Motori
Rileggendo la Ferrari 641/2 (1990)
Osservando lo spaccato assonometrico in formato poster della monoposto di F1 con la quale Alain Prost sfiorò il titolo mondiale nel 1990…
Motore 12 cilindri aspirato di 3.500 cc. Il serbatoio del carburante “abbracciava” letteralmente il pilota. Dovendo per forza contenere parecchia benzina, per non essere costretto a realizzare una monoposto lunga come un treno, il progettista John Barnard decise (all’epoca il regolamento lo permetteva e altri ingegneri si spinsero anche oltre), di collocare il carburante anche ai lati del pilota, dentro le “pance”, dove i due radiatori erano disposti a ventaglio verso avanti. Sfoghi d’aria laterali molto ridotti erano posizionati in alto a lato dei radiatori.
Posizione di guida molto avanzata, “pance” molto lunghe e sinuose con un marcato “effetto coca cola” della carrozzeria, non solo al retrotreno ma anche fra le ruote anteriori, dove le bocche di ingresso aria erano alte, strette e piuttosto squadrate.
Ala anteriore e posteriore molto semplici nei profili rispetto ai canoni aerodinamici moderni. La anteriore, pur larga, rimaneva contenuta (carreggiate di 2.130 mm.), all’interno dei pneumatici, permettendo delle estensioni delle paratie laterali verso il basso e fino al puntone. Questi prolungamenti, saranno denominate simpaticamente “tortiglioni”.
Le sospensioni anteriori, con ammortizzatori miniaturizzati, sono collegati ai puntoni del push rod, mediante bilancieri a loro volta uniti tramite asticelle alla barra di torsione nascosta nel telaio. Schema sospensivo simile al retrotreno, dove però le sospensioni hanno un diametro maggiore e coassialmente sono provviste di molle elicoidali.
Il cambio è longitudinale, e su di esso spiccano le innovative elettrovalvole, le quali permettono al pilota per mezzo di due bilancieri posti ai lati del volante (fu la novità assoluta dell’epoca che fece scuola, sin dalla 639 che non corse mai), che permetteva di cambiare rapporto senza mai staccare le mani dal volante. Ricordiamo che il “mago” Barnard era talmente convinto di tale scelta, che non realizzò il classico bulbo nel telaio, dove si potesse eventualmente tornare indietro (ri)adottando la classica leva.
Con la monoposto di Prost-Mansell, siamo di fronte ad una evoluzione aerodinamica della straordinaria e discussa “papera” del tecnico inglese. Nell’evoluzione voluta da Scalabroni, però, il classico muso che ricordava il volatile era stato addolcito e con esso anche l’imboccatura delle prese d’aria delle pance. Ebbene, se lo snorkel o presa d’aria motore è più voluminoso su questa versione di F1, lo si dovrebbe al motorista Forghieri, il quale, già contrario alle striminzite “orecchie” della 639, avrebbe imposto un ulteriore allargamento a quella che era la presa d’aria-roll bar della 640. Pare che Forghieri abbia avuto ragione, poichè, a fronte di un minimo disturbo aerodinamico nei confronti dell’ala posteriore, l’incremento di cavalli (e di affidabilità) ne giovarono assai.
Volando con la fantasia, ci potremmo immaginare questa monoposto ai giorni nostri. Provvista delle protezioni soffici ai lati della testa del pilota, un adattato cockpit agli attuali canoni di sicurezza e… perché no, di quel (indispensabile?) aggeggio chiama “alo”. Una cosa è certa: quella macchina era un’opera d’arte su ruote. Aveva forse un solo difetto, anzi due: Ayrton Senna stratosferico rivale di Prost, e un Nigel Mansell, sempre veloce ma fratricida in qualche gp e rinunciatario in qualche altro. È la storia.
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