Storie di Sicilia
LIMINA. TERRA DI ANTICHE MINIERE, DEVOTA AL SANTO DI AGIRA
Limina è un comune in provincia di Messina sito sul versante jonico dei Monti Peloritani, a 550 metri s/m, sulla sponda destra della Valle d’Agrò. Dista 16 km dalla costa, 30 km da Taormina e 50 da Messina. La sua popolazione attuale è di circa 1100 abitanti e l’economia è basata su di una residua attività agricola a conduzione familiare, sulla zootecnia e su alcune attività artigianali.
L’emigrazione, iniziata alla fine del XIX secolo verso gli U.S.A., ha ripreso consistenza nel secondo dopoguerra, verso il Venezuela, l’Argentina, l’Australia, oltre che verso la Svizzera, la Germania e il nord Italia. Le rimesse alle famiglie, fatte dagli emigranti, hanno contribuito in modo determinante alla sopravvivenza dei nuclei rimasti in paese.
La storia di Limina non è diversa da quella di molti altri paesi collinari della Sicilia, che hanno basato il loro sviluppo sulle potenzialità del proprio territorio e sull’artigianato locale, creando un sistema economico e sociale autosufficiente e non dipendente dall’esterno. La tortuosità e la carenza di adeguate vie di comunicazione, se da una parte ha comportato un ulteriore isolamento del paese, dall’altra ha influenzato positivamente lo sviluppo dell’agricoltura, della zootecnia, e delle attività produttive in genere.
ALCUNI CENNI STORICI
Il nome di Limina deriverebbe dal latino “Limen” che sta per “confine – limite” riferito alla posizione che aveva l’abitato sito tra la Comarca di Messina e quella di Taormina.
I primi nuclei abitativi risalgono agli anni precedenti l’anno 1000, mentre le prime notizie documentate portano la data del 1095.
Ai tempi della dominazione normanna in Sicilia l’ “Universitas Liminae” costituiva un nucleo abitato ben difeso e autosufficiente. Nel periodo medioevale il passaggio da Baronia a Marchesato fece di Limina un importante centro politico-amministrativo, mercantile e religioso per tutto il comprensorio.
Nel 1757 l’Abate benedettino Vito Amico pubblica l’opera “Lexicium Topographicum Siculum” citando un susseguirsi di informazioni storiche di notevole importanza, dalle quali non si può prescindere:
“Limina (Val Demone), paese col titolo di Marchesato, (omissis); ne è Sacra oggi la Chiesa Parrocchiale a S. Domenica Vergine (sita anticamente nella omonima via del paese), sotto la cura di un Arciprete, riconoscendo 5 soggette a filiali, e presentasi alla vista del luogo il più alto, non lungi dalla fortezza (situata anticamente nelle vicinanze dell’odierna piazza Castello) che vedesi sovrapposta ad una rupe famosa un tempo, ora in ruina. Il Signore Pietro Balsamo concedette nel 1621 ai Minori Conventuali la Chiesa della Madonna della Annunziata e le congruenti rendite per gli edifici e per l’alimento dei frati, dei quali il Convento occupa oggi nel centro popolosa piazza (odierna piazza G. Matteotti). Comprendesi LIMINA nella com’arca di Taormina, al di cui istruttore era soggetta riguardo al militare. Contava nel secolo XVI sotto l’imperator Carlo V 224 case, e nel seguente censo dell’anno 1615 erano 1411 anime; poi 375 case nel 1652 e 1491 anime, e nel 1713 vennero 303 case 1497 abitanti, dei quali la ultima rivista recò il numero di 1554. si va soggetti all’Acivescovo di Messina riguardo allo spirituale, e si ubbidisce ai Bonanno, oggi Principi di Cattolica (AG), che siedono il XVI posto nel Parlamento ed hanno il pieno potere di armi. Fecondo è il territorio ed irrigato dalle acque del fiume dello stesso nome, se ne ricava abbondevolmente olio, vino, seta, biade, e vi hanno le greggie un pascolo gratissimo (omissis)”.
Nella traduzione curata nel 1855 da Gioacchino Di Marzo viene aggiunto: “Limina è oggi un Comune di provincia e diocesi di Messina, da cui è distante 27 miglia, distretto di Castroreale (ME), circondario di Savoca (ME), dipende dall’Intendente ed è diretto dal Sindaco e da due amministratori eletti dal Decurtato biennalmente (omissis). Contatasi nel paese 1007 abitanti nel 1798, diminuitisi ad 827 sin nel 1831 e 1184 nel fine del 1852. Si estende il territorio in salme 377,213, delle quali 20,505 in giardini, 14,232 in gelseti, 2,055 in canneti, 127,649 in seminatorii semplici, 97,281 in pascoli, 10,688 in oliveti, 82,277 in vigneti semplici, 5,305 in castagneti, 17,260 in boscate, 0,011 in suoli di case territoriali. Il maggior commercio esportativo se ne versa in frumento, olio, vino, seta. Presso il villaggio, in cui si gode l’aria sana, è una miniera di carbon fossile chiamato da alcuni “torba”, è frammischiato con molta “gravacca” e “gres rosso antico”; (omissis).
Il 22 ottobre 1610 il Marchese di Limina Pietro Balsamo riceveva dal Cardinale Giannetto Doria, Arcivescovo di Palermo e luogotenente del Re, il diritto di abitare – licentia populandi – il feudo sito non molto distante dall’abitato chiamato “Acqua della Grutta”, futura terra di Roccafiorita.
Nel 1753 nel territorio di Limina si trovavano 6 miniere ed una fonderia piccola, ad un solo fuoco, che assieme a quella a due fuochi sita a Fiumedinisi (ME) rappresentavano l’unico esempio esistente sui Monti Peloritani. Ricca era l’attività estrattiva su tutto il territorio di: piombo, argento, carbon fossile, stagno ed altri minerali ed a tale proposito l’orafo Pietro Gambadauro nel suo manoscritto “Mineralugia” del 1798 fa eloquente considerazione: “Limina sei tanto cara quanto aspra, impregnata come sei nelle tue viscere. Si ti vidi, di luna, saturno, venere. La scoperta dei tuoi minerali è cosa antica”.
Limina dedicò al culto almeno 10 Chiese (di cui 3 suburbane) ed 11 Cappelle religiose. Il vastissimo patrimonio ecclesiastico era valutato, nel 1744, in tutto once 2294 ed era destinato al mantenimento del clero, delle Chiese, per l’elemosina cui erano obbligati i Frati del Convento di San Francesco d’Assisi. Inoltre permetteva la sopravvivenza di una quota della popolazione liminese che aveva queste terre in conduzione. Oggi il patrimonio ecclesiastico è stato disperso e delle tre Chiese urbane rimaste sono funzionanti solo quella Matrice di San Sebastiano e quella di San Filippo d’Agira, oltre la Chiesa suburbana di San Filippo sita nella Contrada Murazzo.
Nell’abitato è sorta anche una comunità ebraica, fra le poche esistenti sul versante orientale dei Monti Peloritani, che partecipava attivamente nella produzione e nella commercializzazione della seta; il quartiere ebraico era situato nella parte nord-est del paese dove oggi ci sono le vie Giudecca ed Egitto.
Il paese nell’arco dei secoli diede i natali a molti cittadini che si sono distinti nei propri campi professionali; fra i tanti vengono segnalati: Giuseppe Evola, storico, poeta ed insigne latinista nato nella seconda metà del 1600; Frà Giuseppe da Linina, nato a Limina nel 1623 e morto a Taormina, dove entrò all’età di vent’anni nel Convento dei Cappuccini, nell’anno 1718; Frà Bernardo da Limina – laico Cappuccino -, nato verso l’anno 1693 e morto a Savoca l’otto giugno 1777; oggi i suoi resti imbalsamati si trovano esposti nella necropoli del Convento.
Nel febbraio 1881 viene costruita la Società Operaia di Mutuo Soccorso, mentre nel 1887 viene fondata la Società Agricola, diventata Società di Mutuo Soccorso nel 1915; questi sodalizi hanno rappresentato un importante punto di riferimento nella vita politica, socio-culturale ed economica del paese.
Limina partecipò tanto ai moti per l’indipendenza nazionale come all’unificazione d’Italia attraverso i suoi “garibaldini” e nei due conflitti mondiali il contributo di sangue versato è stato di 41 caduti e 6 dispersi. Alcuni dei suoi abitanti parteciparono anche alla lotta partigiana, in cui perse la vita la medaglia d’oro al Valore Militare Tenente Antonio Siligato, al quale Limina ha dedicato una delle principali vie del paese.
Vastissimo era il patrimonio artistico e pittorico di cui disponeva la Chiesa locale ma che irresponsabilmente è andato disperso nei secoli; fra le opere che ancora possono essere ammirate si segnalano alcuni antichi dipinti e una statua marmorea attribuita al “Bagnasco” raffigurante l’Annunziata (un tempo sita nell’omonima Chiesa dell’Annunziata che oggi ospita la locale stazione dell’Arma dei Carabinieri).
Per quanto riguarda gli immobili aventi pregi di carattere storico-artistico ed architettonico dobbiamo segnalare alcune caratteristiche costruzioni sparse nell’abitato aventi elementi decorativi intagliati sulla pietra e scolpiti a mano e la Chiesa Maria Santissima delle Preghiere, realizzata nel 1396, la quale rappresenta un interessante esempio di architettura risalente alla dominazione aragonese in Sicilia.
SAN FILIPPO D’AGIRA
San Filippo d’Agira, detto anche San Filippo il Siriano ed in dialetto siciliano: “San Filippuzzu d’Agira” o “San Filippuzzu ù niuru”, San Filippuzzu Tripuzzedda”, non va confuso con San Filippo Martire – francescano (5 febbraio), S.F. Vescovo di Cortina in Condia (11 aprile), S.F. Apostolo (3 maggio), S.F. Neri (26 maggio), S.F. Diacono di Cesarèa (6 giugno), S.F. Diacono palermitano dei Settimi (12 giugno), S.F. Martire di Alessandria (15 luglio), S.F. Martire di Nicodemia (17 agosto), S.F. Benzi da Todi (22 agosto), S.F. Martire (2 settembre), S.F. Vescovo di Adrianopoli (22 ottobre), S.F. Vescovo e Martire, in Fermo, nel Piceno (22 ottobre).
San Filippo d’agira secondo la teoria più attendibile dovrebbe essere nato in Siria nella città di Cesarèa Marittima (Turris Stratonis). A quesi tempi la Siria era sotto la dominazione romana e comprendeva anche tutta la Palestina (o Terra Promessa); oggi la città di Cesarèa Marittima ricade nello Stato di Israele. Filippo nasce nell’anno 40 d.C; il padre era un possidente di nome Teodosio e la madre di nobile origine romana di nome eugea. La sua nascita avviene dopo la morte dei suoi tre fratelli che vengono travolti, in Bitinia, dalle acque del fiume Sagarino mentre facevano ritorno in Cappadocia. Fu educato secondo i principi del Cristianesimo a cui la sua famiglia si convertì.
NOTA 1: Nella sezione SPIRITUALITA’ del sito, (Fogliodisicilia.it), dedicheremo in apposito articolo, quanto riportato in questo libro a proposito della vita di San Filippo d’Agira, comprese opere, miracoli e devozione. Sempre sul nostro sito e nella medesima sezione, relativo al Santo d’Agira, potete leggere un altro dettagliatissimo articolo di altro autore.
NOTA 2: I testi di questo articolo, sono tratti dal libro “San Filippo d’Agira a Limina. Storia Leggende Tradizione”, a cura di Domenico Costa e Giovanni Saglimbeni/’Ntantè, pubblicato nel 1998. Proprietà letteraria riservata agli autori.
NOTA 3: La foto (d’epoca), in alto, gentilmente inviataci da Luisa Bartolotta, si riferisce ad un momento topico della festa di San Filippo a Limina, detto: “I giro’ntò ghiànu”.
L’ARTICOLO DI GIUSEPPE SINOPOLI: SAN FILIPPO: LA FESTA DEL SANTO AD AGIRA E SUE MANIFESTAZIONI
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