Spiritualità
PAPA FRANCESCO SPIEGA COME FARE A CIVILIZZARE I “NUOVI BARBARI” (parte seconda)
Come fare allora a civilizzare i “nuovi barbari”? Utilizzando il suo stile argentino, Papa Francesco risponde che bisogna “ricominciare da capo”, che significa iniziare dalle piccole cose, educare a “tre o quattro certezze”, ripartire dall’essenziale. Ripartire dalla buona educazione, imparare a dire: “Posso-permesso? “per favore”, “grazie”, “scusa”. Poi, “partire dalle grandi certezze esistenziali. Per esempio, fare il bene per evitare il male rappresenta una delle certezze morali elementari”. Tra le cose fondamentali che Papa Francesco ripete spesso, da prendere in forte considerazione, c’è l’azione del diavolo che vuole farci dubitare della misericordia di Dio. “Credo nell’esistenza del demonio. Forse il suo maggiore successo in questi tempi è stato farci credere che non esiste”.
Il testo che sto commentando di Massimo Introvigne, “Il segreto di Papa Francesco”, Sugarco edizioni (Milano, 2013), scrive che proprio qui sta la chiave dello stile di Papa Francesco: “non una negazione dei vertici della filosofia e della teologia cui ci aveva abituato Benedetto XVI. Ma l’idea che di fronte al ‘regresso antropologico’, prima di arrivare ai vertici, occorre ripartire con pazienza da ‘certezze elementari’ che ci sembrano evidenti ma che a molti evidenti non sono più”. Forse oggi è il caso che molta gente torni a frequentare la scuola elementare, per riscoprire i primi elementi della vita. Una metafora prediletta dal Papa è quella del naufrago, che ricomincia da quello che trova: “deve cominciare a costruirsi una capanna utilizzando le assi della barca affondata”.
Introvigne peraltro si rende conto che il linguaggio un po’ “essenziale” di Francesco, rispetto a Benedetto XVI, non è indolore, né sempre facile da capire o da apprezzare, infatti ci sono uomini e donne appartenenti alla Chiesa che criticano lo stile di Francesco. “Ma quello che va capito è il suo scopo: spogliarsi di molto perché resti e si veda bene l’essenziale”.
In questo anno appena trascorso di pontificato, Papa Francesco lo ha ripetuto più volte: incontrare i naufraghi vuol dire, “uscire dalle sagrestie di una Chiesa autoreferenziale e andare alle periferie dell’esistenza, andare a cercare i poveri”. Ma chi sono i poveri? Questo è un grande tema del Papa. Di poveri ce ne sono di due tipi: “il povero materiale e il povero spirituale”. Per capire il problema ci aiuta il film danese “Il pranzo di Babette”.
Babette era una cuoca in fuga dalla repressione della Comune di Parigi, e si rifugia in un villaggio danese totalmente protestante, qui si viveva in maniera austera e puritana, era“una comunità che non sapeva che cosa fosse la felicità”. Babette vince il primo premio della Lotteria Nazionale e decide di spendere tutto il denaro della vincita per organizzare un memorabile banchetto nel villaggio, con cibi raffinati e i vini migliori. Qualcuno rimprovera a Babette di essere pazza: “ora sarai sempre povera”, ma Babette, risponde: “un’artista non è mai povera”.
La comunità danese dove viveva Babette non era alla fame, ma era povera. Che cosa gli mancava? Era povera perché non aveva la felicità, non conosceva il senso della vita, si era imbarbarita. “La cucina, il vino, lo splendore delle tovaglie, dei piatti, dei bicchieri – tutte cose poco ‘calviniste’ e molto cattoliche – offrono agli abitanti di quella remota landa danese molto di più di qualche aiuto materiale: offrono la bellezza, l’arte, l’occasione di camminare verso la civiltà”. Il Papa, in pratica, ci indica un bel film pieno di grande significato, da vedere, che potrebbe fare tanto bene. Un ultima considerazione sul tema: qui il pauperista, avrebbe detto: perché tutto questo ben di Dio non lo ha distribuito ai poveri? Ha ragione Babette, e ha torto il pauperista, anche quando interpreta in un certo modo alcuni gesti di Papa Francesco. Infatti, “c’è la povertà materiale, che per Bergoglio dev’essere assolutamente affrontata, e c’è la povertà di senso, di felicità, di civiltà, patita da donne e uomini a loro modo nuovamente imbarbariti che devono essere civilizzati”. Ritorna il grande tema dell’arte, della bellezza. Peraltro, la bellezza esiste anche nell’arredamento e nella gastronomia. Il pensatore cattolico brasiliano Plinio Correa de Oliveira (1908-1995) a questo proposito era convinto che anche le“arti minori, danno un contributo decisivo alla genesi di tendenza verso il bello, antidoto al moderno dilagare del brutto e primo elemento per civilizzare i nuovi barbari proprio come avvenne con i ‘gauchos’ argentini cui erano offerti cultura, Chiesa e diritto.
La grande arte può svolgere un ruolo importante. La comunità luterana, scrive Introvigne non sbagliava a dare importanza alla Croce, “ma doveva imparare a non separare la Croce dalla gioia”. Certo non dobbiamo trascurare la povertà materiale, e Papa Francesco non lo fa, ma bisogna ricordare sempre che non di solo pane ha bisogno l’uomo vittima del ‘regresso antropologico’”.
Oggi stiamo vivendo un periodo di crisi, in tutti gli ambienti, da quello morale a quello ambientale, fino a quello economico. Di fatto le tre crisi sono legate. In una udienza del 5 giugno 2013, Papa Francesco, ha collegato l’ecologia ambientale, all’ecologia umana, troppo spesso ignorata anche da tanti ecologisti. “La persona umana oggi è in pericolo, ecco l’urgenza dell’ecologia umana!” Da dove viene questo pericolo? “La causa del problema non è superficiale, ma profonda (…) è etica e di antropologia”. Per Papa Francesco, oggi “ciò che domina sono le dinamiche di un’economia e di una finanza carenti di etica(…) il denaro, i soldi comandano”, sull’uomo. E di conseguenza, “uomini e donne vengono sacrificati agli idoli del profitto e del consumo: è la ‘cultura dello scarto’”, questa è un’espressione che il Papa aveva già usato spesso in Argentina con riferimento all’aborto e all’eutanasia “silenziosa” praticata negli ospedali per liberare posti letto.
La “cultura dello scarto”, ormai “contagia tutti” e ci porta ad invertire la gerarchia tra le necessità e i valori. “Se si rompe un computer è una tragedia, ma la povertà, i bisogni, i drammi di tante persone finiscono per entrare nella normalità”. Allora prima dobbiamo prenderci cura degli uomini, di tutti gli uomini, dai nascituri agli anziani, dal concepimento alla morte naturale. Alla prossima con lo straordinario Papa Francesco.
Rozzano MI, 28 febbraio 2014 S. Romano abate
DOMENICO BONVEGNA
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