Spettacolo e Cultura
Platone e il pericoloso “mestiere” del filosofo
“Fare il filosofo, – recita un testo su Platone, che sto per accennarvi -, è il mestiere più pericoloso del mondo”. La lista dei personaggi che hanno pagato con la vita le proprie idee è infatti insospettabilmente lunga. Per iniziare da Socrate, che accettò di bere la cicuta per non calpestare la sacralità delle leggi della sua città, anche se ingiuste. E per proseguire con Seneca, al quale Nerone fece chiedere gentilmente di tagliarsi le vene. E poi Severino Boezio, il filosofo cristiano del V-VI secolo fatto strangolare dal re d’Italia Teodorico per sospetto collaborazionismo con l’Impero di Oriente; Thomas More, mandato al patibolo da Enrico VIII per essersi opposto allo schema anglicano; Giordano Bruno, arso vivo dall’Inquisizione”.
Non meno lunga è la lista dei filosofi che sono riusciti a stento a salvare la pelle. E va da Aristotele, obbligato a fuggire da Atene dopo la morte di Alessandro Magno del quale era stato tutore, in seguito alla ribellione anti-macedone divampata in Grecia, fino a Galileo, costretto ad abiurare il Copernicanesimo per evitare la tortura e il rogo.
Non si sottrae a questo destino neppure Platone, considerato quasi unanimemente il filosofo che dette al pensiero occidentale l’impronta destinata a segnarne il suo intero sviluppo, fino al nostro secolo (e sicuramente oltre). Egli infatti, visse tra la quieta tranquillità della sua scuola ateniese, l’Accademia, e una lunga serie di traversie di ogni genere. Già dopo la morte del suo maestro Socrate, narra lo storico Diogene Laerzio, Platone fu costretto ad auto esiliarsi da Atene, insieme ad altri discepoli, per timore “della crudeltà dei Tiranni” (che nella fattispecie erano gli espnenti del regime democratico) e riparare a Megara, città retta da un regime oligarchico, più consono alla sua versione politica e dove si trovava un altro suo condiscepolo, Euclide il Socratico.
LA POLITICA
Platone visse in anni di profonde turbolenze politiche e belliche della Grecia (e della Magna Grecia), che da una parte gli offrirono innumerevoli spunti di riflessione sulla giustizia (o meglio l’ingiustizia) dei governi e dell’altra resero la sua vita particolarmente movimentata.
Ad Atene, Platone istituì l’Accademia non solo come un centro del sapere, ma anche come una scuola di formazione della nuova classe politica che avrebbe dovuto governare il Paese.
A Siracusa andò oltre, recandosi in varie riprese presso i due tiranni per convincerli a mettere in pratica quegli ideali filosofici che andava manifestando nella Repubblica.
Ma nella città siciliana, una vera e propria metropoli che alcuni storici dell’epoca definivano “Primo Impero d’Occidente”, non rappresentò il terreno adatto agli esperimenti platonici.
La tirannide non è certo il regime più propenso a creare uno Stato ideale ponendo al vertice un filosofo. Da qui le traversie che Platone dovette subire. E che alla fine gli fecero dire:
“La tirannide non è un bene né per chi la esercita né per chi la subisce, non lo è né per i figli né per i discendenti dei figli: al contrario è un’esperienza assolutamente rovinosa.”
Osserverà Platone nella Repubblica:
“Non ci sarà riposo dai mali, per lo stato e credo neanche per il genere umano, se prima i filosofi non raggiungeranno il potere negli stati, oppure se quelli che oggi si arrogano il titolo di re o sovrani non si metteranno a filosofare seriamente.”
Marsilio Ficino (1433-1499). Seguace e propugnotore del pensiero platonico. Ficino, quale fondatore dell’Accademia Platonica, su incarico di Cosimo de’ Medici, si oppose contro gli sviluppi naturalistici dell’aristotelismo, proponendo invece la ripresa del pensiero platonico fuso però con alcuni aspetti del Cristianesimo.
Riflettendo sopra – pur nella limitatezza – a quanto qui sinteticamente riportato: un conto è poter vantare la modernità del pensiero platonico nella cerchia dei pensatori, degli studiosi e degli intellettuali contemporanei, un conto è poter contare sulla presenza del nostro filosofo e interagire con lui, come se ventiquattro secoli non fossero mai passati e lui avesse ancora qualcosa, anzi molto, da dire.
PLATONE
Platone nacque ad Atene nel 427 a.C.; più precisamente, come dice lo storico Diogene Laerzio (II secolo), nel mese di maggio-giugno nell’88a Olimpiade. Il suo vero nome fu Aristocle (preso dal nonno), e Platone fu il soprannome, derivato da platos che in greco significa “ampiezza” e che, secondo i vari significati che la tradizione gli attribuisce, potrebbe indicare sia il suo vigore fisico, sia l’ampiezza dello stile o quella della sua fronte. Platone morì nel 347 a.C. all’età di circa ottant’anni, lavorando fino all’ultimo alla revisione dei suoi dialoghi e alla stesura, rimasta incompiuta, delle leggi.
09 Giugno 2017
Giovanni Bonarrigo
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