Storie di Sicilia
L’ottava meraviglia del mondo: i giardini d’un tempo di Roccalumera
Angelo Cascio, cavaliere dell’Ordine dei santi Maurizio e Lazzaro, in uno dei suoi rarissimi opuscoletti, scrive: “… e penso! E, affettuosamente, penso al mio prudente, caro e compìto nipotino: sì fiorente, sì buono, sì caro a tutti; e sì degno del mio affetto …; e alla sua lontana gioventù. E penso! E penso anche ai giorni di anni addietro, in quel di Bologna. E al mio antico e fedele amico Rino, che, tra l’altro, così mi scriveva: “… vi è nei tuoi studi, dignità ed eleganza”.
Nello stesso opuscoletto, l’illustre storico roccalumerese riporta una frase di Luigi Ugolini sul… credere: “Credete. Credete soprattutto in voi stesso; credete nella vostra arte, credete nell’ispirazione che vi viene dal cuore, assai più che in quella che vi viene dai libri. Se voi sottoponeste al giudizio degli uomini la più insignificante delle vostre faccende, ecco, che, per il solo fatto di averlo chiamato giudice, quell’uno vi dirà che questa faccenda è fatta male e che egli la farebbe in altro modo, fosse pur quella di spolverare la vostra stanza”.
Poi, ancora Cascio, rivolgendo lo sguardo verso quei giardini roccalumeresi a lui tanto cari, dichiara: “Dopo le piramidi d’Egitto, dopo i giardini pensili di Babilonia, il colosso di Rodi, etc., c’era nel tempo andato, in Roccalumera, l’ottava meraviglia del mondo:
e, per mettere un atto l’ambizioso disegno di potere trasformare brulle e aride colline in olezzanti giardini, furono costituite, proprio negli anni venti, in Roccalumera, diverse Società Acquedotto, per poter sostenere le ingenti somme di denaro, che occorrevano per la costruzione ed il funzionamento degli impianti di sollevamento delle acque.
Le Società Acquedotto avevano, infatti, per scopo quello di portare l’acqua nei fondi rustici, privi di acqua di sorgente, o di pozzi per poterla attingere; e di dare, quindi, la possibilità di poter iniziare a piantare limoni, anche in collina. E Roccalumera, il paese dell’ottava meraviglia, in quei quattro decenni, godette benessere generale e fama.”
Con una malcelata tristezza d’animo, poi, Cascio si abbandona ad una brevissima considerazione rivolta ai tempi moderni: “omai, – dice – per gli agrumicoltori roccalumeresi, non è più tempo di vacche grasse.”
Riparte il pensiero a ritroso: “e dei famosi giardini, situati in mezzo a colline, questo mio scritto è anche un ricordo. Contrada Scassotto:
“al caro amico signor professor dottor Giovanni Totaro, autentico roccalumerese, questa mia quisquilia dono. E, proprio, a Lui, che, attratto dalle bellezze di Scassotto, pittoresco paesaggi o di scenari e serenità campestri, dove la sera “le passere intreccian voli”; e dove, anche, sempre, “l’animo tornò sereno”, con grande passione e con giovanile entusiasmo, a render ancor più bella quella collinare e panoramica campagna.
Ecco i versi dedicati ai ricordi: “Oh, Scassotto della mia prima giovinezza!! / Oh, ridente campagna che infondi gioia!! / E “dei dì che furono m’assale il sovvenir”. / Ricordi… ricordi! / Lì, “sotto il verde ombrello dell’ulivo in fiore”, era la civettuola casetta rurale, “tacita al vespro puro, tutta fiorita al muro di rose rampicanti”. / Lì, proprio lì, in tempo di guerra, trovammo sicuro rifugio, protezione e serenità di spirito. / Lì, con l’animo pieno di gioia pasquale, trascorsi, assieme ai miei cari, tante indimenticabili ed irripetibili pasquette. “Viene un suon di campane dietro un velo di lontananza …”. / e son campane di Pasqua, che riempiono la vastità dello spazio dell’annuncio gioioso della Risurrezione. / Scendeva da Scassotto, dove, durante il periodo dell’ultima guerra, per motivi di sicurezza, la mia famiglia trovò rifugio, ogni mattina, sul far dell’alba, quando, verso oriente, il cielo cominciava, e comincia, a biancheggiare, e “l’alba uscia de la magion celeste con la fronte e co’ piè d’oro”, mio padre, di cara we venerata memoria, e andava alla volta di Allume. / E si recava a casa di mio zio Peppino (‘u zu Pippinu, ‘u cavaleri), ricco proprietario terriero, per poter ascoltare i Bollettini di guerra, trasmessi per radio. / I Bollettini di guerra, nei pubblici ritrovi, dovevano essere ascoltati, restando in piedi. / Dalle preoccupazioni, unico svago di mio padre era quello di sentire alla radio la celebre e orecchiabile canzone tedesca “Lilì Marlene”, divenuta famosa, durante la seconda guerra mondiale, e trasmessa, quotidianamente, da una radio militare tedesca: “Tutte le sere sotto a quel fanal presso alla caserma ti stavo ad aspettar anche stasera aspetterò e tutto il mondo scorderò con te Lilì Marlene. O Trombettier stasera non suonar…”.
E con queste parole, il cavaliera Cascio, conclude la sua nostalgica riflessione: “proprio nella casa, fornita di luce elettrica, “du ‘zu Pippinu”, mio padre teneva una radio Telefunken di sua proprietà, comprata nel 1937, nell’anno in cui nacque Maria, la primogenita.”
2 Commenti
Renata
È bellissimo!dalle parole espressive del poeta e scrittore si denota una forte sensibilità di animo e di cuore!
Giovanni Bonarrigo
Un sentito grazie, cara Renata per aver letto e commentato sul blog.