Storie di Sicilia
SCIGLIO. ORIGINI E STORIA DI UN NUCLEO ABITATIVO (dal libro di Giuseppe Campagna)
A monte dell’abitato di Roccalumera sulle sponde dell’omonimo torrente sorge la borgata di Sciglio. Denominato negli antichi documenti Xilij, Xiglio, Xsciglio, Sciglij l’etimo deriva dal greco tardo Skullaion trasformatosi nel latino Scyllaeum che significa scoglio o rupe[1], quasi certamente in riferimento al massiccio “serro Croce” che domina l’abitato.
La prima sicura attestazione storica di un nucleo abitativo a Sciglio risale al XVI secolo. Apprendiamo infatti dalla trascrizione di un “notamento di case” del 1530 effettuata dal sacerdote Carmelo Ungaro di Fiumedinisi il 27 dicembre 1821, vistata dal funzionario del Regno delle Due Sicilie Vincenzo Parisi, e custodita nell’Archivio della Chiesa Madre di Allume che nel territorio di Sciglio vi erano delle abitazioni; il documento così recita:
[…] a piena ed indubitata fede da me infra […] / della Corte Spirituale della Comune di Fiumedinisi / Qualmente avendo di ligentemente esaminato le Scritture esi-/stenti nella Venerabile Parrocchiale Chiesa di S. Pietro / ho trovato varie carte del tenor seguente.
Notamento di tutti li Casi esistenti in / Roccalumera quali sonno habitati di fo-/ristieri e di genti di Fiumedinisi nel tempo /dello Nutricato termino nell’anno 1530.
Li Casi vicini di Roccalumera In primis […]
[…] Casi nella Contrada dello Xsciglio territorio di Roccalumera/ distanti di Mare mezzo miglio, e più habitanti / da Pirsuni Poviri, e distanti di Roccalumera un / miglio. […][2]
La maggior parte del territorio in quel periodo doveva presentarsi prevalentemente boschivo, dato che vi veniva prelevato legname impiegato nelle vicine miniere di Allume per la produzione del minerale, come sappiamo da una relazione del marzo 1545, dove vennero registrate le risposte che alcune persone rilasciarono agli ufficiali regi incaricati di interrogarle in merito alla produzione mineraria per quantificarne entrate ed uscite[3]:
[…] vicini dela ditta lumera ciso li boschi infrascritti zoe lo bosco che è in lo phego chiamato de San Micheli nuovamenti comprato per lo prefato signor vicerre, item lo bosco di Arcontasa item lo bosco dilo Xiglio li quali so distanti de ditta lumera di miglia sei infra et ultra […] [4]
La natura prevalentemente boschiva del territorio dove si sviluppò la borgata è anche confermata dall’atto di separazione dei beni monastici da quelli commendatari posseduti dal Monastero di Santa Maria di Mandanici rogato il 13 settembre 1589 per volontà di Sisto IV, il documento fu redatto alla presenza del notaio Salvo Pictari da Messina e dell’incaricato del Papa, con l’approvazione di Fillipo IV, il regio visitatore apostolico Bruto Farneto della Diocesi di Spoleto. Dopo avere inventariato tutti i beni consistenti in proprietà, diritti, proventi diversi nonché considerate le molte spese cui il convento era sottoposto, con l’aiuto degli “estimatori” Nicoletta Carusio, Domenico Librandi e Antonio Mastroeni, assegnò al monastero una rendita annua di 96 onze consistenti in proprietà e diritti come appresso[5]:
[…] Item quoddam nemus consistens in ruvolis, terris seminatoriis, et aliis / arboribus fructiferis, et non fructiferis, confinante cum Zaffara, et ter-/ritorio Mandanicis, et cum nemore Abbatissae, seu Com. eum feudo, et / nemore Zigli, et cum feudo dicto de Bandari, et cum flumine publico, / exceptuatis li censi primi, terragiis, cum vineis, et aliis pertinetiis diversa-/ rum personarum, tam dictae terrae Mandanicis, quam aliarum terrarum, / locorum, positum pro unciis septuaginta quolibet anno__________onze 70.[6]
Cioè un bosco di querce, terreni seminativi, alberi fruttiferi ed infruttiferi confinante con la Zafara e territorio di Mandanici, col bosco di Roccalumera, col bosco di Sciglio, col bosco di Bandari e con il fiume pubblico, produce tra la vendita delle erbe e la semina un reddito di onze settanta.
Sciglio fece parte della Terra di Roccalumera che vide la sua genesi nel 1613 quando Giovanni La Rocca, proprietario delle miniere di Allume acquistate nel 1606 da Ferdinando Gonzaga nipote di quel Ferrante Gonzaga che si distinse nella presa di Tunisi del 1535 e fu vicerè di Sicilia, sposò Isabella Lanza e Abbate vedova del barone di Fiumedinisi Antonino Colonna e Romano, dal quale ereditò il bosco di San Michele; non fu dunque difficile al La Rocca riunire i due territori limitrofi e dare origine giuridica alla Terra di Roccalumera, avendo ottenuto la licentia populandi[7], infatti la realizzazione di un nuovo centro abitato, dotato di una sua autonomia amministrativa, doveva essere autorizzata dal sovrano, attraverso la concessione della licenza, preceduta dalla consultazione del centro demaniale di cui l’area prescelta faceva parte. Il proprietario del terreno, posseduto a titolo feudale, contrattava con la Regia Corte l’estensione delle giurisdizioni, e poi “attirava” i coloni con patti e concessioni favorevoli, quali potevano essere la salvaguardia dai debiti contratti nei luoghi di origine, la disponibilità di un territorio comunale per usi civici, concessioni di un’area urbana per edificarvi l’abitazione, di piccole enfiteusi, di anticipi in semente ed altro, secondo la finalità economica che si proponeva[8].
Per conoscere meglio la conformazione del territorio scigliese nei secoli XVII e XVIII possiamo ricorrere alla più importante, sistematica, continua e imponente fonte documentaria per la descrizione della popolazione siciliana, colta in determinati momenti del suo sviluppo storico in età moderna, costituita dai riveli generali di beni e di anime; tali riveli sino al 1747 hanno prodotto alcuni particolari fondi documentari: i ristretti, in pratica dei riassunti, redatti prima dal Tribunale del real patrimonio e poi dal 1651 dalla Deputazione del regno a conclusione del lavoro di controllo, revisione e conteggio dei dati, in cui riassumevano comune per comune le principali informazioni sulla loro situazione demografica; i volumi, conservati la maggior parte presso l’Archivio di Stato di Palermo, in cui sono raccolte le singole dichiarazioni dei capifamiglia, contenenti dati sulla composizione della famiglia stessa, sul patrimonio, diviso in beni stabili e mobili, gravezze (debiti a breve, spese di gestione, affitti, ecc.), con i relativi valori in onze.[9]
Da un rivelo dell’anno 1616 sappiamo che un certo Giovanni Rasconà della terra di Roccalumera rivelò all’Illustre Giovanni Ansalone Capitano d’Arme:
un luogo con Celsi et altri arbori in questo Territorio / nella contrada dello Sciglio confinante con Sebastiano / Rasconà con Mattei Candilori di valuta di onze / cento____________________o. 100[10].
Inoltre risultano dai riveli di quell’anno un altro terreno coltivato a “Celsi”, una “vigna et olivari” e “due case terrane”[11]. Dai Riveli dell’anno 1623 apprendiamo che Francesco Giunta possedeva:
Una casa terrana in questo territorio in la cuntrada di Sciglio / confinante con Francesca Travia, et Minici Travia nella quale habita et si purria alligare / unza una l’anno franca licenza, et a censo perpetuo / il cespite imputa onze venti_______________o. 20[12].
Ed in più un terreno di “celsi”[13], in totale per tale anno vengono rivelate per la contrada di Sciglio nove “case terrane”[14], quattro terreni coltivati a gelseto, e tre terreni di cui la coltivazione non viene precisata[15].
Secondo i riveli dell’anno 1636 sappiamo della presenza di un mulino detenuto per metà da Paolo Santoro:
Tiene la mità di un molino nella stanza l’altra / mità spettava a Gioanne Santoro nello territorio et / nella cuntrata di lo Sciglio confinante con detto Santoro e co la / via publica quali mita si può ingabellare onze / cinque che ogne di detti […]. si pote in-/porre onze settanta una et tarì duedichi___ 71. 12[16]
E per l’altra metà da Giovanni Santoro:
Tiene una metà di un Molino in questo / territorio et cuntrada di lo Xiglio, cunfinante con Casi / di Antoni Spataro et Giovanni Angelo Rog-/geri quale si può ingabellare ogni anno franco di […] , et spese […] / onze quattro.[17]
E che Giovanni di Marco possedeva:
in questo territorio et cuntrada dilo Sciglio alcuni pedi di celsi / confinanti con lochi del molino pubblico / et Vallone.[18]
La presenza già in questo periodo di un mulino fa presagire quanto importante sarà nei secoli per il territorio Scigliese l’attività di molitura. Ancora oggi sono infatti ben visibili lungo le sponde del torrente Sciglio le vestigia di circa una decina di ormai diruti mulini ad acqua.
Per il 1636 vennero inoltre rivelate quattro case “terrane” ed una “solerata”[19], cinque terreni coltivati a “celsi”[20], un canneto e due vigne[21].
Nel 1653 vennero invece censiti: una casa “terrana”, tre terreni di “celsi” tre vigne, un terreno coltivato ad olivi e due a vari tipi di coltivazione[22].
Per quanto riguarda i riveli dell’anno 1681 vennero rivelati per la borgata di Sciglio nove case “terrane” ed una casa “solerata”[23] un oliveto ed un canneto[24].
Di particolare interesse è il rivelo di Pietro Basili dal quale apprendiamo che una parte del territorio scigliese appartenva alla terra di Pagliara:
Tiene nella marina l’olivari nella cuntrada / dello Sciglio territorio delli Pagliara / cunfinante con loco di Antonino Zitto e via publica[25].
Altre indicazioni relative a questi territori dipendenti da Pagliara ci vengono dai Riveli del 1748 nei quali Giuseppe Pittignelli dichiarava di possedere due case in tale territorio:
Tiene esso rivelante due case nel Sciglio / picculo territorio di Pagliara confinante con il / trappeto e loco delli Reverendi Padri Gisuiti / consistente in due stanze ragionate ad onze cinque / per stanza sono onze 10[26].
Così come dal rivelo di Domenico Ucchino sappiamo che:
Tiene esso revelante un Loco posto nel / Territorio di Pagliara confinante con il loco / delli Reverendi padri Giesuiti e Giacomo Arrigo / consistenti in olivari piedi quattro che in fo-/glia sono tumula quattro ragionate a onze / sei macina sono onze una e tarì quindici detto.
Vigna in detto loco piedi duecento ragionate a / onze dieci migliaro sono onze duj detto.
In detto Loco cuntrata Lo Sciglio Territorio di Pagliara / una casa consistenti in una stanza apprezzata / per onze cinque detto.
Paga esso rivelante sopra il sudetto loco / la somma annuale di onze 3 tarì 15. alli / Reverendi Padri della Compagnia di Giesù // che a 5. per 100: dona di capitale tarì / setti e grana dieci detto.[27]
Per tale anno vengono censite inoltre ventidue case “terrane” e due “solerate” [28], undici terreni coltivati a gelseti[29], sette oliveti, due canneti, una vigna e quattro terreni di colture varie[30]; viene inoltre dichiarato dalla Principessa di Alcontres di possedere tre parti di un mulino sito nel borgo di Sciglio:
Beni stabili e rendite della Eccellentissima Signora / Principessa di Alcontres Padrona di questa suddetta / Terra di Roccalumera […] // tiene di più tre portione di un molino / nel Sciglio di questa Terra stante l’altra / portione di Notar Domenico Santoro quale / tre portione si gabellano un anno / per l’altro per sei onze_______o. 6[31]
La restante parte viene rivelata dal notaio Domenico Santoro:
Di più tiene esso rivelante una quarta parte di molino / sito, e posto in questo subdetto Territorio e cuntrada dello Sciglio / confinante con l’altre tre portioni di detto Molino e strata / publica ragionato per onze venti detto_______________20[32].
Per i riveli del 1750 vengono censiti dieci gelseti, quattro oliveti, due vigne, un canneto, e in tutti i terreni iniziano a trovare spazio vari tipi di colture[33].
Tirando dunque le somme di questo periodo storico notiamo un incremento di popolazione tra l’inizio del XVII e la fine del XVIII secolo, testimoniato dall’elevarsi dei dati relativi ad abitazioni esistenti nel piccolo borgo rurale. Notiamo come siano prevalenti in questo periodo le coltivazioni del gelso, le cui foglie venivano impiegate per l’allevamento del baco da seta e dell’olivo. In questo lasso di tempo, infatti, la zona del messinese cercò di sfruttare prevalentemente come settore di sviluppo economico la produzione della seta e dello zucchero. Dunque coltivazione del gelso, allevamento del baco, filatura, tessitura, commercializzazione ed esportazione della seta, piantagioni di cannamele, diffusione dei trappeti di produzione dello zucchero, diventarono caratterizzanti, insieme all’olivo e all’allevamento, del suo sistema produttivo. La zona messinese fu così in qualche modo una regione – simbolo, indicata ora come l’alternativa alla Sicilia del grano, ora come la dimostrazione della crisi seicentesca, della ruralizzazione e della deindustrializzazione[34].
Del 1749 è un contratto di vendita da parte di Caterina Marisca alla Chiesa Madre del Santissimo Rosario di Roccalumera di un:
[…] dimidium casalenum in / parte copertum situm et positum in territorio / hujus terre in Rure Xcilij contrata Santissimi Salvadoris / confinantem cum alio dimidio dicti Casaleni Johannis / Spadaro fratris dicte venditricis, Domo Dominici / Rascona et via pubblica[35].
Notiamo dunque la presenza nel territorio di Sciglio di una contrada denominata Santissimo Salvatore che può essere identificata con la zona attigua alla Chiesa che allora prendeva questo titolo, e di cui resta traccia nella toponomastica odierna nella piccola via San Salvatore.
Per il ‘700 possiamo dunque definire come area scigliese un territorio che va oltre quello che oggi è il nucleo abitativo, e diviso sotto la giurisidizione di più “Terre”, anche se prevalentemente ricadente nel marchesato di Roccalumera; notiamo la presenza di varie denominazioni: sappiamo della divisione in “Scilij Majoris”, quello che è in prevalenza il nucleo abitativo odierno che viene citato nell’atto di matrimonio di Domenico Rasconà e Grazia Spataro del 28 novembre del 1724 che contrassero il sacramento:
[…] In Ecclessia Sanctissimi Salvatoris / hujus supradicte Terre in tenimento / Scilij Maioris[36].
Citato anche negli atti di Matrimonio di Domenico Spataro e Caterina Crisafulli, di Giacomo Spataro e Garufi e Caterina Spataro ambedue del 1724 e di Andrea Barbera e Grazia Allegra del 1729, ed infine di Giovanni Spataro e Anna Andronaco del 1731[37]; della presenza di un territorio definito “Scilij parvuli”, quello Sciglio “piccolo” che nel 1636 compariva nel già citato rivelo di Giuseppe Pittignelli, dove viene attribuito giuridicamente a Pagliara, troviamo menzione nell’atto di Matrimonio del 1725 tra Giuseppe Campagna e Sebastiana Santoro:
[…] Ego Doctor in Sacra Theologia Dominum Pla-/cidus Cannella parochus et Archipres-/biterus huius Terre Rocce Alumerie / Rector interrogavi Joseph Campa-/gna filium legitimum; et naturalem / quondam Victorij Campagna et Gugliotta huius / Terre Rocce Alumerie Sponsus ex una; et abitatorem in tenimento Scilij / parvuli jurisiditionis Terre Fluminis Dionisij[38].
Nell’atto dunque troviamo l’attribuzione della giurisdizione su questa parte di territorio alla Terra di Fiumedinisi. Possiamo allora ipotizzare la presenza di due o più territori denominati “Scilij parvuli”, uno dipendente da Pagliara e uno da Fiumedinisi. Da un atto di matrimonio del 1819 tra Francesco Campagna e Maria Saltizzi apprendiamo che:
[…] ipsi prefati madrimonium contra-/ xerunt per verba de presenti in faciem Ecclesia / coram Reverendo Domino Sebastiano Caminiti de Licentia / Parochi in Ecclesia Animarum Purgantium Ruris / Xilii[39]
Ora sappiamo che la Chiesa delle Anime Purganti notoriamente sorgeva nell’odierno quartiere Botteghelle della Marina di Roccalumera, che come apprendiamo da quest’atto, a quel tempo veniva denominato come Sciglio; è dunque ipotizzabile che lo “Scilij parvuli” dell’atto di matrimonio del 1725 sia identificabile con questa zona dato che la Chiesa delle Anime Purganti fu dipendenza fino ad un certo periodo dell’Arcipretura nisana.
Facendo un passo indietro abbiamo notizia di Sciglio nel Lexicon Topographicum Siculum dell’Abate benedettino Vito Maria Amico e Statella, volume dato alle stampe a Catania nel 1760. Così egli lo descrive:
Scyllum: Opidulum, seu Vicus in freti ora sub Savoca, a Palmis haud procul, circa fluenti alveum, cum aede Salvatoris nomine, ac S. Josepho nec non SS. Martyribus Cosmae et Damiano incolarum Patronis dicata[40].
Che il Di Marzo nella sua riedizione del 1845 così tradurrà:
Scillo – lat. Scyllum (V. D.) Piccolo paese o borgo, nella spiaggia dello stretto sotto Savoca, non lungi da Palme, verso il letto di un fiumicello, con una chiesa denominata del Salvatore, e dedicata a S. Giuseppe, ed ai Ss. Cosmo e Damiano patroni degli abitatori.[41]
Sappiamo poi che Sciglio fu colpito, come d’altronde tutta la terra di Roccalumera, dalla terribile epidemia di peste che divampò a Messina nel 1743, introdotta dalla nave genovese di Jacopo Bozzo che viaggiava sotto falso nome di Aniello Bava, e sotto falsa bandiera napoletana, giunta a Messina di ritorno dalla Grecia il venti marzo del 1743[42]. Fino a Giugno il morbo restò circoscritto a Messina, viste le attenzioni delle terre confinanti, ma tra la fine di giugno e i primi di luglio esso si diffuse a Fiumedinisi, trasmesso da un suo abitante che l’aveva contratto nel casale di San Filippo[43], e sul finire di ottobre venne contagiato anche il territorio di Roccalumera. Così ci informa Francesco Testa nella sua “Relazione Istorica della Peste” data alle stampe nel 1745:
sul declinar di Ottobre venne fuori il male in Alume, un de’ villaggi dentro terra, che compongono la Baronia di Roccalumera, in una casa della contrada dinominata del Landro, colla morte di più persone; apportatovi, come fu voce, da una donna, cui era venuto fatto di passare nel territorio di Fiume di Nisi, per prendersi certe robe lasciatele d’alcuni suoi parenti. Onde per poco rimase, che non fusse andata ogni cosa in rovina: imperrocchè, essendo, come si è detto, rimasta la Baronia di Roccalumera fuori la femilinea, gli uomini, che n’erano alla guardia, e in particolare quegli di Casalvecchio, di Savoca, e della Forza, subito udita l’infezione di Alume, abbandonati i loro posti, corsero a rifuggiarsi nelle loro Terre. [….] tuttochè il Governatore lo tenesse ben guardato, diede oltracciò ordine, che si abbruciassero le casette, e capanne infette di Alume, e della contigua villetta di Sciglio, a cui pure si era appiccato il contagio, facendo trasportare tutti in un luogo gl’infermi, e in un altro i convalescenti. E con ciò gli riuscì di estirpare il male da quella Baronia, nella quale non durò, che un po’ più di un mese, e dove per le buone disposizioni date dal Principe di Alcontres padrone di essa, ch’erasi ritirato nella vicina marina, non fece quel guasto, che far si potea; mentre senza toccar gli altri villaggi, ch’essa non in assai largo giro contiene, si fermò in Alume, e Sciglio; e in questi stessi non trovò adito, che in poche case; né vi tolse di vita che sessanta uomini de’ cinquecento, che vi si enumeravano. Il che addivenne, perciocché in Alume, e in Sciglio, appena sorto il male, si vietò generalmente la comunicazione tra le case; sbarrandosi incontanente quelle, dove si manifestavano degli ammorbati; e gli altri villaggi si rimasero dal praticare non men con questi, che tra di loro, guardandosi l’un l’altro, come se tutti fussero compresi dalla contagiose[44].
Quanto attesta la relazione viene confermato dai registri dei defunti dell’Arcipretura di Roccalumera, la prima vittima della peste fu Flavia Cicala:
Die […] Octobris 1743
Flavia Cicala innupta filia Bartolomej et Maria Burgio / etatis annorum 20 circiter obijt eius corpus sepultus fuit in Matrice / Ecclesia Sanctissimi Rosarij.
Dicta Flavia Cicala obijt morbo pesti-/lentiali, et fuit initium pestis in hac Terra[45].
In seguito le salme vennero seppellite fuori dalle Chiese, come prescriveva l’editto viceregio emanato a Palermo l’undici luglio 1743[46], risulta dal già menzionato registro che vennero seppelliti “extra Ecclesia” 52 defunti[47] per tutti si trova l’annotazione: “obijt morbo pestifero cujus corpus selputus fuit extra Ecclesia” il primo di questi atti risale al 26 ottobre del 1743:
Die Vigesimo Sesto octobris
Domenica Puglisi viduva vel quondam Bartolomej Burgio etatis annorum 70 circiter / morbo pestifero obijt cuius corpus sepultus fuit extra Ecclesia[48].
Sappiamo sempre dal Testa che il morbo riprese vigore nelle zone di Pezzolo e Giampilieri nel mese di Marzo del 1744 perciò:
Il Dottor Polacco però tanto fu lontano dall’intermetter per la nuova disgrazia di Pezzolo l’opera dello spurgo in Messina, e ne’ Casali, ad essa soggetti, che si affrettò di por fine alla sua commissione collo spurgamento delle Terre confini, nelle quali si era disteso il male. Si condusse perciò egli medesimo congiuntamente col Marchese di Torreblanca, e con bastante numero di operai, a quelle, che giacciono a Mezzogiorno; e fece spurgare Alume, Sciglio, e Scaletta. Nel che non si consumarono, che pochi giorni; perché oltre l’esser questi piccioli / e poveri luoghi, il male non vi avea trovato adito, che in poche case, le quali per lo più eransi date alle fiamme in un colle meschine, e alla loro piccolezza corrispondenti masserizie[49].
Non si trova comunque per il periodo successivo nei Registri dell’Arcipretura lumese alcun riferimento a defunti per causa di peste.
Per quanto riguarda il secolo XIX possiamo attingere ai Riveli del 1816, dai quali appuriamo che il 30 gennaio di quell’anno Carmelo De Luca rivelò un “Molino” e un “Trappeto”; il rivelo è sottoscritto dal figlio sacerdote Nicolò De Luca:
Io infrascritto per esecuzione dei bandi / dell’anno 1811 rivelai le rendite Civili / da me possedute nel territorio di Roccalumera / lo Molino contrada Sciglio confinante con Don Placido Mastro-/eni, Don Domenico Pirrone, via pubblica. / Dippiù un Trappeto cuntrada Sciglio confinante con Don Ni-/cola Spadaro, Don Andrea Dattila. / Un canone di censo sopra il Luogo contrada Olivarella / dovutomi dagli eredi di Don Gaetano Cuglitore./ Per la somma di oncie otto e tarì otto, come appare / per rivelo allora sotto il mio Nome presen-/tato alla locale Deputazione di Roccalu-/mera. / Ora avendo, maturo esame, ed avendo delle / circostanze ancor onestamente accaduto / considerato, rilievo che il sopradetto / Molino si diroccò l’anno 1813 e reedifi-/cato, e per la scarsezza dell’acque in/ tempo di està non dona altra rendita / di netto che d’oncie dieci, così divengo a variare il sopradetto rivelo nel modo seguente:/ Possiedo un Molino contrada Sciglio confinante / con Don Placido Mastroeni, Don Domenico / Pirrone, e via pubblica per la somma annuale oncie 10. / Dippiù il sopradetto Trappeto la rendita: once 1. 10 / Un Censo come sopra: once 28. / Totale: once 12.8. / Per eseguire gli ordini del Parlamento, ri-/velo che sopra il Molino suddetto, devo in // ogn’anno il peso efficiente all’Illustre / Marchese di Roccalumera la somma di oncie 9 / io Sacerdote Nicolò de Luca mi sottoscrivo per / nome e parte di mio padre Carmelo de Luca per esso non sapere scrivere / di sua commissione come compare sopra[50].
Dalla lettura di questi Riveli non è possibile purtroppo capire il tipo di coltivazione prevalente nel territorio per questo periodo, dato che non si trova l’indicazione del tipo di messa a coltura[51].
È ipotizzabile comunque che già nel corso del XIX secolo si sia iniziato a sostituire al gelseto come coltivazione prevalente quella del limone verdello che fino ai nostri giorni è la principale coltura della zona scigliese. Il verdello deriva da una particolare tecnica di coltivazione, la forzatura, che permette di ritardare la fioritura della pianta. Tale tecnica agronomica prevede di sospendere l’irrigazione a partire da giugno per un periodo variabile, la cosidetta “secca” che consente alle piante di raggiungere un sufficiente stato di avvizzimento delle foglie, quindi si riprende a dare acqua a fine luglio- inizio agosto, ed a fine mese è possibile raccoglierene i frutti.
Per quanto riguarda il ‘900 riusciamo a quantificare il numero degli abitanti grazie ai censimenti, e ad altri documenti. Del 1936 è un attestato del commissario prefettizio del Comune di Roccalumera che:
[…] Certifica / che la popolazione della frazione Sciglio di questo / Comune, era composta, alla data del censimento 1931, di / n. 880 abitanti, comprese le case sparse.[52]
Mentre del 18 marzo 1943 è un certificato rilasciato al Sacerdote Gaetano Duca dal Podestà che:
[…] Certifica / che dall’ultimo censimento risulta che la popolazione / della frazione Sciglio di questo comune è composta di / n. 990 abitanti. [53]
Dai successivi dati Istat sappiamo che la popolazione scigliese andò via via diminuendo: 804 unità per l’anno 1951; 730 per il ’61; 591 per il ’71 e infine 405 per il ‘91[54].
[1] Abbate Lucia, Toponomastica siciliana di origine araba nel versante tirrenico e ionico dei Peloritani, Alessandria 2008, pag. 21.
[2] Archivio Storico Arcipretura SS. Rosario di Allume, Notamento di Casi, 27 dicembre 1821, f.1; parzialmente edito in: Romeo Roberto, La Rocca di Allume, storia e tradizioni cristiane. L’Arcipretura del santissimo Rosario dalle origini ai nostri giorni, Roccalumera 2009, pagg. 22-23. Per la trascrizione integrale cfr.: Appendice documentaria n.° 3.
[3] Cascio Angelo, Allume e le sue miniere, Enna 1995, pagg.61-62.
[4] Ivi, pagg. 64-65.
[5] Carpo A., Mandanici sulle tracce del passato, Messina 2006, pagg. 170-171.
[6] De Ciocchis G. A., Sacrae Reagiae visitationis per Siciliam, Palermo 1836, pag. 427.
[7] Cascio A., I marchesi di Roccalumera: famiglia La Rocca D’Alcontres, Tomasa Fiumedinisi 1997, pagg. 11-12.
[8] Ligresti D., Dinamiche demografiche nella Sicilia Moderna: 1505-1806, Milano 2002, pag. 34.
[9] Ivi, pagg. 13-15
[10] Archivio di Stato di Palermo, Tribunale Real Patrimonio, Busta n.° 1619 , filza n.° 1, f. 27 recto.
[11] Ivi, ff. 51 recto, 75 recto, 77, recto, 117 recto-verso.
[12] Ivi, filza n.° 2, f. 12 recto
[13] Ibidem
[14] Archivio di Stato di Palermo, Tribunale Real Patrimonio, Busta n.° 1619 , filza n.° 2, ff. 12 recto, 26 recto, 37 recto, 90 recto, 150 recto, 160 recto, 194 recto, 256 verso.
[15] Ivi, ff. 61 recto, 150 verso, 160 recto.
[16] Ivi, filza n.° 3, f. 63 recto.
[17] Ivi, f. 139 verso.
[18] Ivi, f. 225 verso
[19] Ivi, ff. 139 Recto, 147 recto, 173 recto.
[20] Ivi, ff.139 verso, 201 recto, 223 recto, 225 verso.
[21] Ivi, ff. 222 recto, 224 verso, 255 verso
[22] Ivi, filza n. 4, ff. 1 recto-verso, 23 recto, 45 recto.
[23] Archivio di Stato di Palermo, Deputazione del Regno, Busta n.° 1252, ff. 1 recto, 19 recto, 51 recto, 89 recto, 141 recto, 145 recto, 163 recto, 165 recto, 207 recto, 217 recto, 221 recto
[24] Ivi, ff.51 recto, 211.
[25] Ivi, f. 51 recto.
[26] Archivio di Stato di Palermo, Deputazione del Regno, Busta n.° 4192, f. 71 recto.
[27] Ivi, f. 235 recto-verso.
[28] Ivi, ff. 71 recto, 143recto, 145 recto, 177 recto, 185 recto-verso, 189 recto 221 recto, 229 recto, 233 recto, 235 recto, 247 recto, 263 recto, 265 recto, 279 recto, 298 recto, 299 recto, 308 recto, 344 recto, 352 verso, 510 recto.
[29] Ivi, ff. 227 recto, 235 recto, 265 recto, 291 recto, 298 recto, 328 recto, 344 recto, 352 recto, 356 recto, 358 recto
[30] Ivi, ff. 225 recto, 227 recto 229 recto, 231 recto, 235 recto, 263 recto, 291 recto, 304 recto, 305 recto, 308 recto, 344 recto, 352 recto.
[31] Ivi, ff. 18 recto, 20 recto.
[32] Ivi, f. 309 recto.
[33]Archivio di Stato di Palermo, Deputazione del Regno, Busta n.° 4193, ff. 4 recto, 6 recto, 8 recto, 9 recto, 10 recto 11 recto, 12 recto.
[34] Ligresti D., Dinamiche demografiche nella Sicilia Moderna:1505-1806, Milano 2002, pag. 92.
[35] Archivio Storico Arcipretura SS. Rosario di Allume, Copia Venditionis facta per Catharina Marisca favoris Venerabilis Ecclesia Majoris Roccalumarie, Casa dello Sciglio, 31 Agosto 1749. Per la trascrizione integrale cfr.: Appendice documentaria n.° 2. Trad.: “mezzo casalino in / parte coperto sito e posto nel territorio / di questa Terra nel villaggio di Sciglio e nella contrada del Santissimo Salvatore / confinante con l’altra metà del detto casalino di Giovanni / Spadaro fratello della detta venditrice, con la casa di Domenico Rascona e la via pubblica”.
[36] Archivio Storico Arcipretura SS. Rosario di Allume, Libro dei Matrimoni: 1674 – 1428, ff. 104 recto-verso, 105 recto. Trad.: “nella Chiesa nel Santissimo Salvatore / di questa sopradetta terra nel tenimento / di Sciglio Maggiore”.
[37] Ivi, ff. 105 verso, 106 recto – verso, 107 recto – verso, 108 recto, 143 recto-verso, 147 verso, 148 recto
[38] Ivi, ff. 112 verso, 113 recto – verso, 114 verso. Trad.: “Io Don Placido Cannella Dottore in Sacra Teologia / Parroco, Arciprete / e Rettore di questa Terra di Roccalumera / interrogavo Giuseppe Campagna / figlio legittimo e naturale / del fu Vittorio Campagna e Gugliotta di questa / Terra di Roccalumera, sposo, e abitante nel tenimento di Sciglio/ piccolo giurisdizione della Terra di Fiumedinisi”.
[39] Archivio Storico Arcipretura SS. Rosario di Allume, Liber Sponsalium: 1785 – 1850, f. 162 verso. Trad.: “i predetti contrassero matrimonio / per voce dei presenti innanzi alla Chiesa / e davanti a me Reverendo Don Sebastiano Caminiti per licenza / del parroco nella Chiesa delle Anime Purganti nel Villaggio di Sciglio”.
[40] Amico V. M., Lexicon Topographicum Siculum, Catania 1760, pag. 240.
[41] Amico V. M., Dizionario topografico della Sicilia; tradotto dal latino ed annotato da Gioacchino di Marzo, Palermo 1855, pag. 477.
[42] Testa F., Relazione Istorica della Peste che attaccossi a Messina nell’anno mille settecento quarantatrè, Palermo 1745, pagg. 1-3
[43] Ivi, pagg. 78-79
[44] Ivi, pagg. 88-90
[45] Archivio Storico Arcipretura SS. Rosario di Allume, Liber Mortuorum anni 1739 Usque Annum 1792 Matricis Ecllesiae SS. Rosarii Rocce Alumeriae. f. 7 recto. Trad.: “Il giorno […] ottobre 1743 / Flavia Cicala nubile figlia di Bartolomeo e Maria Burgio / morì all’età di anni 20 circa e il suo corpo fu sepolto nella Madre / Chiesa del Santissimo Rosario. / Detta Flavia Cicala morì di morbo / pestilenziale, e fu l’inizio della peste in questa Terra”.
[46] Testa F., Relazione Istorica della Peste che attaccossi a Messina nell’anno mille settecento quarantatrè, Palermo 1745, pagg. 62-78, per la parziale trascrizione del testo cfr. : Appendice documentaria n.° 1.
[47] Archivio Storico Arcipretura SS. Rosario di Allume, Liber Mortuorum anni 1739 Usque Annum 1792 Matricis Ecllesiae SS. Rosarii Rocce Alumeriae, ff. 7 recto – 10 verso. cfr. Roberto Romeo, La Rocca di Allume, storia e tradizioni cristiane. L’Arcipretura del santissimo Rosario dalle origini ai nostri giorni, Roccalumera 2009, pag. 54.
[48] Ivi, f. 7 verso, edito in: Roberto Romeo , La Rocca di Allume, storia e tradizioni cristiane. L’Arcipretura del santissimo Rosario dalle origini ai nostri giorni, Roccalumera 2009, pag. 54. Trad.: “Il giorno ventiseiesimo di Ottobre. / Domenica Puglisi vedova del fu Bartolomeo Burgio, all’età di anni 70 circa / morì di morbo pestilenziale e il suo corpo fu sepolto fuori dalla Chiesa”.
[49] Testa F., Relazione Istorica della Peste che attaccossi a Messina nell’anno mille settecento quarantatrè, Palermo 1745, pagg. 113-114,
[50] Archivio di Stato di Palermo, Deputazione del Regno, Suprema Giunta Centrale per la Rettifica dei Riveli del 1811, Busta n.° 2788, f.12 recto-verso.
[51] Ivi, ff. 12 recto-verso; 15 recto; 23 recto; 129 recto, 194 recto.
[52] Archivio Amministrativo Curia Arcivescovile ed Archimandritale di Messina, Busta 195, Carte varie.
[53] Ibidem
[54] Seminara A., Roccalumera, un paese da vivere. La memoria recuperata, Enna 1998, pag. 74. I dati forniti sono comprensivi delle borgate a monte dell’abitato: 1951: Sciglio (653), Contrisa (64), Galluffi (21), Case sparse (66); 1961: Sciglio (618), Contrisa (51), Galluffi (3), Case Sparse (61); 1971: Sciglio (567); Contrisa (12); Galluffi (3); Case Sparse (12); 1991: Sciglio (405), non vi sono dati per le contrade a monte ormai quasi del tutto spopolate.
NOTA: I testi sono tratti dal libro di Giuseppe Campagna “Sciglio e i Santi Cosma e Damiano. Storia, fede, tradizione”. Finito di stampare nel mese di Settembre 2011.
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