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Il Barocco Siciliano. Architettura, Scultura Decorazione e Pittura
Il termine “barocco” è stato coniato nel corso del ‘700 per indicare lo stile delle “forme che volano” e per contrapporre l’enfasi, l’esagerazione del Seicento alla sobrietà razionale dell’Illuminismo settecentesco; assume infatti, sfumatura negativa per la probabile etimologia portoghese (barocco = perla irregolare), e perché richiama alla mente il nome di un sillogismo in cui la logica della figura non determina la chiarezza del contenuto. Nonostante il Barocco sia stato ampiamente rivalutato alla fine dell’Ottocento, attualmente il termine è ancora utilizzato in maniera spregiativa per indicare un’artificiosità esageratamente ricercata.
Le radici del barocco risalgono all’arte italiana del tardo XVI secolo. Come reazione al manierismo, caratterizzato dall’imitazione di temi e soggetti ripresi dalla tradizione e dall’inquieto tentativo del loro superamento attraverso l’enfatizzazione spesso bizzarra, del difforme, dell’asimmetrico e dei contrasti cromatici, molti artisti furono animati da un desiderio di ritorno al naturalismo.
Sulle ceneri del terribile terremoto del 1693, che distrusse gran parte dei centri abitati della Sicilia orientale, furono riedificate alcune tra le più importanti e belle città, tra le quali: Catania, Acireale, Noto e Modica, per mano di architetti ed artisti, tra i quali il Gagliardi, il Sinatra, il Vaccarini, che ispirarono la loro opera allo stile barocco. Queste città, pur vantando antichissime tradizioni e conservando ancora vestigia della cultura greco-romana e di quelle successive, mantengono oggi un’impronta essenzialmente barocca. Si tratta di un barocco originale, comunemente chiamato barocco del Val di Noto, che si differenzia tra una città e l’altra soprattutto per l’utilizzo dei materiali da costruzione. Si passa infatti, dal barocco grigio-scuro di Catania, modellato sulla pietra lavica, ad barocco rosato (o miele, foto in alto) di Noto. Compiendo questo itinerario si può cogliere uno stile che caratterizza ancora ai nostri giorni queste stesse città; quello stile barocco che, pur evidenziando l’originalità costruttiva di ciascuna di esse, le accomuna come in un’unica, grande scenografia architettonica ed artistica.
All’inizio del XVII sec., l’amministrazione dei vicerè spagnoli intraprende la costruzione di un centinaio di nuove città, per soddisfare le esigenze di un vasto programma territoriale. Con il terremoto del 1669 e quello ancor più terribile del 1693, che distruggono quasi tutta la parte sud-orientale dell’isola, la riedificazione delle città viene immediatamente intrapresa sotto l’impulso delle autorità locali, dell’aristocrazia, degli urbanisti (Frà Michele La Perla, Frà Angelo Italia), e degli architetti (Vaccarini, Ittar, Vermexio, Palma e Gagliardi). Il sisma aveva aperto un immenso squarcio da Catania a Siracusa, toccando inoltre Avola, Noto, Scicli, Modica, Ragusa, Vittoria, Lentini e Grammichele. Il barocco siciliano si concentra quindi in questa parte dell’isola e nei dintorni di Palermo (Bagheria e Trapani), sede del potere.
ARCHITETTURA E ROSARIO GAGLIARDI
Per la maggior parte formati a Roma, gli architetti si ispirarono ai capolavori del barocco romano, superandolo a volte in un eccesso di forme, volumi e temi scelti per la decorazione scolpita. Il sentimento di fragilità della vita nei confronti delle forze della natura si traduce in un approccio dell’arte ormai lontano dalla ricerca del bello. La derisione, l’eccesso, la morte, la sofferenza e addirittura la bruttezza (della vecchiaia, della miseria, della deformazione fisica) si ritrovano nei motivi decorativi. Le forme contorte, adatte alle strutture architettoniche, si rivelano perfette per il ricco rivestimento di facciate e interni.
Così succede a Noto, interamente ricostruita dopo il terremoto del 1693, che rappresenta una perfetta illustrazione dell’omogeneità del barocco urbano siciliano, essendo stata progettata come un ampio teatro. Le prospettive “accelerate” vengono create dall’allineamento delle cornici nelle viuzze in salita, le ricche decorazioni delle facciate offrono un tocco d’animazione alle strade, mentre gli ornamenti che incorniciano le finestre e i balconi minuziosamente lavorati celebrano l’arte degli scultori e dei maestri ferrai.
Quest’eccezionale insieme viene interamente ideato da un solo uomo, l’enigmatico Rosario Gagliardi, di cui si conoscono unicamente la data di nascita (a Siracusa nel 1680) e quella di morte, avvenuta a Noto nel 1726. Il più grande architetto barocco dell’isola, il cui incommensurabile lavoro è tutto concentrato in questa minuscola area, è anche attivo nelle due città vicine a Noto, ossia Ragusa e Modica.
A Ragusa, egli edifica le chiese di San Giuseppe e San Giorgio. Quest’ultima è preceduta da una bella scalinata monumentale e da una lunga piazzetta, che esaltano trionfalmente la sua facciata dove le numerose statue sembrano muoversi e vibrare. Gagliardi, forse aiutato da altri architetti netini, progetta inoltre, per Modica – la vicina rivale di Ragusa – la pianta della magnifica chiesa di San Giorgio, riconoscibile dalla sua slanciata torre campanaria.
Maestosi interventi anche a Catania, “riedificata” da Giovanni Battista Vaccarini (Palermo, 1702 – Milazzo, 1769) che, durante il suo apprendimento a Roma sotto la guida di Carlo Fontana scopre la geniale creatività del grande e tormentato architetto Borromini. Tornato in Sicilia intorno al 1730, Vaccarini dedica trent’anni della propria vita alla ricostruzione della città di Catania (facciata del Duomo e Palazzo Senatorio o degli Elefanti). La fontana dell’Elefante (in pietra di lava) rievoca quelle erette dal Bernini a Roma (1735), ma la sua maggiore opera d’arte è senza alcun dubbio la Badia di Sant’Agata: a pianta ellittica, presenta una facciata che ricorda, per le sue ondulazioni, la chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane a Roma, opera di Borromini. In provincia si devono segnalare i centri di Acireale, Militello in Val di Catania, Vizzini, Licodia Eubea, Grammichele, Mineo e Castiglione.
Anche Palermo possiede numerosi edifici d’ispirazione romana, dovuti ad uno dei principali architetti, Giacomo Amato, di origine palermitana (1643-1732) ma formato a Roma. Il suo stile è caratterizzato dall’impiego di motivi decorativi appartenenti all’architettura romana del XVI sec.: la chiesa di Santa Teresa alla Kalsa (1686), quella della Pietà con le sue colonne salienti che formano due imponenti piani (1689), la chiesa del SS. Salvatore con la sua cupola ellittica e numerosi palazzi privati ne costituiscono le testimonianze. Tra tutti i monumenti barocchi di Palermo, come Porta Felice e Porta San Domenico, le fontane e le facciate situate al crocevia dei Quattro Canti nel centro storico, caratterizzano pienamente lo stile barocco. Le nuove dimore aristocratiche iniziano anch’esse ad ostentare la propria ricchezza, rivestendosi di decorazioni stravaganti, come ad esempio i palazzi Mirto e Butera.
Tra i palazzi barocchi, quelli di Bagheria, situata a pochi chilometri da Palermo, (foto a lato), sono sicuramente i più rappresentativi dell’arte barocca siciliana. Tra queste raffinate ville, con saloni, dalla lussuosa mobilia e giardini popolati di statue, spiccano villa Cattolica, villa Trabia, villa Butera, villa Valguarnera e villa Palagonia, nota per la sovrabbondanza delle sue decorazioni. Eretta intorno al 1715 su ordine di Ferdinando-Francesco Gravina, principe di Palagonia, per un frate predicatore, Tommaso Maria Napoli, questa dimora viene arricchita intorno al 1746 da un’esuberante decorazione voluta dal nipote, Ferdinando Gravina Alliata. La villa diviene allora il monumento simbolo dell’assurdo, nota in tutta l’Europa dell’Illuminismo ancor prima della visita di Goethe nel 1787.
Il barocco, si diffonde in Sicilia, grazie anche alle precedenti influenze arabe e bizantine che hanno abituato i siciliani ad uno stile impreziosito di marmi e dorature. L’importanza attribuita ai dettagli contribuisce alla nascita di numerosi artisti che vengono ispirati dall’esuberanza delle forme e dalla ricchezza delle decorazioni: le grate vengono minuziosamente lavorate, i balconi sono sorretti da mensole con varie figure spesso sogghignanti e derisorie, si studia approfonditamente la disposizione dei volumi e i lavori ad intarsi in pietre policrome rivaleggiano per diversità e fantasia. Inoltre, a differenza del barocco peninsulare, in Sicilia esso si estende all’urbanesimo e all’architettura.
SITUAZIONE STORICA E CARATTERI STILISTICI: SCULTURA E DECORAZIONE
Il barocco, che in Spagna raggiunge il suo apogeo nella seconda metà del XVII sec., si diffonde quasi contemporaneamente pure in Sicilia, grazie anche alle precedenti influenze arabe e bizantine che hanno abituato i siciliani ad uno stile impreziosito di marmi e dorature. La profusione diviene in quegli anni la base di ogni elemento scultoreo e decorativo. All’interno degli edifici religiosi, le pale d’altare si ornano di pannelli marmorei scolpiti in rilievo e di colonne tortili, mentre le cornici e i frontoni sono arricchiti da figure di angeli.
Tra i numerosi artigiani che fanno uso del marmo, dello stucco e della decorazione policroma, si impone in particolar modo Giacomo Serpotta (1652-1732). Dopo la formazione a Roma egli torna a Palermo, la sua città natale, per realizzare la statua equestre di Carlo II ed iniziare poi una carriera di decoratore specializzato in stucchi: l’oratorio di San Lorenzo (1686-96), l’oratorio di Santa Cita (1686-88) e l’oratorio del Rosario a San Domenico (intorno al 1714-1717), sono interamente ornati di figure e di cartocci in rilievo, i cui particolari appaiono spesso molto delicati. Serpotta si dedica inoltre all’arricchimento di numerose chiese, tra cui la chiesa della Gancia e quella del Carmine. In tarda età, egli realizza la decorazione delle chiese di San Francesco d’Assisi (1723) e di Sant’Agostino (1726-28, con alcuni suoi allievi), dove i bassorilievi adorni di scenette testimoniano il completo raggiungimento di un raro virtuosismo. Massimo esponente della scultura barocca siciliana, Serpotta viene inoltre considerato il precursore delle caratteristiche forme appartenenti al rococò.
LA PITTURA BAROCCA E IL CARAVAGGIO
I pittori barocchi sono principalmente interessati alla ricerca sia di effetti prospettici e a “trompe-d’oeil” che di composizioni con figure diagonali o a spirale. I temi scelti per la realizzazione delle opere ricordano alcune scene della storia sacra o finzioni allegoriche. La figura più rappresentativa di questo movimento è sicuramente il Caravaggio. Michelangelo Merisi (1573-1610), detto il Caravaggio dal nome del suo villaggio natale situato vicino a Bergamo, inizia la sua carriera nel 1588 a Roma presso il cavaliere d’Arpino. Per il suo temperamento piuttosto litigioso, è costretto nel 1605 a lasciare la città per raggiungere Napoli, poi Malta ed infine la Sicilia. Ai margini di ogni convenzione artistica, lo stile del Caravaggio è caratterizzato dalla drammaticità delle sue figure, evidenziate dagli effetti di chiaroscuro: durante il periodo trascorso in Sicilia, l’artista esegue importanti opere, tra cui Il Seppellimento di Santa Lucia (1609), oggi conservato a Palazzo Bellomo a Siracusa, L’Adorazione dei pastori e La Resurrezione di Lazzaro, custodite nel museo di Messina. Questi dipinti ispirano in seguito numerosi artisti quali Alfonso Rodriguez (1578-1648) e Pietro Novelli (1603-1647), quest’ultimo influenzato inoltre dal pittore olandese Van Dyck, che soggiorna a Palermo nel 1624. La Madonna del Rosario, che si trova nell’oratorio della chiesa di San Domenico, costituisce una delle testimonianze del suo passaggio in Sicilia.
19 Maggio 2014
NOTA: Nella foto in basso, Villa Palagonia a Bagheria (un drago fra i tanti mostri e figure grottesche delle mura perimetrali).
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