Spiritualità
Nutrirsi di Dio e … vivere nella sua volontà
“(Paolo) Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco, e subito nelle sinagoghe proclamava Gesù Figlio di Dio”. Atti 9,19b-20
Nutrirsi della Parola – Se leggiamo il versetto precedente, troviamo: “E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista. Si alzò e venne battezzato, poi prese cibo e le forze gli ritornarono.
Rimase alcuni giorni insieme ai discepoli che erano a Damasco, e subito nelle sinagoghe annunciava che Gesù è il Figlio di Dio”
“Poi prese cibo” che significa? quando ci si trovava in difficoltà bisogna prendere cibo e poi le forze ritornano. Cibo qui significa: contatto con Dio nelle diverse forme, stare vicino a Dio cioè comunione. Dice Gesù “mio cibo è fare la volontà del Padre mio[1]”.
Volontà di Dio non è chiedersi cosa vuole Dio, ma incominciare a farla, per farla dobbiamo restare uniti a Lui, essere nella sua volontà ed operare il tutto per fede (nella fiducia in Dio).
Fede significa sapere che Dio vuole quella cosa, essere convinti che Lui ci aiuterà a compierla, fare le cose per la potenza di Dio.
“Prender cibo” lo possiamo fare in qualsiasi momento, però abbiamo bisogno di avere dei momenti in cui facciamo solamente questo (es. il ritiro) se non lo facciamo di tanto in tanto, poi lo troveremo sempre più difficile ed un poco alla volta ci distaccheremo dal Signore e le nostre forze spirituali diminuiranno in proporzione al nostro distacco ed aumenteranno i problemi.
Tutto ciò, cibarsi di Dio, deve esser fatto quotidianamente e non solo una volta al mese, in occasione della convivenza mensile. Lo stare insieme non è un ritrovarsi per stare bene con gli altri, ma è un confrontarci come singoli e come comunità con la parola di Dio.
La preghiera personale – Importante è la meditazione quotidiana della Sacra Scrittura, che non deve essere una lettura veloce della Bibbia, ma un approfondimento individuale, un mettersi in discussione davanti alla volontà di Dio, un esaminare il nostro cuore ed il nostro comportamento alla luce della sua Parola. Non mettiamoci limitazioni di tempo, però quando la nostra mente è stanca ed il nostro pensiero va altrove è ora di smettere, per magari riprender più tardi. Il nostro pensiero non deve essere rivolto agli altri della famiglia, del gruppo, della parrocchia ma a noi stessi, e non dobbiamo piangere su noi stessi dicendo che non possiamo cambiare avendo la voglia di scusarci davanti a Dio.
Dobbiamo essere certi che il Signore ci verrà incontro per aiutarci a togliere quel difetto che oggi mi mette innanzi e dobbiamo farlo con il Signore, e comprenderemo il detto di San Paolo “il cristiano vive di fede[2]”.
Nella meditazione (lettura attenta della Parola di Dio), soffermiamoci sulla frase che più ci ha colpito, per comprendere ciò che il Signore ci dice e come possiamo con il suo aiuto metterla in pratica. Questo lavorio continuo è importante perché se ci esercitiamo a farlo ogni giorno ci abitueremo e non ci sembrerà più difficile ed acquisteremo le virtù. Sia il vizio che la virtù sono abitudini, quindi, ci si deve esercitare nelle virtù e di pari passo queste aumentano. Diminuiscono i nostri vizi e viceversa.
Ecco la corsa agonistica di cui parla San Paolo. Senza meditazione, senza riflessione non si può andare avanti.
I frutti della preghiera personale – Cambiare la nostra mentalità per fare ciò che piace a Dio e compiere i gesti ordinari della nostra vita per amare, contemplare e servire Dio. Tuttavia, non bisogna avere solo il pensiero di voler cambiare, ma bisogna di fatto cambiare la natura, essere in simbiosi con Dio.
La sua volontà, il suo amore sono la linfa vitale della nostra esistenza e così per noi diventerà un paradiso continuo (la Pasqua eterna) e vivremo nella pace. Dopo esserci nutriti di Dio, quindi, non dobbiamo tralasciare di annunciare il suo messaggio, di evangelizzare, diventare strumento di pace per gli altri, testimoniare la sua presenza in noi, (il Signore ci ha mostrato come fare accoglienza nel suo nome al mattino), dobbiamo essere strumenti di Dio, lasciar parlare il Signore in noi.
Il problema non è dire delle cose, ma testimoniare nella vita, con il comportamento, la Sua Signoria; testimoniare la nostra fede, dobbiamo avere l’attenzione agli altri, cercare di guardare tutti, avere un contatto con tutti ed allora avremo la vera comunione.
Comunione con gli altri significa telefonare, interessarsi, mettersi al servizio quando ci viene richiesto. Per questo troveremo una grande gioia e ci accorgeremo che la comunità, il gruppo funziona e trarremo un grande beneficio perché ciò che facciamo per un fratello lo facciamo per Gesù, presente nel fratello, presente nella comunità.
Dobbiamo essere dei canali di “acqua viva” attraverso cui passa la grazia di Dio, dobbiamo fare comunione con gli altri perché Dio viva in noi, se non ci mettiamo al servizio nuociamo prima di tutto a noi stessi perché impediamo a Dio di operare attraverso noi.
Bisogna tenere in grande considerazione il servizio e l’amore dei fratelli perché da questo si vede che noi siamo membra di Cristo, e che operiamo nella sua volontà.
[1] Cfr. Gv4,34 “Gesù disse loro: il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera”.
[2] Cfr. Rm1,17 il giusto per fede vivrà
Don Marino Peditto SDB, Alì Terme, Insegnamento del 17-05-1998. Trascrizione a cura di Giuseppe Sinopoli
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