Roccalumera, Storie di Sicilia
Alessandro Quasimodo: Mio padre e il suo Premio Nobel
IN OCCASIONE DEI CINQUANT’ANNI DALLA MORTE DEL POETA SALVATORE QUASIMODO, estraggo oggi dalla introduzione di un manoscritto gentilmente concessomi, le parole del figlio Alessandro, le quali commentavano (con una raccolta di foto pubbliche e private della vita del padre), l’attribuzione del Premio Nobel (1959) per la Letteratura:
“Devo ringraziare l’amico Vittorio Del Piano che, nella sua instancabile attività di studioso e artista poliedrico, mi offre oggi una nuova occasione per ricordare quali siano le mie radici e soprattutto quale sia il mio “debito” nei confronti dell’eredità paterna e familiare: senza dubbio un certo privilegio culturale, il vivere in una casa in cui erano protagoniste la poesia, la danza, la musica, l’arte ha fatto in modo che io sentissi questo mondo come il mio mondo, quasi mio malgrado, e che io fin da bambino sentissi questa passione.
L’eredità paterna, – continua Alessandro Quasimodo – ha certamente influenzato in maniera complessa la mia vita, ciò che sono, e una discreta parte della mia attività di “rapsodo” è rivolta a mantenere vivo quel fuoco vitale della poesia che mio padre ha acceso e che io cerco di far percepire alla gente attraverso la lettura di versi e il racconto di tanti episodi significativi della vita del poeta e dell’uomo che in queste immagini è ritratto in tutti i ruoli che egli ha “interpretato”: padre, compagno, amico, cittadino della sua Patria e quindi poeta lirico e civile. Ogni volta che leggo i versi di mio padre e cerco di rendere l’emozione che il poeta voleva trasmettere, ogni volta che racconto episodi della nostra vita familiare, ecco che mi trovo a contatto con la sua figura, la sua voce, il suo sguardo. E d’altro canto il dialogo interiore che lega un figlio ad un padre è qualcosa di privato e profondo, un sentimento che non si spegne nel tempo, una emozione continua con la quale si convive nel bene e nel male in cui la vita, nel suo scorrere, inevitabilmente ci coinvolge. Anche l’eredità lasciatami da mia madre è molto positiva: a una grandissima sensibilità e cultura univa una certa fragilità interiore che secondo me le è servita a portare in scena sentimenti ed emozioni, che io che io ho imparato a trasformare in energia creativa. Ecco quindi che questa raccolta di immagini organizzata per celebrare la ricorrenza della attribuzione dl Premio Nobel a mio padre mi spinge ad un viaggio nella memoria: sento ancora nelle mie orecchie il suono della voce di mio padre, le sue parole vide e “definitive”… era un uomo abbastanza chiuso, difficile, un fico d’india che ti può pungere ma che tuttavia all’interno è molto dolce. La sua tendenza al rigore, la difficoltà che aveva nel palesare i suoi sentimenti in un modo che non fosse quello mediato dalla parola poetica ha segnato la sua crescita. Quasi a controbilanciare questa severità patena, che traspare anche da diverse immagini del Quasimodo “privato”, ritorna alla mente la figura di mia madre Maria Cumani e dei suoi movimenti leggeri eppure così dotati di forza assertiva, la sua presenza discreta e costante anche nei momenti difficili: era una donna che sapeva coltivare i suoi sentimenti e comunicarli in modo eccezionale.
Continua Alessandro nel suo sentito racconto: “Ritrovo in questa raccolta la Sicilia, terra dei miei nonni, la spiaggia dove ho passato momenti indimenticabili della mia fanciullezza: il mio legame con l’isola è un legame viscerale, nato durante gli anni dell’infanzia e della prima adolescenza, quando i miei genitori mi allontanarono da Milano perché allora non sembrava essere delle più salubri. Come c’è il “mal d’Africa” per me esiste il “mal di Sicilia”, e certamente doveva pensarla così anche mio padre, poiché il legame con la sua terra e con il mito che essa rappresentava (l’infanzia autentica, il passato perfetto) non cessa mai di caratterizzare la poesia quasimodiana, anche quando essa affronta e sperimenta nuovi temi e prospettive, aprendosi a nuovi “indizi creativi”: l’isola è insomma un referente biografico e insieme psicologico che verrà spesso rievocato con tristezza e nostalgia da lontano, dai diversi luoghi dell’Italia che hanno ospitato il poeta. Da Messina, la città dove mio padre conobbe gli amici “storici” che gli furono accanto per lungo tempo (Salvatore Puliatti e Giorgio La Pira), a Firenze, dove fu accolto dal gruppo di Solaria, per giungere finalmente a Milano, che ha accolto e formato alla cultura mio padre, ed alla quale egli ha dedicato versi rimasti indelebili nella memoria di chiunque ami la poesia “civile”: in questa città Quasimodo ha avuto modo di intrecciare rapporti fondamentali con artisti, letterati e pittori, e di mettersi alla prova in diversi ambiti, dall’attività di traduttore a quella di docente di letteratura italiana presso il Conservatorio”.
Alessandro Quasimodo racconta del prestigiosissimo Premio conseguito dal padre: “Poi arrivò Stoccolma, il Premio Nobel: esso scatenò reazioni contrastanti tra i letterati ma soprattutto tra i critici, alcuni dei quali ritenevano più opportuna l’assegnazione ad altri poeti per meriti che andavano dall’ “anzianità di servizio” al maggiore potere all’interno dei clan letterari. Oggi finalmente, grazie al lavoro paziente e approfondito di un critico letterario italiano professore presso l’università svedese di Goteborg, Enrico Tiozzo, che ha potuto analizzare, venuta meno cinquant’anni dopo l’assegnazione del premio a Quasimodo, la secretazione, tutti gli incartamenti che hanno portato l’Accademia di Svezia a questa decisione. Le motivazioni, assai documentate ed analitiche che hanno fatto cadere la scelta del comitato Nobel su mio padre, emerse da queste carte, tagliano come si suol dire “la testa al toro”… e finalmente fanno giustizia di tutte le pilotate polemiche e gli ignobili attacchi, partiti da un importante organo di stampa come il “Corriere della Sera” e ripreso da quasi tutti i quotidiani minori italiani, attirando sulla nostra nazione, negli ambienti letterari europei, un’ondata di ironica incredulità verso un Paese che invece di godere, come normalmente avviene, dall’alto onore che era toccato a un suo poeta, criticavano la decisione svedese che non aveva, al posto di Quasimodo, incoronato Tizio o Caio o almeno Sempronio… certamente per mio padre fu un momento di grandissima gioia interiore e soddisfazione nel vedere riconosciuto senza mezzi termini il suo valore creativo, a dispetto dei detrattori, e per la famiglia il Nobel fu ovviamente motivo di giusto orgoglio”. …
Salvatore Quasimodo nasceva a Modica (Ragusa) il 20 agosto 1901 da Gaetano e Clotilde Ragusa. In quel periodo suo padre, capostazione delle ferrovie, era in servizio presso quella cittadina. A Modica rimase solo pochi giorni; infatti, a causa di un’alluvione che nel 1901 aveva colpito quella zona, la madre, preoccupata per la salute del figlio, lo portò a Roccalumera dai nonni.
Nota: dopo il libro a cura di Carmelo Calabrò, “un Nobel a Roccalumera”, (stampato nel mese di Giugno 2006), almeno un successivo manoscritto IL PERSONAGGIO SALVATORE QUASIMODO “Per saperne di più” venne pubblicato ancora a cura di Carmelo Calabrò), ma in pochissime copie.
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