Bastian Contrario, Motori
Alfa Romeo. Mito che si riaffaccia in Formula Uno
Alfa Romeo, ossia “Anonima Lombarda Fabbrica Automobili”. Un Marchio storico e glorioso. Fondata a Milano il 24 Giugno 1910, a lei deve i suoi inizi manageriali il Grande Enzo Ferrari e, come tutti sanno, il giorno in cui lo stesso Ferrari vinse contro le Alfa, esternò la arcifamosa frase che rimarrà negli annali.
Niki Lauda, vinse due GP nel ’78: in Svezia (con la Brabham BT46 dotata del discusso ventilatore posteriore), e in Italia, ma fra i grandi nomi che pilotarono una F1 Alfa, ricordiamo Bruno Giacomelli, Mario Andretti, Andrea De Cesaris, Mauro Baldi e Riccardo Patrese. Ci vorrebbe un libro, anzi una biblioteca intera per rileggerne la storia ed i suoi campioni. Alfa Romeo, dalle stupende vittorie nelle prime edizioni del mondiale di Formula Uno (nel 1950, le Alfetta 158 e 159 vincono i primi due titoli mondiali di F1, con Nino Farina, e nel 1951 con Juan Manuel Fangio), e dalla vittoria nel campionato del mondo Sport Prototipi del 1977 con la mitica 33 SC 12, ha negli anni attraversato alti e bassi. Arrivando persino al collasso economico.
Ma, facciamo un balzo nello spazio-tempo e approdiamo direttamente al modello di serie che più ci sta a cuore: l’Alfasud, (in produzione del 1972 al 1984), nonché il modello più venduto della storia Alfa Romeo. Motore boxer a cilindri orizzontali contrapposti, struttura innovativa per l’epoca, dai dischi freno entrobordo allo schema sospensivo molto avanzato e complesso, il quale offriva un’esperienza di guida unica.
I pochissimi modelli di questa vettura (a quanto si dice) sopravvissuti ai giorni nostri, tuttavia stanno a testimoniare quanto la carrozzeria ma anche gli scatolati, fossero scadenti perché marcivano con estrema facilità. Senza scomodare l’obbrobrio Arna, fallimentare modello scaturito dalla collaborazione con Nissan, ad affossare un mito contribuirono negli anni, ammiraglie come la 164 ed altre autovetture della storia quasi recente. Va da sé, che l’immagine del marchio ne fu più che appannata non solo in Italia ma anche all’estero.
SOLO UNA MERA OPERAZIONE DI MARKETING?
Ebbene, Marchionne oggi, dopo aver persino tentato di venderlo agli americani, decide di rilanciare il brand. E lo fa nel modo più consono al blasone che merita. Infatti, con il neo debutto 2018 come main-sponsor Sauber, il Biscione si ispirerà chiaramente all’epoca d’oro e non certo alla deludente Alfa Euroracing degli anni ’80.
A parte il fatto che il vivaio Sauber, pur piazzando un più che promettente Leclerc, rimanda in panchina colui che avrebbe meritato già nel 2017 un chance, ossia il nostro Giovinazzi, il “progetto ricostruzione” le cui fondazioni vengono gettate nella massima formula ed in contemporanea con il lancio dei già competitivi modelli 4C, ma soprattutto Stelvio e Giulia, non vedono certo impreparate i marchi Audi, BMW e Mercedes.
Inutile dire che, la doppia forza (anche politica, ma quello è un discorso differente) Ferrari-Alfa in F1, promette un rilancio sul quale poggiano importanti speranze occupazionali italiane.
Bastian Contrario
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