Spettacolo e Cultura
Il Ligabue di Roccalumera
“Con piena e perfetta coscienza, posso, solamente, affermare quanto appresso: i disegni del roccalumerese don Salvatore Cascio sono schizzi, a matita e penna, e non in tutto completi e perfetti: appena appena abbozzati, e sono fatti, con prontezza e abilità di mano, tutt’in una volta, nello spazio di pochi minuti secondi, e senza alcuna preparazione, e senza alcuna fatica.” A scrivere quanto sopra è don Angelo Cascio, il (colto) padre di Salvatore, nel libro “… e mi viene l’estro di scrivere immagini”.
Ma, prima di narrarvi il nostro artista, vorrei accennare chi era Antonio Ligabue: nasceva a Zurigo in Svizzera il 18 dicembre 1899. Non aveva bisogno di modelli e dipingeva attingendo le immagini dalla propria non comune memoria visiva: tutto ciò che cadeva sotto i suoi occhi veniva registrato, rielaborato e riutilizzato all’occorrenza per creare scene dal forte potere evocativo. I ricordi dell’infanzia, i paesaggi, gli episodi quotidiani, i film, le cartoline, i libri divenivano parte del suo patrimonio iconografico.
Sfogliamo adesso le pagine del libro di cui sopra: effettivamente, gli schizzi realizzati da Salvatore Cascio possono definirsi “fotografie di vita nella mente”, le quali immortalano la vita comune, i personaggi, scene agresti come gli animali, il focolare familiare. Colpisce lo zappatore, il carrettiere, il pastore intento a fare la ricotta, e non ultimo Saru, personaggio particolare ed indimenticabile ormai scomparso, che Cascio ricorda per averlo conosciuto di persona. Sant’Antonio di Padova, circondato dagli animali quasi stesse parlando con loro. Il toro nella stalla dove vi sono anche gallo e galline, la mucca e la capra. Altra immagine: i frati che vanno verso il maiale per macellarlo con il coltello in mano. Cascio curiosava anni fa, scrutando il vicino macello comunale e alcune scene gli saranno rimaste impresse nella mente.
Ecco perché, rimango ammirato ed emozionato del fatto che il nostro artista, non solo sia capace di riprodurre tratti essenziali ma inequivocabili di vita e persone vissute, ma che, con immediatezza e maestria li sappia estrarre direttamente dalla propria memoria, tali e quali. È certo un modo di raccontare, come già fece con l’intera storia del Pinocchio di Collodi anni fa, utilizzando immagini in vece di parole o versi poetici. Ancora complimenti!
GIOVANNI BONARRIGO – Mail: info@fogliodisicilia.it
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