Letojanni
Frana di Leojanni: il Cas si difende
Pirrone e Sceusa provano a chiarire alcuni passaggi dell’appalto. Francesco Musumeci si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere alle domande del gip.
Secondo quanto riferito dalla Gazzetta del Sud dell’11 marzo 2018, dopo la notifica delle misure interdittive nell’inchiesta sui lavori di messa in sicurezza del tratto dell’A18 colpito da frana, all’altezza di Letojanni, il 10 marzo 2018 la parola sarebbe passata alla difesa. Si sarebbero presentati davanti al gip Eugenio Fiorentino, per gli interrogatori, i dirigenti del Cas Salvatore Pirrone e Gaspare Sceusa, oltre a Francesco Musumeci, titolare della ditta che, secondo l’accusa, non avrebbe eseguito le opere a regola d’arte e avrebbe agito sulla base di una scorta di “mandato in bianco”. I funzionari dell’ente di contrada Scoppo, avrebbero provato a chiarire alcuni aspetti dell’appalto finito sotto la lente d’ingrandimento della Procura di Messina e dei carabinieri. In particolare il direttore generale del Cas Pirrone, accompagnato dall’avvocato Giovanni Calamoneri, rispondendo alle domande, si sarebbe soffermato sul suo ruolo nella vicenda e avrebbe posto l’accento sulla natura provvisionale della vicenda dell’intervento, sottoposto, a suo dire, a vigilanza sotto il profilo tecnico. Il dg, insieme al collega Sceusa, responsabile dell’Ufficio tecnico autostrade (difesa dall’avvocato Francesca Bilardo), è destinato alla sospensione delle funzioni ricoperte per la durata di 12 mesi. Quattro in più rispetto a Musumeci, che l’altro ieri si è avvalso della facoltà di non rispondere. Tre devono rispondere di disastro ambientale e peculato. Nello specifico “abusando dei poteri e violando i doveri inerenti alla pubblica funzione”, Pirrone e Sceusa non avrebbero “impedito l’evento” del dissesto, Musumeci lo avrebbe “posto in essere”.
Quindi, sarebbe stata realizzata, attraverso la progettazione ed esecuzione dei lavori di messa in sicurezza della corsia Sud dell’autostrada Messina-Catania, disposti in somma urgenza, “un’opera instabile”, “non sottoposta a collaudo, che non era e non è idonea a garantire la pubblica incolumità”, esponendo a rischio e pericolo un numero di persone indeterminabile”.
Infatti, nel dicembre del 2016, a un anno dalla frana, la barriera di contenimento massi “realizzata con modalità diverse da quelle indicate dal prezzario Anas” non ha retto al nuovo urto e si è rivelata inadeguata. Inoltre Pirrone e Sceusa avrebbero distratto e liquidato in favore dell’impresa di Musumeci, 41mila euro come aumento del compenso determinato a seguito di approvazione di perizia di variante. “Compenso non dovuto in quanto utilizzato per pagare l’ing. Francesco Crinò e il geologo Giuseppe Torre (indagati), tecnici nominati direttamente dalla stessa impresa e incaricati dell’elaborazione del progetto”.
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