Bastian Contrario, Motori
Super Eroi: La Formula Uno in epoche differenti
Talvolta, mi viene improvvisamente spontaneo, associare l’immagine dello sport motoristico a quello dei super eroi dei fumetti. Non credo, tuttavia, di essere né il primo né l’ultimo a fare ciò, anche perché credo che perlomeno inconsciamente i piloti di formula uno incarnino nell’immaginario collettivo quei personaggi fantastici ed inarrivabili che hanno popolato l’immaginario di noi ragazzini di ieri.
Si spiega, forse anche in questo modo, il mito di Gilles Villeneuve, il quale travalica i confini delle pure statistiche dei record, la quali lo vorrebbero soccombere di fronte alle cifre record di vittorie conseguite da Hamilton, solo per fare un nome illustre.
È altresì vero, che per tentare una più efficace riflessione bisognerebbe non solo tener conto delle eroiche gesta del pilota ma pure del contesto storico nel quale egli si è dovuto esprimere e confrontare.
Tuttavia, se di “eroi del rischio” vogliamo discorrere, la stragrande maggioranza del pubblico dei tifosi, ieri come oggi, non sarà mai attirata dalla iper tecnologia del mezzo, ma piuttosto dalla spiccata personalità del corridore.
Ma era di super eroi che stavamo parlando: ai tempi della mia fanciullezza, mi capitava di leggere nella posta dei lettori del giornaletto, frasi tipo: se l’incredibile Hulk si scontrasse con Thor il dio del tuono, chi dei due avrebbe la meglio? Oppure: “la Cosa” (dei fantastici 4), di quanti uomini ha la forza?
In questo particolare e forse primordiale desiderio di sfiorare l’irraggiungibile eroe, si arrivano ad osannare fatti apparentemente assurdi e terribili come il ritorno in pista di un Lauda dopo essere stato “offeso” dalle fiamme del Nurburgring, ancora sul palco dello stesso “teatro” in cui la vita era appesa ad un filo.
E che dire dell’epoca dei Fangio e dei Nuvolari, periodo storico in cui la morte era una cifra da mettere in conto allo start di ogni gran premio? Certo, se lo stesso Fangio potesse tornare in vita e all’età in cui fu nella sua massima forma, avrebbe lo stesso seguito di tifosi? Nel 2018, piloterebbe una monoposto a cui non basta la scocca in fibra di carbonio ma necessita di una “infradito” imbullonata sopra la testa. Lui, che sfrecciava a bordo di una cassa da morto in acciaio indossando un caschetto di pelle ed una maglietta.
E se Vettel, il nostro eroe ferrarista, potesse salire a bordo della DeLorean, e catapultarsi tutto d’un tratto al volante di una della cassa da morto di cui sopra, le cui ruote a raggi ricordavano più una moto ed i freni a tamburo un treno? Sarebbe un eroe anche in quel contesto? Avrebbe paura? Non lo sapremo mai!
Seppure, una copertina dipinta da un vignettista famoso riscuote ancor oggi un ottimo successo, ciò che mi appare certo è che ogni epoca è per forza di cose orientata in relazione alla domanda del momento, mentre i canoni di sicurezza (e quindi del rischio), restituiscono eroi non confrontabili efficacemente con quelli di epoche lontane e differenti.
È in definitiva un ragionamento senza chiusura del cerchio, il mio, utile semmai a (ri)affermare quanto, presente e passato dell’eroismo racing, siano e saranno sempre legati da un filo sottile ma tenacissimo, fatto, oltre che di pura realtà e di adrenalina, anche di… fervida fantasia.
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