Bastian Contrario
Nell’Ottocento: La Stampa, la Politica e la Libertà di espressione (parte prima)
Nel corso dell’Ottocento, il ruolo e le caratteristiche della stampa e del giornalismo mutano profondamente. Si tratta d un lungo e travagliato processo di cambiamento ed evoluzione, accompagnato ovunque dalla crescita del numero delle testate e dalla diversificazione delle stesse, dall’aumento delle copie vendute e dalla moltiplicazione continua del numero dei lettori. Un’evoluzione che segue i ritmi dell’espansione dei consumi e dei mercati, assecondando le necessità della lotta politico-sociale e dell’economia capitalistica.
In generale, anche se la situazione andrebbe colta nelle singole realtà nazionali europee, tale processo si può misurare partendo da una serie di indicatori: il grado di sviluppo dell’organizzazione industriale dell’azienda giornalistica, il miglioramento tecnologico della stampa e della sua diffusione, il quadro politico e gli spazi concessi alla libertà di stampa da parte del potere statale. A tali indicatori, direttamente attinenti la storia della stampa e del giornalismo, vanno aggiunti i fattori più generali dello sviluppo sociale, economico, culturale e politico dell’Europa ottocentesca.
In tutta Europa, passata l’ondata rivoluzionaria e i fasti imperiali di Napoleone, i governi tentano di ostacolare e di controllare lo sviluppo della stampa giornalistica. Una stampa che si pretende sempre più autonoma, che viene riconosciuta come autorevole ed essa stessa consapevole di mantenersi sul mercato grazie all’aumentato numero degli acquirenti e alle prime inserzioni pubblicitarie, sfida le autorità, critica i ministri e il loro operato e lancia le proprie campagne. Da sempre loro, i governi e i legislatori predispongono leggi e regolamenti, impongono tasse e bolli, utilizzano la censura preventiva e il sequestro delle copie; anche se sul lungo periodo l’efficacia della coercizione e della repressione – diversa da realtà a realtà, a seconda dei contesti politici – è destinata a ridursi grazie a un più generale processo di parlamentarizzazione e all’estensione del diritto di voto.
Anche in Inghilterra, patria del liberismo e della monarchia costituzionale, nei primi decenni del secolo i governi conservatori emanano disposizioni di legge per controllare l’opinione pubblica e il suo strumento principale, la stampa giornalistica. Viene infatti mantenuto il provvedimento del bollo su ogni copia di giornale, una tassa che ne impedisce l’abbassamento del prezzo, ostacolandone la diffusione, e sempre con strumenti fiscali si ricorre alla cauzione, in pratica un versamento da rinnovare ogni volta che il giornale incorre in violazioni della legge. La situazione continentale, con la Francia borbonica in testa, è certo ben più grave di quella inglese.
Oltre agli strumenti citati (bollo e cauzione), infatti, le monarchie restaurate dispongono di un sistema di prevenzione contro la libertà di espressione che si concretizza nell’obbligatorietà dell’autorizzazione governativa richiesta per ogni nuovo giornale, nel ricorso massiccio della censura e nei provvedimenti di polizia.
In occasione dei cicli rivoluzionari europei del 1830 e del 1848 la stampa politica svolge un ruolo fondamentale. Si tratta infatti di rivoluzioni essenzialmente borghesi, ispirate ai principi del costituzionalismo e del liberismo, e sostenute da un giornalismo di opposizione. Dopo le rivoluzioni, nel periodo dei governi provvisori e delle assemblee costituenti, si proclamano i diritti, si riscrivono le regole e si attenua il controllo sulla stampa. Ma successivamente, con le restaurazioni, i colpi di Stato e le controrivoluzioni, si ritorna alla situazione precedente e addirittura la si aggrava, colpendo con la carcerazione gli editori e i giornalisti indicati come i responsabili dell’insurrezione e del malcontento popolare.
La situazione, però, è destinata a cambiare. Nonostante le politiche repressive e restrittive della libertà di espressione, che hanno un’efficacia limitata a causa della stampa clandestina e dell’informazione prodotta all’estero dagli esuli, le classi dirigenti iniziano a comprendere e a utilizzare direttamente le grandi potenzialità del giornalismo.
Con l’allargamento progressivo del voto e la nascita di nuovi soggetti politici, espressione organizzata delle masse, la contrapposizione tra schieramenti e partiti diventa sempre più complessa e sostanziale; la lotta politica si trasferisce quindi sulla stampa, per esercitare un controllo su di essa e per conquistare nuovi lettori-elettori. Già dai primi decenni dell’Ottocento il mondo cattolico possiede una propria stampa, ma è solo a partire dagli anni Settanta, con lo sviluppo delle organizzazioni sindacali e dei partiti socialisti, che il movimento operaio inizia a dotarsi di propri organi di informazione.
A fine secolo, il panorama della stampa politico europea si presenta estremamente ricco e variegato, sia pur in modo non uniforme. Al posto del vecchio controllo esercitato dagli apparati di polizia, si è però costituito un condizionamento più idoneo ed efficace, fondato sulla concentrazione della proprietà dei grandi quotidiani: l’azienda giornalistica è diventata anch’essa un’industria e il motivo del profitto prevale nella conduzione dei giornali, grazie alle possibilità di aumentare il numero di copie vendute. In questa situazione l’autonomia della stampa e del giornalismo viene messa nuovamente in discussione. La grande industria e il mondo della finanza, infatti, controllano l’editoria ed esercitano un ruolo decisivo, contribuendo a determinare il consenso elettorale ed esigendo un giornalismo conforme ai loro interessi.
01 Aprile 2017 – (parte prima)
LA SECONDA PARTE: Nell’Ottocento: La Stampa, La Politica e la Libertà di espressione (parte seconda)
NOTA: I testi sono tratti da “Storia della civiltà europea. l’Ottocento. Volume 10: Storia Economia, Società”.
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