Motori, Storie di Sicilia
ENZO FERRARI E LA TARGA FLORIO, nel suo libro “Una Vita Per l’Automobile”
La Targa Florio, la gara su strada più antica del mondo, alla quale parteciparono e vinsero fra i più grandi campioni dell’automobilismo di tutti i tempi, è menzionata in molte occasioni dallo stesso Enzo Ferrari nel suo libro “Una Vita per l’Automobile” a cura di Franco Gozzi, pubblicato dalla Conti Editore. Proprio da questo libro -gentilmente regalatomi dal direttore di Autosprint Alberto Sabbatini (che ringrazio ancora anche per avermi permesso di apprezzare le fasi di lavoro della Conti Editore in molte sue parti, grazie alla giuda di Arturo Rizzoli), in occasione della mia visita alla redazione di qualche anno fa- ho tratto alcune frasi salienti che testimoniano il legame fra un giovanissimo Enzo Ferrari e gara siciliana, nonchè al suo ideatore don Vincenzo Florio.
Il Drake scrisse: “Non credo di essermi comportato male come corridore. Cominciai nel 1919, alla Parma-Poggio di Berceto. Nello stesso anno 1919, una prova decisiva per le mie esperienze di pilota: la Targa Florio. Partimmo da Milano, io e Sivocci, per raggiungere la Sicilia con le stesse macchine CMN con cui avremmo dovuto partecipare alla corsa. Il mio meccanico era il fedele Nino. Fu un viaggio avventuroso, con assalto di lupi sull’altopiano abruzzese delle Cinquemiglia e piroscafo aggiunto all’ultimo minuto a Napoli e anche in gara mi capitò di tutto. Il serbatoio della benzina cominciò a ballare fin dal primo giro e dovetti sostare per riparare una delle bretelle che lo ancoravano alla carrozzeria. Persi oltre quaranta minuti e scivolai verso le ultime posizioni. A Campofelice trovai la strada sbarrata per un comizio di Vittorio Emanuele Orlando e dovetti poi seguire al passo la macchina del Presidente. Quando arrivai finalmente al traguardo, cronometristi, direttore di corsa e pubblico erano già scomparsi con l’ultimo treno per Palermo. Il lunedì seguente mi presentai con le mie proteste a don Vincenzo Florio, il grande patron della corsa siciliana. Con la sua scansonata autorità: “Di che ti lamenti? -mi disse- Eri in ritardo, non hai rischiato nulla e ti facciamo persino il regalo di infilarti nella classifica!”. Mi venne assegnato il nono posto: tutto sommato un piccolo successo”.
“L’anno 1920 acquistai insieme a Guglielmo Carroli un’Isotta Fraschini 4500 tipo Grand Prix 1914. Mi classificai secondo il 30 maggio nella Parma-Poggio di Berceto. Quando mi giunse l’Alfa 20-40, 4 litri e mezzo, 4 cilindri biblocco, mi sembrò di essere padrone del mondo. Con questa macchina, accompagnato dal meccanico Conti, la Targa Florio 1920 mi vide secondo assoluto. Ero ai sette cieli! Oltre tutto, tra premi di classifica e accessori, guadagnai 12.000 lire, ma per me contava soprattutto che avevo fatto il mio ingresso ufficiale nell’ambiente dell’Alfa, praticamente nella squadra Alfa, con Campari e Baldoni”.
“Nel 1921 feci cinque corse con macchine Alfa 20-30 ES Sport ed ES Sport 1921, e incominciai malissimo, con un ritiro alla Parma di Berceto. Il seguito della stagione andò meglio con due vittorie di categoria, al Mugello e nell’Aosta-Gran San Bernardo, e due discreti piazzamenti alla Targa Florio e alla Coppa delle Alpi”.
“Nel 1922 e nel 1923 partecipai a otto corse, ma fu un periodo non molto felice perché in gara si rompeva sempre qualcosa. Al Mugello furono due ritiri consecutivi, in Targa Florio il miglior risultato fu un terzo posto di categoria”.
“Una trasferta con Ascari alla Targa Florio 1924, c’era anche Wagner con noi, mi rimane indelebile per la simpatica allegria che si instaurò tra di noi per tutto il viaggio, e io devo riconoscere che la mia vocazione non tanto di pilota, di commerciante e di futuro direttore di scuderia, ma di volontario intrigante in quell’ambiente appassionante, fu dovuta in gran parte al suo esempio. Quella Targa Florio la vinse Werner, con la Mercedes, ma la festa maggiore fu la nostra per il secondo posto del conte Masetti e il terzo e il quinto di Ascari e Campari, in mezzo ad una sarabanda di tifosi e complimenti del direttore Rimini e da don Vincenzo Florio in persona”.
Fra i tantissimi piloti e campioni che conobbe e di cui parlerà nel libro, Enzo Ferrari racconta: “Ho conosciuto Giuseppe Campari alla Targa Florio del 1920, ma la nostra amicizia si fece intensa quand’egli aveva circa trentadue anni. Non perdeva mai occasione, passando per Modena, di fermarsi a salutarmi, sia quando era pressoché sconosciuto sia quando era affermato campione e vincitore di due Mille Miglia. La sua personalità aveva qualcosa di ineguagliabile: la freschezza, la sincerità, la consapevole semplicità; così seppe rimanere modesto anche al culmine della sua notorietà. Non soltanto era un pilota di eccezionale bravura, ma anche un combattente indomabile, un uomo che pur di vincere non badava al rischio. Morì, Campari, all’autodromo di Monza nel settembre 1933, durante un duello all’estremo limite delle possibilità umane con il grande Barzocchini. In quella nera giornata oltre a loro due morì il polacco Czaykowski. Li tradì una chiazza d’olio”.
Infine, ecco come, Ferrari, da pilota (ma non fuoriclasse) che era, decise di fare il grande passo che lo avrebbe consacrato ineguagliabile leggenda del motorismo mondiale: “All’Alfa io facevo soltanto il pilota. In breve mi sentii preso da un desiderio quasi morboso di fare qualcosa per l’automobile, questa creatura che amavo appassionatamente. Così, anche se la mia carriera di corridore portava in se alcune premesse da autorizzarmi a proseguire questa attività, mi buttai verso orizzonti più ampi ed ambiziosi. I miei modelli, come organizzatore di corse, erano Vincenzo Florio e Renzo Castagneto, dei quali facevo tesoro di ogni consiglio e suggerimento”.
08 Febbraio 2012 – Redazione
Invia un Commento