Spiritualità
La Preghiera, Fatica d’ogni Giorno (parte prima)
Vogliamo iniziare un breve itinerario di riflessioni sulla preghiera. Forse ciò potrà aiutare il desiderio che è in ciascuno di noi, di scoprire Dio come “Padre”, come Colui al quale siamo chiamati a dare del Tu; forse saremo più sensibili a scoprire l’opera dello Spirito che agisce nella nostra vita, e sperimentare la grandezza e la bellezza di questo dono che è la preghiera; che ci consente – quando la preghiera è autentica -, di essere ammaestrati direttamente da Lui, il Signore, la Sorgente d’ogni bene.
L’opera più difficile.
La preghiera oltre ad essere un dono è anche un “opus”, un lavoro difficile, non perché aldilà delle forze umane, ma perché è un itinerario di vita spirituale che non si esaurisce mai. Una storiella può aiutarci a capire. Un giorno un giovane monaco disse ad un padre del deserto: “Abba, dimmi qual è l’opera più difficile del monaco” e l’Abba rispose: “Dimmi tu quale pensi che sia”; il giovane monaco disse: “Forse é la vita comune”, ma l’Abba rispose: “No, no figliolo, prima o poi gli uomini, per cattivi che siano, a forza di stare insieme si vogliono bene”. L’altro riprese: “Ma allora qual è? La castità?”, ” no figliolo, tu senti la castità come un problema grosso perché hai vent’anni, ma aspetta ancora qualche anno e tutto declinerà, tutto si acquieterà”. “Ma allora che cos’è padre l’opera più difficile del monaco? Forse la teologia, studiare di Dio, parlare di Dio?”. L’Abba gli disse: “No figliolo, guardati intorno: quanti ecclesiastici parlano di Dio dalla mattina alla sera! Sei mai stato nelle chiese? Tutti discutono su Dio! No, no – continuò l’anziano –, è tanto facile parlare su Dio: molta gente di chiesa se non avesse quello da fare non saprebbe come passare la giornata”. “A questo punto dimmelo tu, Abba, qual è l’opera più difficile del monaco”. “E’ pregare, pregare dando del tu a Dio” e aggiunse “ricordati che un uomo, tre giorni dopo morto, di fronte alla presenza di Dio prova ancora difficoltà a guardarlo in faccia, a dirgli Padre e a dargli del tu: questa è l’opera più difficile”.
Questo apoftegma dei padri del deserto, autentici maestri del cammino spirituale, mostra proprio come la preghiera sia un cammino inesauribile. La vera preghiera, quella portata a compimento pieno, non si raggiunge mai, e nel pregare si resta sempre discepoli: finché vivremo la preghiera costituirà sempre un problema.
L’unico maestro di preghiera è lo Spirito.
E’ Lui che ci introduce nella preghiera e ci insegna a pregare. Colui che può davvero parlare al cuore di ciascuno di noi e fa si che emerga il grido, il pianto, il gemito, il ringraziamento, la lode. Non dimentichiamo quel che afferma S.Paolo: in verità noi non sappiamo come pregare, perché pregare, cosa chiedere nella preghiera, ma lo Spirito Santo che è in noi, con gemiti inenarrabili dice in noi Abba (cfr. Rm 8). Chiamare Dio: Papà, questa è la preghiera.
Esistono delle persone che dicono d’essere maestri di preghiera, ma questo è falso: tutt’al più essi ci possono indicare delle strade od offrirci dei motivi per interrogarci sulla preghiera. Ma nell’itinerario dell’incontro con Dio, essi non bastano. Esiste molta gente che parla di Dio: in qualunque incontro tra persone di chiesa si finisce per parlare di Dio; ma per una vita spirituale autentica non è sufficiente parlare di Dio, bisogna arrivare a dare del Tu a Dio. Non basta neanche conoscere la bibbia a memoria: se non si giunge infatti a sentire e vivere questa presenza, a parlare con Lui, a mettersi in ascolto della sua Parola, si potrà vivere un’ideologia ma non si diverrà mai uomini di fede.
Domenica 05 Febbraio 2017 – Prima parte.
NOTA. Nella foto, padre Marino Peditto (02-01-1924 / 25-03.2010).
Francesco Cosentino
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