Storie di Sicilia
Giovanni Falcone: Orrore della mafia sin da bambino
Il 21 giugno 1989, cinquanta candelotti di tritolo nascosti tra gli scogli a venti metri dalla casa dove trascorreva le vacanze non lo fanno fuori solo perchè scoperti in tempo, ma Tommaso Buscetta, il superpentito della mafia, lo aveva messo in guardia fin dall’inizio delle sue confessioni: “Prima cercheranno di uccidere me, ma poi verrà il suo turno. Fino a quando ci riusciranno!”.
Marcelle Padovani (coautrice del libro “Cose di Cosa Nostra”), dirà: “l’ho incontrato per la prima volta nel 1984 al tribunale di Palermo, dietro le sue porte blindate, protetto da un sistema di sorveglianza elettronico in funzione ventiquattro ore su ventiquattro…”.
Nel suo racconto, Falcone affermerà: “devo dire che fin da bambino avevo respirato giorno dopo giorno aria di mafia, violenza, estorsioni, assassinii. C’erano stati poi i grandi processi che si erano conclusi regolarmente con un nulla di fatto. La mia cultura progressista mi faceva inorridire di fronte alla brutalità, agli attentati, alle aggressioni; guardavo a Cosa Nostra come all’idra dalle sette teste: qualcosa di magmatico, di onnipotente, di onnipresente e invincibile, responsabile di tutti i mali del mondo”.
In un’intervista, Franco Alfano (TG2 – Studio Aperto), chiese al giudice: “Dottor Falcone, ora una domanda, se mi consente di carattere personale. Lei ha sacrificato gran parte delle sua esistenza proprio alla lotta alla mafia, è considerato dalle cosche un pochino il simbolo di questo stato da combattere, da colpire, lei vive in sostanza blindato. Ma chi glielo fa fare?”
La serena risposta di Falcone: “Soltanto, lo spirito di Servizio”. Il giornalista incalza: “Ha mai avuto dei momenti di scoramento, magari dei dubbi, delle tentazioni di abbandonare questa lotta?
Falcone, deciso: “No, mai”.
Giovanni Bonarrigo
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