Storie di Sicilia
SICILIA DELL’ARTE: STORIA DI UNA GRANDE BELLEZZA
Le prime espressioni artistiche sul suolo siciliano risalgono alla preistoria: graffiti e pitture rupestri sono stati rinvenuti presso le Grotte dell’Addaura (Palermo), nella Grotta di San Teodoro (Messina) e nelle Grotte in località Cala del Genovese (Levanzo). Durante il Neolitico, mentre vengono sviluppandosi le prime culture indigene (Stentinello, Lipari), che hanno lasciato consistenti tracce di manufatti ceramici e terrecotte, si vanno intensificando le relazioni con le prime forme di cultura egea emergenti nel bacino mediterraneo. L’avvento dei Siculi, che si sovrappone alle preesistenti culture, prelude alla prima colonizzazione operata dai Fenici attorno all’XI sec. a.C., allorchè si costituirono le prime colonie a Palermo, Solunto e Mozia.
A partire dell’VIII sec. a.C. è la volta dei Greci che in varie fasi si stanziano nell’isola, introducendo probanti testimonianze della loro arte che parzialmente ci sono pervenute nella loro splendida magnificenza; basti ricordare per l’architettura il Teatro di Siracusa, certamente il più significativo tra i tanti in Sicilia, i maestosi Templi di Agrigento e Selinunte, il Tempio di Segesta, il Castello Eurialo di Siracusa, ed un’infinita profusione di resti di antiche sedi, necropoli e sepolcreti. I musei dell’isola offrono preziosi spaccati sulla pittura (ceramiche ed anfore dipinte) e la scultura, basti ricordare l’Efebo in marmo del Museo di Agrigento dove è custodito anche uno dei Telamoni del Tempio di Giove, ed ancora le sculture e le metope dei Templi selinuntini (Museo di Palermo), i bronzi e gli ornamenti scultorei di edifici templari (Museo di Siracusa).
La colonizzazione romana ha lasciato probanti testimonianze architettoniche a Catania (Teatro, Anfiteatro), Siracusa (Anfiteatro), Palermo (resti di abitazioni a Villa Bonanno) e Taormina (rifacimento del Teatro Greco e Naumachie). Tra le arti figurative domina su tutto l’eccezionale ciclo musivo della Villa del Casale (Piazza Armerina), mentre nei vari musei sono visibili sculture romane in prevalenza ispirate a modelli della classicità greca.
Nel periodo normanno si assiste ad una straordinaria fioritura artistica che sintetizza e porta al più elevato livello di splendore i germi di arti ben definite che erano stati precedentemente espressi da Bizantini (trasformazione dei Templi in edifici basilicali cristiani) ed Arabi (costruzione di palazzi, residenze ed edifici di culto improntati al tipico stile orientaleggiante). Sorgono così a Palermo la splendida Cattedrale, le Chiese della Martorana e di S. Giovanni degli Eremiti che conserva una marcata impronta araba, i palazzi della Cuba e della Zisa, lo stesso Palazzo dei Normanni con la Cappella Palatina. In quest’ultima e nelle cattedrali di Cefalù e Monreale il fervido e fantasmagorico tessuto musivo raggiunge ineguagliabili ed inestimabili preziosismi stilistici.
PALAZZO DEI NORMANNI (Palermo)
Il Palazzo dei Normanni è uno dei monumenti più significativi di Palermo per le vicende storiche cui è stato protagonista e per il suo valore artistico. Edificato già sotto la dominazione degli Arabi, che consolidarono le strutture e ne costituirono “Palazzo degli Emiri”. In epoca normanna fu ampliato, ristrutturato e venne abbellito nei numerosi ambienti con diversi capolavori pittorici, scultorei ed architettonici. Qui risedettero i re normanni e svevi, che non solo ne fecero il centro politico di Palermo, ma anche l’ideale nucleo culturale della città come sotto Federico II che ne fece il centro propulsore di quella scuola siciliana che fu parte attiva ed integrante delle prime fasi della letteratura italiana.
Lo splendore, che caratterizzò per tanti anni la sede dei reali di Sicilia, conobbe, con la fine della dinastia sveva, una brusca interruzione ed allora il palazzo cadde per lungo tempo in uno stato di quasi totale abbandono e degrado (da questo stato si salvò solo la Cappella Palatina e la Sala di Ruggero), dal quale si riprese solo nel XVI sec. quando gli Spagnoli, per volontà dei loro vicerè, decisero di porvi di nuovo la sede del loro potere e quindi iniziarono una decisiva opera di restauro e di trasformazione.
Il Palazzo è composto da corpi di età diversa: la maestosa facciata, oggi ingresso principale dell’edificio è del XVII-XVIII secolo; la Torre Pisana, sede dell’osservatorio astronomico, si eleva a destra insieme alla splendida Cappella Palatina, ricca di antichi mosaici. Attraverso i secoli il Palazzo Reale fu oggetto di numerosi rimaneggiamenti e mascherato da ricostruzioni tali da far supporre che, della antica fabbrica arabo-normanna, fosse rimasto ben poco.
Nel 1921, per iniziativa del Ministero della Pubblica Istruzione, si dava corso a importanti lavori di ripristino e restauro, per riportare le parti più antiche alla loro condizione originaria. Vennero ritrovati vari ambienti quali: la stanza dei tesori, con le caratteristiche giare infisse nel pavimento che servivano a contenere le monete d’oro e altre ricchezze dei sovrani Normanni e Svevi; le prigioni politiche formate da robuste, spesse mura con anguste feritoie; la sala degli Armigeri, severo ambiente di intonazione militare con una bella volta a crociera e altri vani, scale e trabocchetti.
Nel piano superiore dell’edificio sin trovano gli Appartamenti Reali, dove troviamo stanze specifiche per le varie funzioni alle quali veniva attribuito il nome a seconda del colore della tappezzeria che ricopriva le pareti. Una di queste stanza è ancora utilizzata come sede del Parlamento Siciliano.
IL PALAZZO DELLA ZISA (Palermo)
La Zisa, edificio XII secolo, risale al periodo della dominazione normanna in Sicilia. La sua costruzione fu iniziata sotto il regno di Guglielmo I e portata a compimento sotto quello di Guglielmo II. La Zisa delle origini era una residenza estiva creata nelle vicinanze della città per il riposo e lo svago del sovrano.
L’architettura del periodo gotico è sostanzialmente di tipo difensivo: castelli, roccaforti e fortezze non si contano in Sicilia; ricorderemo tra i tanti il catanese Castello Ursino ed il siracusano Castel Maniace. Dalla Spagna giungono gli influssi catalani che lasceranno indelebili tracce dell’espressione del gotico fiorito, che costituisce una nota ricorrente nell’ornamentazione di palazzi e chiese, con un’abbondante profusione di portali, finestre, elementi decorativi.
Parallelamente si sviluppa l’edilizia privata dei grandi casati nobiliari che si esprime in poderose e stilisticamente perfette dimore fortificate: valga per tutti l’esempio dei Chiaramonte, che nei numerosi Steri hanno lasciato una persistente impronta, che sarà da loro detta “chiaramontana”.
Tra il XV ed il XVI secolo l’arte siciliana esprimerà con il genio pittorico di Antonello da Messina una delle più luminose pagine nella pittura europea del tempo. Tra gli altri pittori sono da ricordare i De Saliba e Iacobello da Messina. Nel campo della scultura è da segnalare l’interpretazione rinascimentale che ne dettero i Gagini: da Domenico il capostipite, ai figli Antonello e Antonuzzo, la loro inconfondibile impronta segna un po’ in tutta la Sicilia l’ornamentazione di chiese e basiliche, con rilevante profusione di sculture, archi e bassorilievi finemente lavorati. Un’altra figura di considerevole rilievo nell’arte scultorea del periodo fu quella di Francesco Laurana.
L’espressione barocca in Sicilia (XVII-XVIII sec.) è tra le più compiute forme di quell’arte che ha conosciuto una sua valenza fisionomica tanto da essere nota con la dizione di Barocco Siciliano. Sotto il profilo architettonico è tutto un fiorire di iniziative che delineano l’immagine delle chiese del Ragusano, basti ricordare l’indelebile impronta lasciata dal Gagliardi con il S. Giorgio del capoluogo e con l’omonima di Modica; di molti altri centri nell’isola, mentre Palermo vede splendere per magnificenze e monumentalità di schietto sapore ispanico i suoi quartieri e le sue vie. Nell’immenso coacervo di architetture barocche una nota a sé stante è costituita da Catania e da un’infinità di centri minori che devono la loro fisionomia settecentesca alle massicce ricostruzioni operate dopo il terremoto del 1693 e che sono in gran parte attribuite alla mano dell’architetto Vaccarini.
GIOVANNI BATTISTA VACCARINI
Architetto (Palermo 1702-Milazzo 1769). Studiò a Roma, alla scuola di C. Fontana e all’Accademia di S. Luca; la sua architettura venne influenzata dall’opera del Borromini. Trasferitosi a Catania nel 1730, vi lavorò per trent’anni, dedicandosi attivamente alla ricostruzione della città distrutta dal terremoto del 1693; progettò non solo singoli edifici, ma anche la sistemazione urbanistica di interi quartieri. Le sue opere, caratterizzate dalla fusione tra modi costruttivi e materiali locali e motivi spaziali del barocco romano (rifacimento della facciata del palazzo senatorio, 1732-50; facciata della cattedrale, 1734; chiesa di S. Agata, 1735-67; fontana dell’Elefante, 1736; casa Vaccarini; palazzo Valle; cortile del collegio Cutelli, 1754), condizionarono non solo l’architettura locale, ma anche quella dell’intera parte orientale dell’isola.
Nel campo della pittura del tempo non è da trascurare il considerevole apporto derivato dalla presenza in Sicilia di illustri artisti quali il Caravaggio e Antonis van Dyck. Nel XIX secolo l’architettura isolana è improntata dal Neoclassicismo che ha lasciato considerevoli tracce a Palermo (Orto botanico e Teatro Massimo) ed allo stile Liberty impersonato dall’architetto Basile (Villa Igiea, Villino Florio).
06 Marzo 2014
NOTA: Nella foto in alto, Palazzo dei Normanni (Palermo), attuale sede dell’Assemblea Regionale Siciliana.
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