Storie di Sicilia
LA DENUNCIA DI CROCETTA: “LA MAFIA SI E’ PRESA I TERRENI DELLA RIFORMA AGRARIA”
Una gigantesca serie di “accaparramenti di terreni della Riforma agraria” da parte della mafia si è protratta per molto tempo e “potrebbe far rileggere la storia della riforma agraria in Sicilia”.
PALERMO – 03 Agosto 2013 – E’ la convinzione che orientato il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta a presentare un esposto alla procura di Messina. L’altro ieri Crocetta si è presentato davanti al procuratore Guido Lo Forte per fornire i suoi elementi circa questa storia che racconta di beni della Regione finiti da tempo nelle mani di Cosa nostra. “Non è un caso isolato – spiega Crocetta – ma seguiranno altre denunce alla procure di Palermo e di Caltanisetta. Saranno investire tutte le procure antimafia della Regione siciliana”.
TERRENI DEMANIALI… CEDUTI PER USUCAPIONE – La vicenda denunciata dal presidente Crocetta riguardirebbe una vendita di terreni di proprietà dell’Esa, e quindi della Regione, che risalirebbe ad alcuni anni fa. Una delle tante che il che il governatore annuncia di voler denunciare. Questo caso è emerso, spiega, quando Francesco Calanna, commissario dell’Esa, ha chiesto un parere all’avvocatura dello Stato di Catania, seguita da alcune verifiche catastali, sulla vendita effettuata il 24 maggio 2011 di un fondo rustico di Carlentini di 129 ettari, ceduto per 350 mila euro: “L’avvocato Carmelo Bontempo Scavo, di Tortorici (mai condannato per mafia; ndr), effettuò un atto di vendita cedendo una proprietà similare per 13vmilioni di euro, per una cifra di molto inferiore al suo valore reale”. Ma per Crocetta questi terreni erano di proprietà dell’Esa e non potevano essere ceduti a privati. Bontempo afferma dal notaio di averli acquistati per usucapione, anche se i terreni demaniali non si possono usucapire.
STORIA: LA RIFORMA AGRARIA – La riforma agraria è una ristrutturazione dei mezzi di produzione agricola, in particolare del suolo. Spesso, con questa definizione, si intende una redistribuzione della proprietà delle terre coltivabili attraverso un’espropriazione forzata, indennizzata o no, che l’amministrazione compie nei confronti dei beni posseduti da grandi proprietari, per una successiva redistribuzione gratuita, o a prezzo agevolato, in favore dei coltivatori privi di proprietà. Nella storia ci sono state numerose riforme agrarie, spesso dovute a rivoluzioni o rivendicazioni violente da parte della classe contadina.
IN ITALIA – Il parlamento italiano varò nel 1950 una legge in tal senso, la legge stralcio n. 841 del 21 ottobre.
Il provvedimento, finanziato in parte dai fondi del Piano Marshall, ma anche ostacolato da settori dell’amministrazione americana[senza fonte], fu secondo alcuni studiosi la più importante riforma dell’intero secondo dopoguerra. La riforma proponeva, tramite l’esproprio coatto, la distribuzione delle terre ai braccianti agricoli, rendendoli così piccoli imprenditori e non più sottomessi al grande latifondista. Se per certi versi la riforma ebbe questo benefico risultato, per altri ridusse in maniera notevole la dimensione delle aziende agricole, togliendo di fatto ogni possibilità di trasformarle in veicoli imprenditoriali avanzati.
LATIFONDO IN SICILIA – L’origine del feudalesimo in Sicilia va ricercata in ogni dominazione che ha subito l’isola.
Infatti ogni conquistatore cedeva appezzamenti di terra ai propri uomini d’arme che erano stati fedeli, che divenivano vassalli. Unica eccezione la fecero gli Arabi, che non utilizzarono questo metodo. Il feudo però non era sfruttato perché veniva coltivato in parte a grano e fave mentre il resto veniva lasciato incolto per i pascoli. Il padrone del feudo, che apparteneva al ceto dei galantuomini, si rifugiava nei castelli per via delle rivolte popolari nelle campagne e a guardia lasciava le guardie campestri (o campieri) e le Compagnie d’Armi. Le zone che contavano più feudi erano le province di Palermo, Girgenti (oggi Agrigento) e Caltanissetta.
LA COSTITUZIONE DEL 1812 – L’aristocratico padrone del feudo, chiamato anche barone o galantuomo, godeva del Mero e Misto Imperio, cioè il diritto di amministrare la giustizia civile e penale all’interno del proprio feudo. I Borboni, volendo togliere l’antico potere agli aristocratici ed abbattere il vecchio istituto giuridico feudale, approvarono nel 1812 una Costituzione. Secondo quest’ultima il Mero e Misto Imperio era abrogato insieme a molti altri privilegi.
Dopo il 1812 i baroni si ritirarono nelle grandi città siciliane, lasciando i feudi in affitto tramite un contratto a gabella a guardie, che divenivano i gabellotti.
DECLINO DOPO L’UNITA’ D’ITALIA – La Sicilia era ancora divisa in feudi. Il governo di Giovanni Giolitti tentò di abbattere definitivamente il sistema feudale e sconfiggere il diffuso analfabetismo dell’isola con una serie di riforme, abbandonate a seguito delle pressioni della mafia e del Partito conservatore dei Cappeddi, di cui facevano parte tutti i baroni e gli aristocratici siciliani.
Fonte Wikipedia
Con legge 2 gennaio 1940, n. 1, intitolata “Colonizzazione del latifondo siciliano”, veniva istituito l’Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, posto alle dipendenze del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste, con il compito di assistere, tecnicamente e finanziariamente, i proprietari nell’opera di trasformazione del sistema agricolo produttivo e di procedere direttamente alla colonizzazione delle terre delle quali l’ente acquisisse e la proprietà o il temporaneo possesso.
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale in Sicilia la problematica del passaggio dal latifondo e dal bracciantato alla piccola proprietà contadina, si inserì in un assetto istituzionale del tutto nuovo. Infatti nel 1946 fu istituita la Regione Siciliana a cui venne vennero attribuite competenze esclusive in materia di agricoltura, e vennero affidate alle scelte legislative dell’Assemblea Regionale, “nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato e senza pregiudizio delle riforme agrarie e industriali deliberate dalla Costituente del popolo italiano”, le materie dell’agricoltura e foreste, della bonifica, degli usi civici, dell’incremento della produzione agricola (insieme a quella industriale) e della valorizzazione, distribuzione e difesa dei prodotti agricoli.
La riforma agraria, nelle sue due componenti, di scorpori dei latifondi con assegnazioni e di assistenza tecnica agli agricoltori, fu gestita dall’Assessorato Regionale all’Agricoltura e alle Foreste che si avvalse, nei primi anni dell’Ente per la Colonizzazione del Latifondo Siciliano, che successivamente, nel 1950, assunse la denominazione di Ente per la Riforma Agraria in Sicilia (ERAS) e dei consorzi di bonifica già esistenti. La legge fondamentale per la Riforma agraria in Sicilia è Legge Regionale 27 dicembre 1950, n.104.
Fonte regione.sicilia.it
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