Fiumedinisi
FIUMEDINISI. CITTA’ METROPOLITANE: IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SCRIVE AL C. R. ARONICA
Oggetto: ddl 642 Istituzione dei liberi consorzi comunali e delle città metropolitane. (il testo integrale della lettera).
Preg.mo Signor Prefetto, nella qualità di Presidente del Consiglio comunale di Fiumedinisi (ME), mi permetto di scriverLe per segnalarLe alcune disposizioni del ddl in oggetto che, a parere dello scrivente, rischiano di determinare un vero e proprio corto circuito istituzionale ledendo, tra l’altro, l’autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, impositiva e finanziaria, riconosciuta dalla nostra Costituzione a ciascun ente locale. Non potendo attivare specifici strumenti di tutela avverso scelte legislative regionali che incidono profondamente sul futuro della nostra Comunità, mi rimetto alla Sue autorevoli valutazioni, con l’auspicio che Ella possa farsi garante e interprete autentico del principio costituzionale di leale collaborazione. Animato da tale spirito collaborativo e nell’ossequioso rispetto del ruolo ad Ella riservato dallo Statuto regionale, mi sia consentito consegnarLe, seppur inusitatamente, alcune modeste considerazioni personali sul provvedimento in oggetto:
Articolo 1, commi 1 e 2. Le disposizioni in oggetto appaiono in contrasto con l’art. 7 commi 1 e 2. Difatti, la norma rischia di creare una duplicazione di enti con particolare riferimento a quei Comuni, tra cui Fiumedinisi, territorialmente appartenenti sia alla corrispondente Provincia regionale di cui all’art. 1 (in questo caso Messina) sia all’area metropolitana di cui all’art. 7. Così come concepita, la norma appare contraddittoria ed illogica determinando ab origine una sovrapposizione nelle ripartizioni territoriali di area vasta; Articolo 1, comma 5. Si prevede, tra l’altro, la “interazione funzionale fra le piante organiche dei Comuni appartenenti al libero Consorzio”. La disposizione appare lacunosa nella misura in cui non specifica le modalità attraverso cui dovrebbe realizzarsi la suddetta interazione, atteso che, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, la materia de qua rientra nell’ambito dell’autonomia regolamentare riconosciuta ai singoli Comuni. Inoltre, occorre evidenziare come il carattere meramente enunciativo contrasti con la necessità di garantire il rispetto puntuale dei vincoli di finanza pubblica in materia di spesa per il personale, soprattutto con riferimento alle situazioni di deficitarietà strutturale di cui al d.lgs.267/2000;
Articolo 1, commi 6 e 7. Si prevede, tra l’altro, che “..i liberi Consorzi esercitano le funzioni già attribuite alle Province regionali mantenendo la titolarità dei relativi rapporti giuridici” e “..continuano ad utilizzare le risorse finanziarie, materiali e umane già di spettanza delle corrispondenti Province regionali”. Il trasferimento della titolarità dei rapporti giuridici appare in tal modo confinato a mera enunciazione di principio, senza che vengano specificate le modalità tecniche e le necessarie coperture finanziarie. Ad esempio, con riferimento alle entrate, non è ben chiaro come sia possibile incidere tout court sulla potestà impositiva delle soppresse Province, senza modificare contestualmente la normativa statale di riferimento. Lo stesso dicasi per i trasferimenti dello Stato, giuridicamente imputabili alle Province e non ai Liberi Consorzi. Ancor più delicato appare il trasferimento della titolarità dei rapporti passivi, atteso che le operazioni di indebitamento già avviate dalle Province Regionali sono indissolubilmente legate ad una preventiva valutazione di sostenibilità economico-finanziaria e di rispetto dei vincoli di finanza pubblica. Le condizioni di sostenibilità dell’indebitamento non possono essere automaticamente trasferite ai nascituri Consorzi, tenuto conto, tra l’altro, che la composizione territoriale e la conseguente “dotazione” di risorse economico-finanziarie dei Consorzi potrebbe divergere significativamente rispetto alle soppresse Province. Nessun accenno, inoltre, alle modalità attraverso cui si dovrà procedere al trasferimento della titolarità dei contratti già stipulati dalle Province, ad esempio per appalti, forniture e servizi nonché per il personale dipendente. Anche l’eventuale riparto pro quota degli oneri debitori delle soppresse Province tra i singoli Liberi Consorzi risulta difficilmente applicabile, atteso che nel medesimo territorio di riferimento della singola Provincia Regionale potrebbero costituirsi più Consorzi.
La questione riveste particolare importanza per i debiti derivanti da investimenti infrastrutturali localizzati nei Comuni della soppressa Provincia (es. mutui contratti per la realizzazione di plessi scolastici). Ad esempio, se il singolo Comune presso cui si è realizzata l’opera dovesse distaccarsi dal Libero Consorzio di appartenenza, l’onere debitorio dovrebbe gravare su chi effettivamente beneficia dell’investimento e non certo sul Libero Consorzio “subentrato” ex lege alla soppressa Provincia (che aveva originariamente contratto il mutuo). Per tali ragioni, appare quantomeno censurabile la scelta del legislatore regionale di rinviare a legge successiva la disciplina di dettaglio dei rapporti finanziari tra Province Regionali e Liberi Consorzi, tenuto conto che le disposizioni in oggetto presentano, invece, un carattere precettivo e immediatamente lesivo dell’autonomia finanziaria dei singoli Comuni. Infatti, l’art. 2, comma 6 prevede che il Governo della Regione presenti all’Assemblea regionale siciliana il relativo disegno di legge solo dopo l’avvenuta trasmissione delle delibere dei singoli Consigli comunali all’Assessorato regionale. In tal senso, l’assenza di una qualsivoglia clausola di salvaguardia in merito alla copertura finanziaria delle funzioni trasferite ai liberi Consorzi o di una norma che fissi, quantomeno, i principi regolatori sulla titolarità dei rapporti giuridici preesistenti, costringerà i singoli Consigli comunali ed il corpo elettorale ad assumere le proprie determinazioni “a scatola chiusa”. Non disponendo di sufficienti elementi di valutazione né garanzie in merito alla consistenza delle risorse finanziarie disponibili a fronte di impegni di spesa già assunti dalle soppresse Province, si rischia di effettuare scelte in grado di pregiudicare l’equilibrio strutturale dei bilanci comunali.
Articoli 4, 5 e 6. Disciplinano gli organi dei liberi consorzi. Ai sensi dell’art. 1, comma 3, al Libero Consorzio si applicano, tra l’altro, le disposizioni in materia di status degli amministratori comunali. La vigente normativa statale in materia di incompatibilità di incarichi prevede l’incompatibilità, tra l’altro, della carica di Sindaco con quella di Presidente della Provincia (così come con quella di 3 consigliere e assessore provinciale). La ratio di tale normativa si rinviene nell’esigenza di evitare possibili conflitti di interesse e ll’accentramento di poteri decisionali in capo al medesimo soggetto. Le disposizioni di cui agli articoli 4, 5 e 6 appaiono, quindi, in contrasto con la ratio della normativa statale, nella misura in cui prevedono che il Presidente del Libero Consorzio, seppur carica elettiva di secondo grado, sia uno dei Sindaci dei Comuni appartenenti al Consorzio stesso. Lo stesso dicasi per i Sindaci che ricopriranno la carica di assessore.
Articolo 5, commi 1, 7 e 8. Si prevede che il Presidente del Libero Consorzio sia eletto dai consiglieri comunali e dai sindaci dei Comuni aderenti allo stesso. I consiglieri comunali però non fanno parte dell’Assemblea del Consorzio di cui all’art. 4 e, quindi, appare poco chiaro in quale sede e con quali modalità possano esprimere la loro preferenza. Lo stesso ragionamento può essere fatto valere con riferimento all’eventuale mozione di sfiducia disciplinata dall’art. 5, commi 7 e 8. Infatti, il comma 7 prevede che il Presidente possa essere sfiduciato con mozione motivata approvata, a maggioranza assoluta dei voti, dai consiglieri comunali e dai sindaci dei comuni appartenenti al libero Consorzio. Il comma 8 specifica, però, che la suddetta mozione sia presentata da almeno un quinto dei componenti dell’Assemblea e posta in votazione previa delibera dell’Assemblea a maggioranza assoluta dei componenti. Se, ai sensi dell’art. 4, i consiglieri comunali non siedono nell’Assemblea, non si comprende come possano eventualmente presentare e votare la relativa mozione di sfiducia. Articolo 9.Contiene le norme per il distacco e l’adesione alle Città metropolitane. Con riferimento al Comune di Fiumedinisi (cosi come per tutti i Comuni appartenenti territorialmente sia alla soppressa Provincia Regionale sia all’area metropolitana di cui all’art. 7), nel caso in cui si decida il distacco dalla città metropolitana e l’adesione ad un diverso Libero Consorzio costituito ai sensi dell’art. 2, si profila, a prima vista, la necessità di una doppia deliberazione.
Difatti, ai sensi dell’art. 9, affinché il Comune possa distaccarsi dalla città metropolitana (in cui è stato ricompreso ex lege) sarà necessaria una deliberazione del consiglio comunale, adottata a maggioranza assoluta dei componenti. Tale deliberazione comporterà automaticamente l’adesione al libero Consorzio di appartenenza (nel caso di specie quello territorialmente coincidente con la soppressa Provincia Regionale di Messina). Per poter aderire ad un Libero Consorzio diverso da quello di appartenenza, ai sensi dell’art. 2, sarà invece necessaria una deliberazione di consiglio comunale, questa volta adottata a maggioranza dei due terzi dei componenti e subordinata all’esito favorevole di un referendum confermativo. La norma non chiarisce, quindi, se i Comuni ricompresi nelle aree metropolitane di Palermo, Catania e Messina possano direttamente procedere alla costituzione e adesione a ulteriori liberi Consorzi, secondo le procedure di cui all’art. 2 o se, invece, vi sarà un aggravio procedimentale dovendosi preventivamente deliberare il distacco dalla città metropolitana, ai sensi dell’art.9. In quest’ultima ipotesi è evidente la palese discriminazione rispetto ai Comuni non ricompresi nell’area metropolitana. Infine, andrebbe specificato se le due deliberazioni debbano essere adottate nel termine di 6 mesi o se tale termine si intenda invece raddoppiato. Articolo 11. Si prevede che la Regione proceda alla razionalizzazione, accorpamento o soppressione degli enti, agenzie od organismi comunque denominati, che esercitano funzioni in tutto o in parte coincidenti con quelle attribuite ai liberi Consorzi e alle Città metropolitane. Ciò appare coerente con la previsione di cui all’art. 1, comma 5, ai sensi del quale i liberi Consorzi possono esercitare in forma unitaria funzioni e servizi dei Comuni che vi appartengono. In tal senso è evidente il rischio di una sovrapposizione di competenze con le Unioni di Comuni già costituite le quali, verosimilmente, esercitano in forma associata numerose funzioni, anche solo in parte coincidenti con quelle attribuite ai liberi Consorzi e alle Città metropolitane. 4
Andrebbe quindi verificata l’effettiva compatibilità tra i due livelli di governo sovracomunale, tenuto conto che il provvedimento in oggetto non contiene alcuna norma di coordinamento con le previsioni di cui all’art. 32 TUEL. Articolo 12. La disposizione in oggetto, a parere dello scrivente, determina un’immediata e grave lesione dell’autonomia degli Enti locali e dei principi costituzionali di leale collaborazione e sussidiarietà, nella parte in cui disciplina le condizioni per il distacco dal libero Consorzio o dalla Città Metropolitana. In particolare, la norma impone che il distacco dal libero Consorzio possa avvenire a condizione che la popolazione complessiva non risulti inferiore a 150.000 abitanti ovvero non si interrompa la continuità territoriale tra i Comuni che ne fanno parte. Parallelamente, il distacco di un Comune dalla città metropolitana non è ammesso se, per effetto del distacco, si interrompa la continuità territoriale o venga meno la dimensione sovracomunale. Come è evidente, tali condizioni finiscono con il ridimensionare fortemente l’autonomia decisionale delle istituzioni e delle popolazioni locali, innescando un effetto domino difficilmente controllabile e un caos istituzionale. Difatti, la decisione di un singolo Comune finirà per interferire necessariamente sulla libera determinazione dei Comuni confinanti.
La volontà popolare, espressa mediante referendum confermativo, risulterà, quindi, del tutto compressa e viziata da decisioni assunte in altre sedi. Ancor più irrazionale risulta l’utilizzo di un criterio meramente cronologico al fine di assicurare il rispetto delle condizioni su esposte. Si ritiene che, nella storia repubblicana non esistano precedenti normativi di siffatta specie. L’istituzione dei nuovi enti sovracomunali dipenderà, in ultima analisi, da una sorta di meccanismo “a sportello”, tipico delle procedure per l’erogazione di finanziamenti pubblici ma non certo consono ad una riforma così ampia dell’assetto istituzionale regionale. Si profila, dunque, uno scenario surreale in cui il Comune che per primo avrà deliberato vincolerà necessariamente tutti gli altri Comuni aderenti al Libero Consorzio. Per quanto sopra esposto, si confida nella sensibilità e competenza di S.E., affinché voglia valutare le criticità evidenziate. Il timore di chi scrive è che il provvedimento esitato dall’Assemblea Regionale Siciliana impedisca ad una piccola Comunità, come quella di Fiumedinisi, di poter autonomamente scegliere a quale ente sovracomunale appartenere con la conseguenza di subire una scelta imposta, di fatto, da procedure normative alquanto perverse. Augurandomi di non aver eccessivamente abusato della Sua disponibilità e ringraziandoLa anticipatamente per il tempo che vorrà gentilmente concedere a questa mia missiva, colgo l’occasione per porgerLe, Distinti saluti.
(Pubblicata su questo sito il 18 Marzo 2014)
Il Presidente del Consiglio comunale, Dott. Mario Puglisi
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