Storie di Sicilia
I Pricantozzi della Terra di Savoca e dintorni: Scongiuri, orazioni per guarire un malanno
Una volta, quando i medici si contavano sulle punte delle dita e pochi potevano permettersi di pagarli, molte malattie si curavano con metodi empirici o si facevano “pricantare”. Le pricantatrici godevano di alta considerazione sociale e per alcuni, addirittura, parlavano con Dio che guariva con le loro mani.
Le antiche formule che usavano dire le guaritrici, altrove chiamate scongiuri, nella zona di Savoca erano intese con il termine autoctono di pricantozzo (1). Si tratta di una preziosità linguistica in quanto la parola pricantozzo non si riscontra in nessun vocabolario della lingua siciliana ma solo nella parlata popolare di Savoca e dintorni. Ancora oggi l’usanza di farsi ricantare certe malattie come il mal di testa o la sciatica è attuale. Anche il malocchio va tolto facendoselo pricantare e coloro che ricorrono a tale pratica non sono pochi.
I pricantozzi dovevano essere, da parte della pricantatrice, ripetuti ed eventualmente insegnati ai novizi la notte di Natale altrimenti non avevano efficacia e questo denotava il forte sentimento religioso che li permeava; andavano preceduti dal segno della croce e chiusi, qualunque fosse la malattia di riferimento, con questa formula:
Sta rrazioni nsignata
O ditta a notti di Natali
Ogni mali fa passari:
tagghiala a-ppezzi e iettilu a-mmari
e mmai cchiù mmi cumpàri.
Oh gran Signora Maria
Prima la vostra manu e-ppoi la mia
Farcitimi passàri sta brutta malatìa. (2)
Traduzione: Questa orazione insegnata o detta la notte di Natale, ogni male fa passare/ tagliala a pezzi e buttala a mare e mai più che compaia/ O gran Signora Maria (la Madonna), prima la vostra mano e poi la mia: fatemi guarire da questa brutta malattia.
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TERMINOLOGIA USATA NEI PRICANTOZZI
Pricantu: Scongiuro, orazione per guarire un malanno, il malocchio e scacciare gli spiriti malefici. Parola riportata, per la prima volta nel vocabolario siciliano inedito del Trischitta.
Pricantozzu: dim. Di “pricantu”. Termine che non abbiamo riscontrato in nessun vocabolario siciliano ma, in modo diffuso, nella parlata di Savoca e dintorni.
Pricantatrice: Donna che recita il Pricantozzu.
Pricantari: Recitare una formula di scongiuri contro le malattie o il malocchio accompagnata da azioni gestuali e/o manuali e, talvolta, all’uso d’erbe o d’oggetti. Errato è il termine “bbricantare”.
Magara o Mavara: indovina, fattucchiera e anche donna che recita gli scongiuri. Figura per lo più intesa con un significato spregiativo.
Fattura: stregoneria.
Dducchiàtu: essere posseduto dal malocchio.
Sducchiàtu: chi è stato liberato dal malocchio.
PRICANTOZZI: LE VARIE CURE
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CONTRO “U PILU DA MINNA”
L’unico pelo che la donna non voleva avere era “u pilu dà minna”, si diceva nel passato. Questa malattia è contraddistinta da una seria infiammazione acuta al seno che impedisce alle donne di allattare; colpisce anche le vacche e le pecore.
La pricantatrice pettinava il seno della donna che ne era affetta e, contemporaneamente, recitava la seguente formula:
San Litiziu ttri pparma era
E ttri parma i barba avìa.
Ttrì figghiole annàru all’acqua
e tutti e-ttrì si mmìsiru a-rridiri.
“Uiautri rriditi
e iabbu di vostri minni non vi nni faciti!
I vostri minni mpurpirannu (3), i vostri figghi ciancirànnu”.
“Niautri rridemu o non rridemu
Iabbu da vostra facci non cci nni facèmu,
i nostri minni spurpirannu,
i nostri figghi ddattirannu”.
(segue formula finale del pricantozzo).
Traduzione: San Letizio tre palmi era e tre palmi di barba aveva/ Tre ragazze andaron alla fonte dell’acqua/ e tutte e tre si misero a ridere/ Voi altre ridete e ironia del vostro seno vi fate/ Il vostro seno si ammalerà, i vostri figli piangeranno/ Irania della vostra faccia non ci facciamo/ il nostro seno guarirà/ i nostri figli allatteranno.
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CONTRO “LA PISCIAVIA”
Contro la pisciarella e l’abitudine di urinare per la pubblica via, un quadro clinico compatibile con un’affezione alla prostata o con una cistite. Si soleva passare sul pene della persona affetta, della cenere fredda e dire, tre volte, con un manico di cucchiaio di legno tenuto in mano la seguente orazione:
Fui, fui pisciavia
Cu mmanicu dà ccucchiàra t’assicùta.
Picchì pisciasti ntò mmenzu à-via?
Ppicchì bbisognu avìa.
Ppicchì non cci sputasti?
Ppicchì non sapìa
(….)
(segue formula finale del pricantozzo).
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CONTRO “I ‘RRITAZIONI DI CANNARINI” (il mal di gola)
La pricantatrice diceva le orazioni contro le varie malattie della gola strofinando simultaneamente, col pollice impregnato con la propria saliva, il polso dell’ammalato fino a sentire il pulsare delle vene. La formula che invocava S. Biagio, protettore della gola, doveva essere ripetuta tre volte.
Tuli, (4) tuleddi i novi fratelli,
li novi all’ottu, l’ottu a li setti,
li setti a li sei, li sei a li cincu,
li cincu a li quattro, li quattro a li ttri,
li tri a li ddui, li ddui a li unu.
A-mmari, a-mmari e non mi nni rregna mmancu unu.
La matri di San Bbrarasi scatinapassi si gghiamava,
la matri di San Bbrasi scatinapassi si gghiamava,
(….)
(segue formula finale del pricantozzo).
1) Il termine pricantozzo potrebbe derivare dalla parola “pricanto” riporta nel vocabolario siciliano inedito di Giuseppe Trischitta (Messina, 1855 – Furci Siculo, 1931) e inserita nel “Vocabolario Siciliano-Italiano del Picciotto-Tropea”, cit. vol. 3°, pag. 920.
2) Questa formula deve intendersi automaticamente riportata alla fine di ogni pricantozzo.
3) Mpurpirannu = termine arcaico il cui significato potrebbe essere collegato alla presenza di polipi o noduli.
4) Tuli = tonsille infiammate e affezioni similari. Scacciare i tuli = premere i polsi per far passare il mal di gola.
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NOTA: Testi tratti dal libro: “I DETTI DELL’ANTICO” di Santo Lombardo. Pubblicato nel gennaio 2010.
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