Fiumedinisi, Spiritualità
Fiumedinisi. Chiesa di San Pietro: Convegno su Sant’Eustochia
Eustochia Smeralda Calafato Nacque il 25 marzo 1434 a Messina, giovedì santo, in una stalla di un podere della famiglia nel villaggio Annunziata, poiché la città era spopolata per un’epidemia di peste. Quindi, Smeralda nasce il giorno dell’Annunciazione, nel villaggio Annunziata di Messina e si dice che, perfino, Antonello da Messina, suo conterraneo e contemporaneo l’abbia ritratta nel suo splendido dipinto dell’Annunziata oggi a Palermo nel museo di Palazzo Abatellis.
Fu la quarta figlia, dopo tre maschi, del barone Bernardo Cofino Calafato e della baronessa Maya o Maria Romano Colonna, dunque proveniente da famiglia nobile. Da giovanissima ebbe due fidanzati, che però morirono giovani uno dopo l’altro e poi anche il padre morì in Sardegna nel 1448, pure lui in giovane età. Formatasi alla scuola della madre Maria, devotissima di Gesù e della Madonna, si formò nell’amore verso il Signore e nel desiderio intenso della vita claustrale. Alla morte del padre, fece richiesta all’abbadessa di S. Maria di Basicò e, nonostante l’opposizione iniziale dei fratelli, Smeralda, ancora quindicenne, verso la fine del 1449, vestì l’abito di francescano nel monastero di S. Maria di Basicò, nella stessa città di Messina, all’epoca uno dei conventi femminili più importanti dell’isola. Nel monastero messinese, prese il nome di suor Eufrosina e poi, per ispirazione divina, quello di suor Eustochia, in ricordo della discepola di S. Girolamo. Dopo alcuni anni, avvertì che la vita che le consorelle conducevano era estranea ai suoi ideali di fede e di perfezione. Pensò quindi che fosse necessario riformare l’ordine, per riportare alla più completa umiltà e povertà le clarisse, sotto la prima regola di S. Chiara.
Nel 1456, in considerazione delle forti resistenze interne, maturò l’idea di fondare un nuovo monastero di più severa osservanza. Per iniziativa della madre e con il consenso dell’arcivescovo di Messina Giacomo de Todesco, coinvolgendo l’influente famiglia Colonna di Roma negli ambienti vaticani, loro parenti, ottenne l’approvazione del papa Callisto III (decreto del 20 ottobre 1457), nel quale fosse osservata la regola dell’assoluta povertà. Si trasferì nel nuovo convento di S. Maria Accomandata e nella nuova sede la seguirono la madre Maria (suor Mascalda), la sorella Mita (suor Francesca), Jacopa Pollicino, figlia del barone di Tortorici, Elisa Ricci e la giovanissima nipote Paola, nonostante l’abbadessa avesse impedito con ogni mezzo la loro uscita dal monastero di S. Maria di Basicò. Trovò pure l’opposizione dei superiori e perfino i frati Minori osservanti si rifiutarono di celebrare la messa. Si rivolse nuovamente a Roma, ottenendo un breve pontificio, con il quale l’arcivescovo impose ai frati Osservanti, sotto pena di scomunica, di assumere la cura spirituale delle suore riformate. Provvide quindi alla sistemazione e all’ampliamento del nuovo convento di Montevergine, che fu poi completato con i fondi della madre e di Don Arrigo Henriquez, grande Almirante di Castiglia.
Nel 1481 le clarisse raggiunsero il numero di 60, quindi la riforma voluta da suor Eustochia, conosciuta e apprezzata quale esempio di santità, era ormai una concretezza. Eustochia rimase in quel convento fino alla morte, che la colse il 20 gennaio 1485, di giovedì, tra le braccia di suor Petronilla, alla quale disse: O suor Petronilla, vedi forse tu questo grande esercito di angeli, che mi chiamano? E chinando il capo, spirò. In quel tempo era badessa del convento suor Jacopa Pollicino, che per prima l’aveva seguita dal monastero di S. Maria di Basicò, mentre Eustochia non volle mai fare assumere cariche di prestigio. Eppure S. Eustochia era chiamata dalle consorelle la Perpetua Abbadessa, per la sua continua assistenza e vigilanza sul monastero di Montevergine. Il suo funerale fu celebrato la mattina successiva alla morte, al quale la cittadinanza partecipò con profonda devozione.
Il 2 luglio 1777 il senato di Messina, a lei riconoscente per aver fermato con la sua intercessione il dilagare della peste, la nominò compatrona della città e si impegnò a visitare il suo tempio il 20 gennaio e il 22 agosto di ogni anno, e ad offrire trentotto libre di cera. L’impegno di allora è tuttora mantenuto dall’autorità civica, cioè dal sindaco e dalla giunta comunale che, il 22 agosto di ogni anno, si recano nel santuario di Montevergine per deporre il rituale cero votivo e per assistere alla messa.
Il 10 settembre 1782 papa Pio VI approvò il culto ab immemorabili e suor Eustochia il 9 novembre fu dichiarata beata. Il processo per la sua santificazione fu ripreso nel secolo scorso, per interessamento del canonico messinese P. Annibale Maria Di Francia, poi divenuto santo. Dopo tante interruzioni, causate soprattutto dagli avvenimenti bellici, il 24 maggio 1967 riprese ancora una volta il processo diocesano e dopo tutto l’iter canonico, l’8 maggio 1987 il santo padre promulgò il decreto di canonizzazione di suor Eustochia, eseguito a Messina l’11 giugno 1988, dallo stesso papa Giovanni Paolo II.
Il suo corpo, incorrotto da cinque secoli, è esposto alla venerazione dei fedeli, in una cappella sopra l’altare, nella chiesa di Montevergine. Nel ‘600 le clarisse di Montevergine, ove S. Eustochia riposa, affermavano che periodicamente dovevano tagliarle le unghie dei piedi e delle mani, perché le crescevano. Per preservare il corpo della santa dai bombardamenti, il 16 maggio del 1943, fu trasferito a San Pier Niceto nella chiesa del Carmine e fece ritorno a Messina il 10 giugno 1945 a guerra terminata. Nel 1963 ad Alì Terme nasceva la sezione femminile della Città del Ragazzo che prendeva il nome di Villa Eustochia, e nella cappella veniva collocata una grande immagine della beata. Quella cappella sarà la prima chiesa dedicata alla Beata Eustochia e, durante la sua venuta a Messina, Giovanni Paolo II benedisse la prima statua della novella santa.
Mascalda Maria Romano Colonna Al secolo Maya ovvero Maria, nacque nel 1407 da don Nicolò Romano Colonna, barone di Fiumedinisi e grosso trafficante di seta, ed ebbe fratelli e sorelle di nome Giovanna, Paolo, Gentile e Paola. Fu concessa in sposa giovanissima a Bernardo Cofino Calafato, ricco commerciante originario di Catania. Maria fu molto devota alla Madonna e, una volta, pregando davanti all’immagine della Vergine, la supplicò perché il Signore si degnasse di concederle una figlia femmina che le somigliasse, facendo voto di consacrarla a lei. Ben presto dal suo matrimonio nacque, il 25 marzo 1434, ricorrenza dell’Annunciazione, in una stalla del villaggio Annunziata di Messina, dove si erano recati perché la città era affetta dalla peste, Smeralda. Ebbe altri figli, cui furono imposti i nomi Antonio, Baldo, Nicola, Bitto e Mita, poi suor Francesca. Dopo la morte del marito, nel 1448 seguì la figlia Smeralda nel convento delle clarisse di S. Maria di Basicò e prese il nome di suor Mascalda, ove vi era pure la cugina Elisabetta Romano Colonna, e alla figlia rimase sempre vicina, in varie vicende. Suor Mascalda inviò un sacerdote a Roma per ottenere dal papa il breve, nonostante il precedente pontefice Niccolò V avesse proibito la fondazione di nuovi conventi femminili. Mascalda non si perse d’animo ed inviò la supplica di suor Eustochia al papa Callisto III, tramite i suoi parenti romani (Prospero Colonna in atto cardinale e Martino V ovvero Oddone Colonna era stato papa qualche decennio prima), nella capitale molto influenti e particolarmente vicini agli ambienti pontifici. Il 20 ottobre 1457 lo stesso santo padre promulgò il decreto. Suor Mascalda morì il 17 ottobre del 1482, due anni prima della figlia Francesca e tre della stessa Eustochia, nel monastero che lei stessa aveva contribuito a costruire. Negli Annales Minorum è ricordata come beata. La santità delle sue figlie si deve sicuramente a questa madre, che le educò a vita esemplare e all’amore verso Dio e il prossimo. Il corpo della Beata Mascalda fu sepolto nella chiesa del monastero di Montevergine, in un luogo ignoto, ma fu ritrovato in occasione del giubileo del 1750.
Oggi é esposto alla venerazione dei fedeli solo il suo teschio insieme a quello di suor Francesca, nella cappella di S. Eustochia. Francesca o Franceschina Calafato Nacque a Messina nel 1440 da Bernardo Cofino Calafato e Maya o Maria Romano Colonna, e le fu assegnato il nome Mita, diminutivo di Margherita. Fu educata sin dalla tenera età all’amore verso Dio e verso il prossimo e ad una vita prudente e coscienziosa, nonostante l’agiatezza familiare. Fu una bellissima ragazza, come la sorella Eustochia e la stessa madre, ed ebbe molti pretendenti ma Mita, poi divenuta suor Francesca o Franceschina, volle seguire giovanissima la sorella Eustochia nel monastero delle clarisse di Montevergine, unitamente alla madre rimasta vedova. Il fratello ostacolò in tutti i modi la sua decisione perché temeva per il patrimonio della famiglia ma, ormai decisa, vendette i suoi gioielli, consegnò il ricavato per contribuire alla costruzione del nuovo monastero e abbracciò la clausura. Rimase sempre conversa e non volle mai assumere alcuna carica, rinunciando persino ad apprendere a leggere ed a scrivere, oltre ai piaceri della vita e affrontando la sua missione con la più grande umiltà e subendo ogni tipo di mortificazione. Infatti, mangiava in piedi e dormiva su una tavola e solo d’inverno usava un po’ di paglia per riscaldarsi, affinché il suo corpo non avesse mai riposo e sollievo. La sua santa vita, imperniata sul sacrificio e sulle mortificazioni, insieme alle sue opere virtuose, fu di grande esempio per le consorelle. Quando Messina fu colpita dalla peste suor Francesca si prodigò attivamente per soccorrere le sorelle ammalate. Morì giovanissima il 19 novembre del 1484 e sulla sua tomba avvennero diversi miracoli. È ricordata nel Martirologio francescano col titolo di beata, nell’anniversario della morte, sebbene non sia mai stata celebrata la causa di beatificazione.
Nota. Nella foto in basso la reliquia autentica dagli indumenti di Eustochia
Carlo Gregorio
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