Bastian Contrario
Dei delitti e dei castighi
Spesso mi sono chiesto: “Ma, l’uomo del 2000 e la sua Società, sono il prodotto di un’evoluzione della specie umana, del suo modo di vivere, del suo costume, della sua originaria animalità, del suo modo di interagire con suoi simili?
Oppure questo essere, si dice- fatto da Dio sua immagine e somiglianza- con un po’ di presunzione forse, è ancora un essere preistorico, con tutte le storture genetiche che lo hanno caratterizzato come essere animalesco e crudele, di alcune migliaia di anni addietro?”
Questa è una domanda che forse si saranno posti in molti, spero, dal momento che ogni giorno sale alla ribalta della cronaca un episodio di cruda brutalità tra gli uomini e, quello che fa rabbrividire maggiormente è che molte di queste crudeltà, spesso, sono compiute a danno di giovani donne e di bambini, piccole vittime innocenti di orchi redivivi da favole ancestrali.
Qualche tempo fa ebbi ad occuparmi del problema, anche questo molto attuale, della crisi della “Famiglia” e a ben riflettere forse, alcune delle cause scatenanti di questa dissennata e crudele brutalità con la quale vengono perpetrati i crimini più efferati e aborriti, hanno la loro origine in seno alla cellula primaria della società umana.
Prescindendo dal fatto repressivo in sé, che pure ha la sua vitale importanza, sarebbe necessaria un’altra riflessione sulle leggi che regolano l’amministrazione della Giustizia le quali, attualmente, non appaiono tutte, almeno alla mia personale osservazione, né adeguate né, tanto meno giuste e perfettamente correlate ai crimini commessi.
Tutto va contestualizzato nell’attuale globalizzazione, la quale non porta solo benefici, notizie, immagini e informazioni utili, bensì anche episodi criminali e criminosi che possono anche servire da stimolo alla emulazione per quei soggetti, già deviati mentalmente o addirittura affetti da gravi patologie del comportamento. A questo incredibile incremento di fatti, visioni, comportamenti e ricostruzioni mediatiche si inseriscono, nel nostro Paese, episodi ed avvenimenti aberranti e terribili, in numero sempre maggiore.
Se andiamo, poi, ad analizzare le varie componenti che interagiscono nel fenomeno che si può definire complessivamente come violenza assoluta, giova iniziare dalla famiglia. Che la prima cellula della Società sia in crisi, ormai da diverso tempo è un fatto notorio, che questa cellula non sempre adempia a quelle funzioni educative, formative e d’indirizzo verso i valori universali di una volta è altrettanto una cosa conosciuta.
Si può disquisire sui motivi di queste discrepanze che appaiono fondamentali nella formazione del carattere e della personalità dei figli che nascono e crescono in queste famiglie nelle quali esiste un deficit di educazione, di moralità, di cultura, di socialità, di costume. Ma, questo non cambia la realtà delle cose. E’ chiaro che da queste famiglie, con buona probabilità e in una quantità statisticamente prevedibile, usciranno i nuovi “orchi” della società.
Oggi viviamo in un caos, apparentemente ordinato, dove sono poche le cose che valgono e che funzionano, dove la litigiosità politica e la lotta per il potere, non permettono l’attuazione di riforme, di progetti validi e la promulgazione di leggi e provvedimenti veramente utili alla collettività, che, invece, ha bisogno di sostegni e di incentivi, nel costante divenire del mondo. Le “Istituzioni”, che dovrebbero dare certezze e godere del rispetto e dell’affidabilità dei cittadini spesso sono assenti, quando non incappano, per merito (o demerito) dei propri componenti, in autentici infortuni o peggio, in deprecabili scandali.
La Scuola, una volta fonte di sapere e di educazione, appare inadeguata ai tempi, con docenti non sempre all’altezza dei compiti loro affidati, con un’organizzazione approssimativa dove l’ordine e il rispetto dovuto ai docenti è spesso ridicolizzato da scolaresche ribelli e contestatarie, spesso violente e irriverenti che considerano la Scuola una ribalta per il bullismo, la maleducazione e l’uso disinvolto ed esibizionistico del sesso. Cosa fanno le Autorità preposte di fronte a queste manifestazioni? Minimizzano, sopportano e finiscono, per il quieto vivere e per non far scoppiare lo scandalo, con il tollerare anche quello che non si dovrebbe.
Per non parlare, infine, della malavita organizzata, che, ovunque impera e detta le sue leggi spietate di sfruttamento e di sopraffazione. Cosa fa lo Stato in tutte queste storture e mortificazioni della libertà e della civiltà di un popolo, a ben vedere, poco. Mancano le strutture, le leggi, le potenzialità e, a volte, le volontà umane e politiche. L’amministrazione della Giustizia, troppo lenta è anch’essa inadeguata, ci sono leggi inutili e sbagliate, altre vecchie e superate, si è passati da un’estrema intolleranza verso l’illegalità, ad un garantismo eccessivo e troppo permissivo per i trasgressori. Tutto questo ha generato nei cittadini insoddisfazione e scarsa credibilità nelle Istituzioni.
Gli antichi Romani, che hanno insegnato il Diritto a tutto il mondo, solevano dire: ”Dura lex, sed lex” oggi quest’aforisma induce a sorridere, la “Legge” che vige attualmente nel nostro Paese è solo la parodia di ciò che intendevano per Legge i Romani. Che dire, ad esempio, degli “arresti domiciliari”, del così detto “rito abbreviato” e del “patteggiamento”, del “regime di semi-libertà” o dei “permessi premio” per i detenuti, della nuova figura istituzionale del “Tribunale del riesame”?
Una volta, quando si giudicava il responsabile, accertato, di un grave crimine, si condannava il reo a vita, oggi questa pena, di fatto non viene più irrogata, il massimo che si può comminare ad un omicida sono trenta anni di carcere che poi, non vengono quasi mai scontati per intero.
Per concludere questa breve dissertazione sull’incremento dei crimini gravi nella società italiana attuale e sui correttivi giudiziari, oggi, applicati, vorrei portare all’attenzione del lettore due casi emblematici di cronaca nera che hanno interessato l’opinione pubblica nel recente passato e la cui eco non è ancora del tutto sopita, intendo riferirmi al “Delitto di Cogne” e al “caso” di Pedofilia scoppiato a Rignano Flaminio.
Per il primo che ha occupato per cinque anni la pubblica opinione con un processo atipico che si è concluso, nel secondo grado di giudizio, con una condanna scandalosa, che ha ridotto la precedente sentenza del primo grado, da ventiquattro anni di reclusione in sedici. Questa condanna “regalo” per la responsabile del delitto, ha potuto vedere la luce grazie al “rito abbreviato” ed alle “attenuanti generiche”.
Che conclusioni può trarre “l’uomo della strada” da questo epilogo? Come si fa a concedere alla responsabile di un crimine così orrendo ed esecrabile, solo grazie ad un artificio procedurale, una riduzione marcata della pena alla quale era già stata condannata nel giudizio di primo grado? E poi, quali sono le attenuanti generiche che possano, in qualche modo giustificare l’uccisione di un figlio, un bambino di neanche tre anni, massacrato il quel modo animalesco e disumano?
Una conclusione, per certi versi analoga, nel senso deludente e destabilizzante per la Giustizia, ha avuto l’altro episodio criminoso di pedofilia, siamo costretti, dalle risultanze investigative, a scrivere si dice, perpetrato a danno di ben sedici bambini, tutti fra i tre e i cinque anni, nel piccolo Comune di Rignano Flaminio, centro residenziale del Lazio. Anche questa volta indagini tardive, condotte malamente e scarsamente qualificate, anche lì è stato scritto, qualche vizio di forma nel modo di attuazione delle direttive del P.M.
Si giunge, tuttavia, malgrado gli errori, le trascuratezze e le incompetenze, all’incriminazione e all’ordinanza di custodia cautelare per sei persone, tra docenti ed assistenti scolastici dell’Asilo del luogo, i quali vengono incarcerati. Giorni dopo, il colpo di scena: il Tribunale del riesame, ordina la scarcerazione dei sei incriminati, si dice nella motivazione, per vizi di forma nella conduzione dell’indagine istruttoria le cui conclusioni avevano portato il Gip ad emettere l’ordinanza di custodia cautelare.
A seguire, la tragica farsa di un’effimera procedura indiziaria, piena di lacune procedurali che non hanno fatto altro che vanificare le scarse, inefficienti e tardive precedenti indagini degli organi inquirenti, che si è risolta nella classica “bolla di sapone” e quindi, al non doversi procedere per l’insussistenza di prove indiziarie valide e conclamate, scagionando i presunti colpevoli.
Come può, tuttavia, l’opinione pubblica accettare (anche se ormai si accetta tutto e il contrario di tutto) che sei indagati e indiziati, (i nuovi Orchi) per avere compiuto violenze e abusi sessuali nei confronti di sedici (non uno) bambini, di età compresa fra i tre e i cinque anni, che hanno raccontato questa loro triste e traumatizzante esperienza, vengano rimessi in libertà, come se non fosse accaduto nulla? In pratica è come affermare che, sia i bambini sia le loro famiglie si siano inventati tutto e che, solo per una sorta di esigenza di protagonismo, abbiano costruito e inscenato una tragica farsa a spese e danno di ignari, integerrimi, scrupolosi educatori e pedagoghi.
Il reato di pedofilia, di per sé orrendo ed esecrabile, è uno dei reati, ahimè più frequenti nella società del progresso e del benessere e dei garantismi costituzionali. E questo crimine diventa ancora più grave e grida giustizia perché a commetterlo sarebbero stati, alcuni addetti all’educazione e alla cura dell’infanzia, in una Scuola Materna, dove nessuno potrebbe pensare che crimini del genere potessero mai avvenire.
Una conferma alle perplessità sopra esposte, è perfettamente riscontrabile nei due fatti di sangue più recenti che hanno turbato l’opinione pubblica e non solo per la loro brutalità, quanto piuttosto per questa sorta di “impotenza” e, quasi, di “futilità” degli investigatori e della Magistratura inquirente. Si tratta del giallo di Garlasco con l’omicidio e l’orrenda fine di Chiara Poggi, ancora senza un responsabile accertato tra perizie e contro perizie. C’è, poi, il delitto di Perugia con la giovane straniera uccisa barbaramente, ancora non si sa né come, né da chi. Si è giunti, alla fine si fa per dire, di questa ultima sciagurata vicenda con la condanna, ma siamo ancora al primo grado di giudizio, di tre indagati: Rudy, Amanda e Raffaele con molte riserve, dubbi e perplessità sul come, sul perché e chi sia stato, tra tutti e tre, il vero assassino della ragazza inglese. Il successivo processo di appello si è concluso con la conferma della condanna per l’extra comunitario Rudy e nell’inspiegabile assoluzione di Amanda e Raffaele. Per fortuna il terzo grado di giudizio, La Cassazione, ha annullato quest’ultimo verdetto intimando il rifacimento del processo. Ma che tipo di Istituzioni inquirenti e che genere di Magistratura abbiamo oggi in Italia? Questo si chiede l’uomo della strada!
Avranno, infine, lo stesso epilogo deludente i fatti criminosi accaduti di recente nella Capitale che hanno causato scandalo politico, morale e istituzionale nei quali s’intrecciano la prostituzione, la droga, i trans brasiliani, un noto, almeno per ora, personaggio politico e delle “mele marce” cresciute all’ombra delle Istituzioni?
Si assiste così, ormai troppo spesso, ad una sorta d’insuccesso annunciato da parte degli inquirenti, si è perduto, forse, quello che i vecchi investigatori avevano, il fiuto, l’intuito, la genialità che hanno caratterizzato i vari Maigret di una volta? Essi non avevano bisogno di attrezzature tecniche sofisticate per scoprire l’autore di un delitto o di un fatto delittuoso in genere, a loro bastava solo usare il cervello, il mestiere che ora si chiama “professionalità” e l’esperienza. Che stia qui il famoso “nocciolo” della questione?
Non c’è in me l’intenzione di sostituirmi al “Catone” di turno, ma per onestà intellettuale e per esigenza di coscienza civile e morale, ritengo che così non si vada da nessuna parte, questa non è civiltà e progresso civile acquisito, ma accettazione e, quasi, indifferenza di fronte alla barbarie. Nell’estrema incertezza su tutte le cose che ci stanno attorno e ci governano, ci vuole essenzialmente la certezza assoluta della capacità personale e professionale delle persone che sono investite di poteri e responsabilità istituzionali.
Questo assioma può dare fiducia nelle Leggi e nelle Istituzioni che le amministrano e, quanto alle Leggi, per alcune di esse, come si è avuta la spudoratezza di farle approvare, così ora si abbia il coraggio civile di abrogarle, perché sono dannose alla collettività. La civiltà non progredisce con un garantismo che favorisce e, anzi, incentiva a delinquere e a commettere ogni sorta di reato, tanto non c’è quasi mai la certezza della pena ché, anzi, questa sarà sicuramente la minore possibile.
Il progresso civile deve essere supportato oltre ché da Istituzioni credibili e da funzionari capaci e preparati professionalmente, da Leggi rigorose e mirate, nelle quali ci sia la certezza delle pene, alle quali non debbano aggiungersi sconti di sorta, grazie a un garantismo giuridico inopportuno e a furbeschi inserimenti di artifici procedurali, e che le stesse leggi vengano severamente applicate con giustizia ed equità, la conoscenza e l’esempio di esse, oltre ad essere un valido presidio repressivo ai reati, costituisca anche un ottimo deterrente preventivo che scoraggi i male intenzionati.
Vittorio Sartarelli
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