Spettacolo e Cultura
TENIAMOCI STRETTO IL NOSTRO DESTINO (riflessione di Gianni Miasi)
Ciascuno di noi aspetta, con sempre maggiore impazienza, che l’emergenza coronavirus termini, per potere tornare a svolgere, sperabilmente, la vita di prima.
Tuttavia, a quanto apprendiamo piano piano, da allusioni, mezze parole, frasi scappate di bocca casualmente, la realtà è ben diversa: i morti sono ancora tanti, troppi, i contagi, pur in diminuzione, non decrescono per come vorremmo e, ancora più triste, è comprendere, giorno dopo giorno, che la nostra vita nel futuro non sarà affatto come prima: tutto verrà stravolto.
Scordiamoci, per tantissimo tempo a venire, le riunioni affollate, le sale da ballo, gli stadi pieni, i matrimoni con centinaia di invitati, i megastore gremiti: tutto sarà ridotto a distanza di sicurezza.
Non sarà impresa da poco, soprattutto per chi, per tanti anni è stato abituato ad un altro stile di vita, più libero, senza vincoli e controlli.
Il nord “efficiente” che si è sempre vantato di avere la migliore sanità al mondo, di essere pronto a qualsiasi risposta, anche davanti alle emergenze, ma che non ha saputo impedire che migliaia di anziani, nelle Residenze Sanitarie Assistite (nella maggiore parte peggio dei vecchi ospizi) come nei lager, morissero come le mosche, per mancanza di prevenzione, di tamponi mai eseguito, di autorità quantomeno incapaci di prevedere cosa stesso succedendo, sta pensando , il prossimo 4 maggio, di ripartire, ci sia o no il virus ancora in giro: “il denaro è la cosa più importante, la produzione deve riprendere,” dicono gli industriali e la parte più retriva ed antica della società, tra i quali i mezzi di comunicazione di massa (TV e giornali) da sempre, proprietà della grande industria e dei gruppi finanziari, anche a costo di usare violenza alla verità trovando scomodi ed emarginandoli quei, rari, scienziati e virologi che dicono che è ancora troppo presto per ripartire.
Nel frattempo, a me pare, che stia succedendo qualcosa che sfugge al controllo di questi nostri occhiuti controllori, politici e mezzi di informazione in particolare: le persone, piano piano, stanno riacquistando il controllo delle proprie vite, si informano di più, non sono disposte a bersi le assurde affermazioni dei politici .
Gli scienziati, poi, quelli su cui dovremmo fare cieco affidamento, sovente si comportano da primedonne in contrasto tra di loro.
L’unica giustificazione a loro favore è che, in realtà, di questo coronavirus nessuno sa, purtroppo, granchè e si procede per tentativi.
Ho notato, con piacere, che sui social di qualsiasi genere, facebook, messenger, wats app, etc., sono sempre meno le frasi contenenti odio, rancore, disprezzo, irrisione verso chi la pensa in modo diverso, per lasciare spazio ad un maggiore dialogo, ad una maggiore distensione.
Segno, secondo me, che la gente non si lascia più intossicare dagli imbonitori ai quali non sembrava vero, fino a qualche mese orsono, attraverso parole d’ ordine grondanti intolleranza e livore verso qualsiasi forma di diversità, dare il via alla festa dell’odio; le persone, oggi sempre di più, vogliono ragionare, rendersi conto di ciò che avviene attorno a loro e sono sempre più restìe a delegare agli stregoni di turno, le proprie scelte politiche.
A fronte di tale presa di coscienza,per giustificare la necessità della riapertura delle attività produttive, qualcuno ha cominciato, prima in sordina negli ultimi giorni in maniera più insistente, a parlare di “ app immuni”.
Sono molto sospettoso dinnanzi a questa proposta.
A quel che ho compreso se io cittadino, per adesso su base volontaria, accetto di aderire a questa app, avrò la possibilità di essere seguito in tutti i miei spostamenti, quali che siano.
E’ vero che, in una prima fase, l’app sarà anonima e governata da un algoritmo, ma, se, ad esempio, sarò entrato in contatto con un contagiato l’app me lo dirà.
Ma come farà a dirmelo se prima non mi avrà identificato?.
“Naturalmente”, così dicono in modo suadente che l’app viene applicata per il bene dei cittadini.”
Non sarà difficile prevedere che, se l’esperimento andrà avanti e non ci sarà una risposta ferma di opposizione, , prima o poi qualcuno, si intende “per il nostro bene”, tenterà di rendere obbligatoria l’app o meglio, se non hai l’app non puoi spostarti, non puoi andare al ristorante, in libreria nel supermercato e così via, non puoi fruire di sconti e facilitazione che, coloro che aderiscono ad essere tracciati mediante l’app hanno.
Corriamo il rischio, tutti, di essere schedati e controllati, in qualsiasi momento e dovunque ci troviamo.
Qualcuno dirà che già siamo tracciabili attraverso i telefonini, il telepass e così via: ma è una buona ragione per farci ancor di più identificare?
A me non pare, per conto mio non sono disposto a delegare la mia libertà ad altri: si sa come si comincia non si sa dove si va a finire.
Tanti anni fa un grande scrittore, George Orwell, aveva scritto un libro terribilmente premonitore, il titolo era 1984, in realtà era stato scritto nel 1948, nel quale si ipotizzava una società in cui pochissimi controllavano tutti, in cui il pensiero unico era il verbo dal quale nessuno poteva, e doveva, discostarsi, non era ammessa la protesta né il dissenso: in una parola la dittatura.
Scrivo ciò affinchè, a prescindere dalla pochezza disarmante dei nostri governanti e dell’opposizione, possiamo tenerci cara la nostra libertà lottando contro ci vuole ridurre ad automi obbedienti: l’ultimo dei miei desideri è che qualcuno pensi per me, assuma decisioni per me, lasciandomi a pura e semplice marionetta ubbidiente.
In quel caso, naturalmente, direbbero che lo fanno “per il nostro bene”.
Teniamocela stretta, cari amici questa libertà e reagiamo con forza ad ogni tentativo che altri tenteranno di fare per togliercela.
Saluti Cordiali.
(Gianni MIASI)
Un Commento
Antonio Puliatti
Esimio Avvocato, confermando la stima che ho sempre avuto della Sua persona, sento la necessità di farLe pervenire il mio vivo apprezzamento per le riflessioni contenute nel Suo articolo, pubblicato in data 29.04.2020, da Giovanni Bonarrigo. Il tema della libertà è ed è stato per me strumento col quale modellare lo stile di vita di ciascun essere umano. Se l’uomo non è libero non può esprimere il meglio delle sue potenzialità ma per qualche verso metterà in atto comportamenti influenzati dalla volontà altrui. Nella libertà sono contenuti tutti quei valori, oltre quelli etici comportamentali, che riguardano la facoltà della libera espressione del pensiero che essa comporti sia l’apprezzamento, la condivisione e sia la protesta ed il dissenso, in ordine a quanto ci viene richiesto di fare. Rammento, a mio modestissimo modo di vedere le cose, l’osservanza ed il rispetto delle regole da parte di tutti non sempre portano la felicità come affermato da Giovanni Bonarrigo, ma la portano solo se tali regole perseguono uno scopo giusto a beneficio del popolo. Siccome di leggi ingiuste ce ne sono una marea, il loro rispetto comporterà sicuramente disordine, malcontento e dunque infelicità. Mi piacerebbe continuare a discutere di libertà e per ora mi limito a ringraziarLa per aver dato, a quanti avranno letto il Suo intervento, l’opportunità di arricchire intellettualmente la propria persona. Un calooroso saluto da Antonio Puliatti.
Distingue fra “violazione” e “reato”, e fra coloro che prendono la parola trova me, che in una prima occasione, per rispondere ad una sua domanda (se le regole portino felicità o meno) rispondo che: la portano solo qualora esse vengano rispettate da tutti.