pensiero e col sentimento al tempo in cui i viaggiatori dell’epoca romana percorrevano la strada consolare Valeria, nel tratto compreso tra il torrente Fiumedinisi e la fiumara Pagliara, sulla cui sponda sinistra vi era la stazione di posta “Tamaricium et Palmarun”, segnata tutt’intorno da un numero abbondante di palme, quasi fosse un’oasi. Detto tratto era inconfondibile e per le numerose piante di palma e per la presenza consistente delle tamerici, cioè quegli alberelli – in dialetto “bruche” – di cui era ricca la spiaggia di Nizza Sicilia e Roccalumera fino a qualche anno addietro.
Precedentemente, dacchè erano state sradicate per dare spazio ai nuovi edifici le piante di “bruche”, che avevano dato una caratteristica configurazione alla “costa tamariciana”, così definita, da recente, dall’aliese Rocco Lombardo, poeta e insigne critico d’arte, parte della riviera jonica, e a ricordo anche dei tempi della mia fanciullezza, quando ci si divertiva a nasconderci nelle bruche e a giocare a “oriolè” sul litorale salmastro e incontaminato, perché non ancora modificato dall’inondazione del negativo, che sotto il nome di “progresso” distrugge ad un tempo i veri valori umani e tutte le cose, non avevo trovato migliore occasione, prendendo lo spunto dal matrimonio tra Giovanni La Rocca – quel Giovanni che è ricordato nell’epigrafe posta sul corpo avanzato del castello d’Alcontres – e Caterina Platamone dei baroni del Priolo, dicevo, non avendo trovato migliore occasione che tentare di descrivere le bellezze del tratto costiero del marchesato di Roccalumera.
Così, infatti, scrivevo: “A Messina, città di residenza di Giovanni La Rocca, il procuratore della famiglia Platamone doveva sottoscrivere i capitoli matrimoniali, che in un secondo momento, dovevano essere consegnati ad un notaio affinchè li convertisse in contratto matrimoniale…il dottor Ardizzone, con le due ben custodite procure, partiva da Siracusa alla volta di Messina. Nel suo viaggio percorreva parte del territorio del marchesato di Roccalumera, e precisamente quel tratto che costeggiava, per una lunghezza di circa quattro chilometri, la via Valeria e che iniziava, nel lato sud, subito dopo la chiesetta del SS. Crocifisso per terminare, nel lato nord, al castello del marchese Giovanni La Rocca. Dal punto di vista della bellezza naturale erano i chilometri più belli della vecchia strada consolare, che nel tratto in questione si snodava quasi vicino, per non dire accanto, all’ampia spiaggia ed era delimitata da un ininterrotto filare di tamerici che servivano da frangivento e proteggevano dalla salsedine.
E il viale delle tamerici contrastava piacevolmente con l’azzurro del mare e con il celeste del cielo, tant’è che i Romani avevano chiamato Roccalumera “il luogo delle tamerici e delle palme”, per la presenza anche di un numero rilevante di palma. Il verde intenso, l’azzurro profondo, il tenue celeste, la diffusa quiete – rotta solamente dallo scalpitio dei cavalli in corsa e a volte anche dal grido rauco dei gabbiani in volo – rendevano il paesaggio grato ai viaggiatori, paesaggio, oggi, purtroppo, irrimediabilmente rovinato dalle sgraziate moderne costruzioni in cemento. Dove andranno a meditare ed a cercare la loro Musa i poeti e gli artisti? Addio lungo delle tamerici e delle palme!
Questa era la pittoresca spiaggia che segnava, ad oriente, il confine del marchesato di Roccalumera. Certamente, prima di proseguire per Messina, il dottor Ardizzone, per riposarsi dal faticoso viaggio, fece sosta a Roccalumera, per ricevere il benvenuto da parte dello stesso marchese Giovanni La Rocca, desideroso di apprendere a viva voce sulla sua giovane fidanzata, che avrebbe quanto prima allietato le sue lunghe serate invernali nelle fredde stanze dei palazzi viti, per scrollargli di dosso quella solitudine e quella tetra atmosfera di tristezza che porta a pensare necessariamente alla fine di ogni cosa. E il dottor Ardizzone, al ritorno, non doveva riferire anche ai parenti e alla stessa Caterina le bellezze delle suggestive colline, delle ridenti contrade, dei paesaggi pastorali, dell’amena spiaggia e della eleganza dei nobili palazzi di Roccalumera?”.
Sono stato un cattivo profeta. Il lungomare di Nizza Sicilia suscita nuovamente pathos.
NOTA: I testi sono tratti dal libro “Allume e le sue miniere”, (stampato nel Novembre 1995) di Don Angelo Cascio. Nella foto, il lungomare di Nizza di Sicilia (lato sud), come si presentava fino a qualche mese fa, prima che il punteruolo rosso distruggesse la maggior parte delle palme. (20-12-2012).
Un Commento
Renata Crisafulli
Bellissima relazione!