Storie di Sicilia
L’UOMO DELLA MONTAGNA E IL VIAGGIATORE SOLITARIO
La storia della Sicilia, ritengo che, come quella del mondo in tutte le ere, è stata scritta fra verità e menzogne, fra luci ed ombre, tracciata da uomini di ogni genere e grado. Taluni mossi dai bisogni del quotidiano vivere, altri sospinti da irrefrenabile desiderio di conquista o di riscossa, altri ancora, logorati da tremenda invidia che tutto hanno fatto tranne che costruire ed infine le figure degli opportunisti. Spesso però, con grande sorpresa di qualcuno, non è esattamente il più in vista l’elemento più efferato, ma chi non ti aspetteresti.
La breve storia che sto per raccontarvi, ruota attorno ad un personaggio che qui chiameremo “il montanaro”, ma che inizia dal percorso di un altro personaggio dal ruolo meno importante che chiameremo “il geometra” e che ritroveremo via via lungo il racconto.
Quel giorno, il geometra si mise al volante della sua sgangherata utilitaria ed inerpicatosi per quella tortuosa stradina collinare raggiunse il per lui quasi sconosciuto paesello. Ci andò, per la verità, perchè sospinto da curiosità mista ad interesse per le opere antiche e nello stesso tempo religiose. Era stato infatti di recente restaurato e riconsegnato ai fedeli un bene storico-religioso, ossia la arcifamosa Vara della Festa Grande, ma adesso che c’era poteva fare un giro e conoscere nuova gente.
Di lì a poco, lo stesso geometra avrebbe sentito parlare di un tale giovane sindaco, che altri non era se non lo stesso uomo della montagna o “montanaro” che tanto avrebbe fatto discutere di se in futuro, ma che per adesso ancora la pronuncia del vezzeggiativo del secondo nome provocava il bonario sorriso di diversa gente.
Era già evidente quanto fosse ambizioso, e lo si poteva ben capire dal fatto che in più occasioni si era proposto in politica a più alto livello pur essendo già primo cittadino della sua “metropoli” – così usava definire il paesello – tanto che all’epoca, il giovine ripeteva spesso: “faccio il candidato di professione!”. Ma un giorno questo candidato, grazie ad una corposa campagna elettorale che parlava al cuore della gente od alla pancia come direbbe qualcuno, in un modo semplice ma nello stesso tempo deciso, fu finalmente eletto deputato regionale. E fu grande festa.
CERCHI LAVORO? BUSSA ALLA PORTA DEL MONTANARO!
Ben presto, tanti, provenienti da ogni parte, cominciarono a fargli visita raggiungendo il paesello per fare la fila dietro la porta del suo ufficio. Manco a dirlo. una delle volte che il geometra si trovò lì per fare scorta di acqua buona, decise anch’esso di raggiungere quella mitica sede e così di salire su per la contorta scaletta in legno fino al piano superiore per guardare negli oggi il giovane neo deputato. Il politico montanaro era un ometto non molto alto, anzi piuttosto basso, ma aveva certamente una forte personalità e, ciò che colpì il geometra, fu quel suo linguaggio da uomo comune, quell’aria alla buona mai riscontrata prima in ambienti della politica tradizionale.
Di lì a poco sarebbe stata inaugurata una nuova sede nella città marittima del “Boccavento”. La gente fu tantissima. Sembrava che tutti ci tenessero per davvero a stringere “la mano santa” dell’ometto della montagna, che morissero dalla voglia di mostrarglisi amici, ma che dico amici, fratelli. E fu spumante e pasticcini per tutti quella sera.
Passavano i mesi e la voce si spargeva. Come se fosse il medico dei diseredati o il salvatore dei disoccupati, il quale riceveva sin dalle prime luci dell’alba senza battere ciglio. Per ore ed ore. Quanti visitatori si potevano contare lungo il corridoio che conduceva alla stanza delle visite. Spesso una lunga attesa, per sentirgli pronunciare poche parole, o forse promesse, chissà, ma spesso all’insegna della Sicilia libera ed indipendente, e sempre del futuro migliore e dell’ottimismo.
GRANDE ORATORE NEI COMIZI, INSTANCABILE URLATORE
L’uomo “della montagna”, non stava fermo un istante. All’ARS di Palermo, era una spina nel fianco dell’ambiente, del sistema dei “baroni” come li usava definire lui. Nelle sue parole, l’eterno messaggio di riscatto per l’intera Sicilia. Un riscatto dai “baroni” e dai “pupari della stessa politica di cui egli stesso ora faceva parte.
Faceva sul serio il montanaro. Raccolse infatti le firme per un “referendum contro la “Casta”, (si trattava di impedire che un Deputato potesse ricoprire più cariche ed essere nel contempo anche sindaco di una città con più di 20.000 abitanti). Andò male. Nonostante in tanti in tutti i paesi si impegnarono – fra questi anche il suddetto geometra – per la causa, per il montanaro furono soldi, tempo e lavoro buttati al vento. Non si raggiunse il numero minimo di firme necessarie. In un comizio, l’uomo della montagna, avrebbe informato i suoi seguaci che era stato boicottato, proprio dalla casta. Effettivamente a certi politi non andavano giù le sue idee, ma anche in paese, non è che piacesse proprio a tutti. Forse perché le cose non le mandava a dire e le gridava a gran voce o forse, per la semplice ed umana invidia che suscita chi corre troppo o è troppo innovatore in Terre tradizionaliste.
LA SCUOLA DEGLI ANTICHI MESTIERI, ECC. ECC.
Non c’era ancora un etto di cemento messo in opera nel paesello che già la gente sognava il posto per il figlio e perché no anche per il padre. Che bel sogno riscoprire gli antichi mestieri, ancora più bello se inseriti in un progetto, un grande progetto che avrebbe dato lavoro a molti. La realtà era che nessun sindaco nella riviera poteva vantare finanziamenti, opere già iniziate, programmazione per il futuro, e perfino l’idea di una nuova Taormina come il montanaro. Ebbene, il paese della quiete stava per far parlare di sé in tutte le reti locali. Quando fu tempo della Festa quella della Vara, forse mai in secoli di storia come in quella occasione i festeggiamenti si rivelarono così ricchi, così ben pubblicizzati, tanto partecipati dai visitatori più lontani.
QUELLA TELEFONATA PER UN INCARICO
Intanto, mentre i progettisti erano al lavoro, necessitavano notti e notti in bianco anche per l’onorevole montanaro. Arrivò una telefonata dal paesello. Pronto, sono tizio, vieni che c’è una cosa di cui dobbiamo parlarti. Era pieno mese di agosto, il geometra, proprio nel giorno in cui aveva fatto l’unico bagno di quell’estate, ancora infradito ai piedi e pantaloncini da spiaggia, in un battibaleno raggiunse il paese… dei balocchi. Gli veniva chiesto un lavoretto semplice ma indispensabile, ossia il rilevamento dei terreni interessati da successivo esproprio. Sviluppo planimetrico ed altimetrico.
Sulla via del ritorno, mentre il geometra guidando la sua malconcia utilitaria pensava ancora alla buona notizia, giunto alla quota marina si sentì chiamare ancora al cellulare: “sogno o son desto?” era “l’onorevole” in persona, un vero onore. Questi gli diceva: “tu, farai parte della nostra grande famiglia”. Ottima notizia, le cose stavano girando finalmente nel verso giusto. Ad avvalorare questo pensiero, il fatto che nonostante il giorno dopo il geometra si sarebbe trovato costretto a comunicare al “montanaro” un necessario rinvio per indisponibilità dello strumento… in tempo di vacanze estive altrimenti che si cercasse qualcun altro, ancora più sbalordito si sentiva rispondere (nonostante i tempi ristretti per la presentazione dei bandi), “aspetteremo te”.
“Boh! “Avranno chiamato me, perché in questo periodo, certi signori tecnici si sciacquano le chiappe nell’acqua salata”, pensò fra sé il geometra. Magari non era così, ma certamente di problemi ce ne sarebbero stati. Giunto infatti il giorno in cui avrebbe dovuto svolgersi il rilievo, due o più proprietari, haimè, negarono il permesso di entrare sui luoghi. Rinvio, nuove lettere, nuovo stop. Finalmente, alla fine, presenti i Carabinieri, il nostro geometra raggiunse i terreni e, in due giorni svolse i lavori ai quali seguirono (fra telefonate di solleciti), quelli in studio.
Per a verità, fra i proprietari il geometra aveva trovato una iniziale diffidenza arrivando, ma una volta rassicurati i dubbiosi, si era visto persino offrire dei doni, dei frutti della terra. “Cugghitivi tuttu chiddu chi vuliti”, Ma questi, mestamente, rifiutò. Solo un proprietario, inviperito, lo fermò al suo passaggio col prisma in mano. Il contadino disse al geometra: “appena lei entra nella mia terra, io con questa macchina fotografica la fotografo e subito porto le foto al mio avvocato”. Il tecnico, senza calpestare quell’appezzamento di terra, realizzò comunque (e bene), il rilievo tanto che inaspettatamente, l’uomo del rifiuto prima che andasse via si ammorbidì raccontandogli una triste storia di un figlio malato.
LE COSE CAMBIANO, TALVOLTA
All’interno della cosiddetta “grande famiglia”, già da subito il geometra aveva annusato un clima a lui un tantino ostile, ma volendosi convincere di sbagliarsi avrebbe constatato che non si sbagliava affatto. La “famiglia” era infatti un “cerchio-interessato-chiuso”, che si teneva stretto “il montanaro” come novella gallina dalle uova d’oro. E guai agli intrusi.
Correttamente, a lavoro consegnato ed apprezzato, contrariamente a quanto gli avevano detto alcuni colleghi del geometra: “attento, l’uomo del monte non paga nessuno!”, la cifra da lui richiesta fu saldata in tempi brevi. Ma, da quel giorno… come incantesimo che si dissolve, si persero le tracce sia dell’uomo dei sogni che dei suoi fedelissimi tecnici e collaterali. Non l’haiu vistu! Chi nni sacciu io? (non l’ho visto, non so niente io), erano le risposte di chi di loro veniva interpellato dal geometra. Intanto, mentre la nuova città cresceva, il montanaro veniva rieletto Deputato con ancora maggiore successo di voti che nella prima occasione. Manco a dirlo, molti sindaci salirono proni a congratularsi nella piazza grande del suo paese. Trionfo per lui, tradizionale comizio di ringraziamento, focaccia, pasticcini e spumante come se piovesse per tutti.
L’IMPREVEDIBILE ARRESTO DELL’ONOREVOLE “MONTANARO”
Forse, chiunque, involontariamente o meno, quando realizza i propri obbiettivi, tanto più se questi sono ambiziosi, può calpestare in modo più o meno insanabile la dignità o gli interessi degli altri, può sovvertire equilibri consolidati, può scatenare invidie e da queste provocare tremende reazioni a suo danno.
Erano già passati più di due anni che il nostro geometra non vedeva né sentiva più il montanaro, quando un giorno, dalle tv private alle nazionali, dalle testate più blasonate ai siti web, annunciarono l’arresto del deputato. Matri, matri… jè picchì u ttaccàru? (Mamma mia, perché lo hanno arrestato?). Si raccontarono tante storie, fra le quali il tripudio dei nemici la sera stessa dell’arresto del despota. Resterà famosa la presunta frase: “Questo, dopo il giorno del mio matrimonio è il giorno più bello della mia vita” che sarebbe stata pronunciata da un noto detrattore del montanaro mentre stappava lo spumante fra gli amici in piazza.
Furono lunghi mesi di silenzio interrotti solo dagli articoli dei giornali che informavano sugli sviluppi delle udienze. Intanto, il montanaro si era dimesso dalla carica di sindaco, gli era stato persino impedito da un giudice di dimorare nella propria abitazione, nel suo paese natio. Confinato come un comune mafioso. I capi di imputazione erano gravi, ma ciò che può risultare interessante e nello stesso tempo sconcertante al lettore può essere che ogni opera in fase di realizzazione al di la del fiume fu bloccata, sigillata. Era forse finita la favola per alcuni, ere cessato un incubo per altri.
Ma trapelò la voce, che il montanaro nel più completo distacco dal mondo circostante stava leggendosi le carte, e mentre perdeva peso un giorno per due stava verificando eventuali contraddizioni fra le tante deposizioni a suo sfavore. Gli era costo ben caro un avvocato famoso, che un poveretto non avrebbe potuto permettersi, ma le cose ebbero i primi esiti positivi per lui.
ERA STATA TUTTA UNA CONGIURA?
“Non poteva essere arrestato” fu il responso di un PM che lo riportò sia pure parzialmente, alla luce di una diversa verità e all’abbraccio della gente che lo amava. Ritornò, preannunciandosi con nuovi manifesti affissi in tutti i paesi, con un comizio strappalacrime. Dimagrito, pare avesse perso ben diciotto chili, non pronunciò il “dove eravamo rimasti” del compianto Enzo Tortora, ma il “Così è se vi pare” di Luigi Pirandello. E fece nomi e cognomi, attaccò non solo gente comune sua accusatrice ma figure molto in alto nella politica di quegli anni.
Fra il codazzo degli stessi che con lui avevano a suo tempo trovato opportunità e guadagno lavorando e che gli erano rimasti fedeli nonostante tutto, ma soprattutto dei tanti che veramente in lui continuavano a vedere un liberatore, un paladino della povera gente, il montanaro decise addirittura di candidarsi a sindaco nella città del Boccavento. I suoi comizi furono struggenti, pirandelliani, comici perfino ma efficaci. La battaglia che gli fu contrapposta in Campagna elettorale fu alquanto dura e senza esclusione di colpi, anche colpi bassi, ma contro ogni previsione iniziale trionfò. Così, tornò sul palco per ringraziare fra immense moltitudini di folla, con un maglioncino addosso e la grinta di sempre, poi, arrivò persino a recitare davanti a tutti dallo stesso microfono un “Padre Nostro”. Il montanaro, era tornato.
19 Maggio 2013 – Redazione
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