Storie di Sicilia
Savoca: il castello, l’Immacolata, San Rocco, il banco dei nobili
“L’opera di Muscolino “Savoca un forziere pieno di meraviglie”, è una sorta di lente convergente puntata su una miriade di fatti, piccoli o di rilievo, in caso contrario destinati a perdersi o ad avere un utilizzo sporadico”. Questo leggiamo, frà l’altro nella prefazione del Prof. Giuseppe Cavarra. Ebbi modo di conoscere Cavarra (Poeta, Scrittore, fondatore di diversi Premi Letterari, per anni docente del Liceo Classico “La Farina” di Messina), e di seguirne i discorsi in vari convegni, un uomo la cui elevata cultura storica e la cui sensibilità certamente mancano e mancheranno al nostro territorio. Ci ha infatti lasciato il 4 febbraio 2012.
Nel percorso che ci descrive via via Muscolino, leggiamo: “Fermiamoci nella piazzetta della Chiesa Madre. Verso levante, notiamo una profonda vallata sulla cui cima, anticamente, erano posti gli enormi anelli di ferro dentro i quali scorrevano le corde dei pirati che risalivano sul colle dopo aver consumato le loro scorrerie.
Sorpassata la piazzetta, lungo la via Matrice, incontriamo a sinistra un’antica costruzione, la casa dei Trischitta, il cui portale si conserva ancora in buone condizioni: in alto è scolpito in pietra di cimino lo stemma di famiglia, con un pino ancora intatto. A fianco, nello stesso edificio, si mostra una finestra bifora che, per quanto in pessime condizioni di conservazione, dimostra, non meno della prima, la preziosità della sua fattura.
Proseguendo per la via matrice, ai cui lati notiamo muri antichi, diroccati e silenti che danno un senso misterioso di amarezza e di desolazione, sono i ruderi delle antiche abitazioni dei nobili savocesi, ormai in completo abbandono. Siamo alle falde dell’antico Castello che fu l’antica potenza dei Pentefur, un tempo importantissima fortezza popolata di soldati e fortificata, oggi un avanzo di ruderi recintati da un alto muro merlato con feritoie. Da questo Castello, che anticamente comunicava con le numerose torri-vedetta disposte lungo la costa jonica, oggi si gode solo uno stupendo panorama che spazia nella infinita immensità del mare e della costa calabrese fino alla cima fumante dell’Etna, quasi sempre coperta di candida neve.
Al di sotto, resta Savoca con le sue rovine e i suoi ruderi che sembrano lo scheletro di un mondo perduto. Ecco i resti dell’antica chiesa dell’Immacolata con, alle sue spalle, il plesso scolastico. Questo era il Convento dei frati Minori Conventuali, una delle tre famiglie in cui si divide l’Ordine Francescano. Essi vestivano una tunica nera con cordone sottile di cuoio e portavano il cappello del clero secolare. Officiavano in quest’antichissima chiesa che era ricca di opere d’arte e altari pregiati; oggi è un ammasso di ruderi, con intatto il grande arco che sovrasta l’altare maggiore. Lo stemma dell’ordine francescano risulta scolpito in una cantonata all’esterno della chiesa e sulla colonnina con croce che s’innalza all’entrata della piazzetta. Alcune lapidi di marmo con scritte latine racchiudono le antiche sepolture comuni. Il tutto, desolato e devastato, ci dimostra il tramonto di quello che doveva essere l’antico splendore di Savoca.
Guardando verso il mare, vediamo un quartiere abitato intorno al rudere di un’antica chiesa: è il quartiere San Rocco, con i ruderi della chiesa del Santo, dello stesso stile e stessa epoca di quella dedicata a San Giovanni Battista, nell’omonimo quartiere che abbiamo visto prima. Era una delle più ricche chiese di Savoca e sorgeva nel “quartiere dei marinai”. Le sue ricche opere d’arte, come quelle della chiesa di San Giovanni, sono state spoliate e vendute.
Continuando il nostro viaggio verso il centro, a destra incontriamo un antico sedile di pietra. Questo sedile sfida i secoli ed è chiamato “il banco dei nobili”. La leggenda vuole che su questo banco sedessero gli antichi nobili savocesi nelle ore libere dal lavoro o dalle occupazioni. Tutti i popolani che passavano, in segno di riverenza e di umiltà dovevano togliersi il berretto (“a scurzitta”), postarla sulla spalla sinistra e proseguire così il loro cammino. Guai a colui che non osservava questa legge: diventava oggetto di persecuzione e di vendetta da parte di tutti i signorotti.
NOTA: I testi sono tratti dal libro di Santi Muscolino “Savoca un paese pieno di meraviglie” pubblicato nel maggio 1996.
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