Storie di Sicilia
“Furci Siculo anni 40-50”. Mariano Spadaro: (personaggi: Don Francesco Donsì)
Oltre ai miei genitori e al maestro delle elementari Moschella, altre due persone hanno molto influito sulla mia formazione giovanile: il prof. Melo Garufi e il sacerdote padre Francesco Donsì.
Prima di padre Donsì il parroco era Don Vincenzo Castorina, anche se negli ultimi anni esercitava poco. Di quest’ultimo non ho molti ricordi perchè di noi ragazzi si interessava il primo. Ho servito poche messe con padre Castorina, ma un particolare al riguardo mi è rimasto impresso. Ci eravamo passati la voce, certamente infondata, che a quest’ultimo piacesse il vino e la nostra mente ci diceva che a quella età l’alcool facesse male, quindi era giusto preservarlo da ogni tentazione. Durante la messa all’atto di versagli il vino ne mettevamo solo qualche goccio al che con una botta con il calice sull’ampolla e con uno sguardo molto significativo ci faceva capire chi comandava e noi … ubbidivamo. Ma è su padre Donsì che mi voglio soffermare. E’ stato determinante nella formazione dei giovani di allora e di quelli che sono venuti dopo di me in modo particolare. Gli ho servito tante messe, l’ho seguito in molte cose fino ai diciassette anni poi mi sono allontanato per rincontrarlo quando rientravo in media una volta l’anno, nel periodo estivo. Ottimo prete, buon insegnante di religione alle scuole medie di S. Teresa, grande organizzatore e comunicatore, è stato per il nostro paese, insieme al sindaco di quel periodo, Melo Garufi, il personaggio più popolare della mia giovinezza. Ha preparato tanti agli esami di ammissione alle scuole medie e a quelli di riparazione per i rimandati. Conoscitore di musica e buon psicologo, ma con dei piccoli difetti: a parer mio un pochino presuntuoso; voleva avere sempre ragione. Questi suoi atteggiamenti lo rendevano spesso inviso a tanti. Lo ascoltavo con piacere ogni anno in quel mese di agosto che trascorrevo in paese. La costruzione dell’Oasi era il suo pensiero predominante, la raccolta dei fondi prima, la futura gestione dopo. Ho cercato anche di dargli qualche consiglio ma non credo mi abbia dato molto ascolto. Un episodio voglio raccontare, e riguarda la Madonna del Ponte. Rammento ancora oggi con piacere i primi commenti, le prime idee e preparativi che, come al solito, Don Francesco con tanta passione portava avanti.
Eravamo con lui nella canonica a discutere sui Dieci Comandamenti, soprattutto di quei due che noi giovani, ma credo anche i grandi, non riuscivamo assolutamente ad osservare. Veramente non sono mai riuscito a capire come si potessero non trasgredire. Questo era motivo di penitenze più o meno pesanti dopo la confessione che spesso sfociavano in educate contestazioni. Ad un tratto iniziò a parlarci del suo prossimo progetto. Era un grande! Sapeva come prenderci e come cambiare discorso quando non riusciva a convincerci o vedeva che il fronte opposto era molto agguerrito. E’ stato allora che per la prima volta ho sentito parlare della Madonna Del Ponte, detta poi “Del Buon Viaggio”. Com’era suo solito, iniziò a descriverci come, secondo lui doveva essere: i colori, l’espressione, ma soprattutto l’impatto a prima vista; sicuramente ne aveva già discusso con altri, ma voleva sentire anche il nostro parere. Le braccia dovevano essere protese, quello sinistro rivolto verso il nostro paese a protezione dello stesso e il destro verso la strada per proteggere chi la percorreva. Non era convinto che avessimo capito bene e per meglio esprimersi salì su una sedia mimando la futura immagine della Madonna. Dopo questa dimostrazione vivente, tirò fuori da una cartella una serie di copie fatte con il ciclostile, ingegnoso apparecchio precursore delle fotocopiatrici, che gli serviva anche per fare tutte le copie da distribuire in Chiesa. Erano degli schizzi che aveva mandato all’artista costruttore della statua e le veline della corrispondenza con lo stesso. Era contento come un ragazzino mostrandoci queste cose. Chi ha visto quegli schizzi (bozza progetto) e vedendo l’opera realizzata si accorge come le sue idee siano state rispettate. Quanto tempo è passato…sembra ieri che la statua è stata messa a dimora! Lo incontravo anche quando veniva a Roma. La prima volta che l’ho visto in borghese, come quasi tutti i preti che allora giravano per la città Santa, mi sembrava così strano: gli altri potevano farlo…lui no vestito così!
Mi ha concesso il grande privilegio di portare, per la benedizione del Santo Padre Giovanni Paolo IIo, la prima pietra della costruenda Oasi, dandomi così anche la possibilità di scambiare qualche parola con il Pontefice. Delle bellissime foto dell’avvenimento fatte per l’occasione insieme al Santo Padre, con lui e l’altro Mariano, sono per me un ricordo indelebile che mi porterò dietro per tutta la vita: era il 4 marzo 1981.
Sono andato a fargli visita le varie volte che è stato ricoverato al Gemelli o in qualche altra clinica privata. L’ho sempre apprezzato sia come sacerdote che come amministratore e anche come uomo. Mi è dispiaciuto che non sia riuscito a vedere la sua creatura in piena attività, l’Oasi per cui aveva speso tanto in tempo, denaro, passione e dando forse qualche anno della sua vita. Che Dio lo benedica!
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