Motori
Alberto Ascari raccontato da Enzo Ferrari
Dal libro “Una Vita Per l’Automobile” scritto da Enzo Ferrari a cura di Franco Gozzi ed edito dalla Conti Editore S.p.A., ho estrapolato alcune righe dedicate dal Drake all’Asso del volante Alberto Ascari.
Prima di parlare di Alberto Ascari, vorrei brevemente accennare che: Enzo Ferrari, storia e leggenda del mondo dei motori nonché famoso in ogni angolo del pianeta, nacque a Modena, il 20 febbrario 1898, aveva un fratello più vecchio di lui di due anni, Alfredo. Il padre era di Carpi, un paesino in provincia di Modena, la madre proveniva da una famiglia forlivese. Abitavano in una casa modesta nella lontana periferia, con quattro stanze al piano rialzato. Alla casa era connessa l’officina di carpenteria metallica del padre di Enzo. “Avevo dieci anni – ricorderà – era il 1908, quando mio padre mi portò per la prima volta a una corsa automobilistica che si svolgeva sul circuito di Bologna e si snodava sulla via Emilia e sulla Persicetana”.
Alberto Ascari, di cui intendo parlare in questo articolo a lui dedicato, fu pilota automobilistico e motociclistico. Vincitore del titolo mondiale di Formula uno nel 1952 e poi nel 1953. Il primo titolo di cui si fregiò la “Rossa”: (motore 500 e 553 F2 – a cilindri 2.000 cc). Nella massima serie automobilisti, Alberto disputò un totale di trentadue Gran Premi, vincendone tredici e salendo per diciassette volte sul podio.
Così ne parlò Enzo Ferrari nel suo libro: “il debutto di Alberto Ascari risale alla Mille Miglia 1940. Un uomo e un pilota dei più singolari. Era dotato di una ferma volontà, sapeva ciò che voleva, era puntiglioso: uno dei pochi, per esempio, che si preparasse atleticamente alla competizione automobilistica. Il pilota Alberto Ascari aveva uno stile preciso e deciso, ma era l’uomo che aveva bisogno di partire in testa. Ascari in testa era difficilmente superabile; oserei dire che era impossibile superarlo. Ascari relegato in seconda posizione, o più indietro, non era il combattente che io avrei desiderato di avere in certe occasioni. Non perché disarmasse, ma perché quando doveva inseguire e doveva superare l’antagonista, evidentemente soffriva non di un complesso d’inferiorità, ma di un nervosismo che non gli consentiva di esprimere la sua classe. Per Ascari valeva proprio l’opposto della norma: di solito, infatti, il pilota che si trova in prima posizione è preoccupato di mantenerla, studia il proprio passo, è spesso incerto se spingere o no; Alberto si sentiva invece sicuro proprio quando faceva la lepre; in quei momenti il suo stile diventava superbo e la sua macchina imprendibile. Incoraggiato, potrei dire caricato da Aldo Daccò della Champion, Ascari vuole andare a Indianapolis. Per me è un errore, perché l’impresa di Indianapolis richiede meno fretta e ben altra preparazione, ma Alberto va comunque accontentato. Ascari e Villoresi sono stati una coppia affiatata e con Dorino Serafini costituivano una squadra formidabile”.
Nel gennaio 1954 Ascari decise di abbracciare il progetto sportivo di Gianni Lancia e firmò un contratto con la scuderia torinese. Il debutto con la nuova marca avvenne a marzo, nella 12 Ore di Sebring; le lancia si dimostrarono veloci, ma fragili e l’italiano fu costrtto al ritiro mentre si trovava in seconda posizione.
La stagione 1955 sembrava nuovamente proporre l’eterno duello Fangio-Ascari, in quanto le Lancia parevano finalmente a punto e infatti l’italiano, dopo essersi ritirato all’esordio mondiale in Argentina in seguito ad un’uscita di pista causata da una macchia d’olio, conquistò due vittorie in corse extra campionato: la prima a Gran Premio del Valentino a Torino e la seconda al Gran Premio di Napoli. Si arrivò così a Monaco dove Fangio e Ascari fecero segnare lo stesso tempo, ma la pole andò al pilota argentino che per primo aveva marcato la miglio posizione in griglia. La gara si sarebbe rivelata drammatica per la Mercedes W196.
Appena quattro giorno dopo l’incidente di Montecarlo, chiamato telefonicamente, Ascari si recava sul circuito di Monza in abito borghesi per testare una Ferrari 750 Sport. La sessione di prove era terminata ma Ascari chiese di fare non più di tra giri di allenamento. All’ultimo passaggio, nella stessa curva che lo aveva visto uscire di pista nei test con la Lancia D50 l’anno precedente, la macchina sbandò e si capovolse schiacciando il pilota, che morì sul colpo. Inutili risultò il tentativo di rianimazione e ascari giunse all’ospedale San Gherardo di Monza ormai privo di vita. Le reazioni di cordoglio furono unanimi e la scomparsa del pilota suscitò in tutto il mondo dello sport una profonda commozione. Lo stesso Fangio, suo amico e più grande rivale in pista, si dichiarò molto colpito e sconvolto dalla notizia.
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