Spettacolo e Cultura
“Viaggia la domenica e non il lunedì” (Il libro di Giuseppe Massimo Cicala)
Lo stesso autore, presentando la propria opera, scrive: “Come avviene spesso, questo lavoro è nato un po’ per gioco, un po’ per scherzo, un po’ per scientifica progettazione. Con il passare degli anni mi sono reso conto che mettendo insieme gli episodi più volte sentiti raccontare da piccolo, si sarebbe potuta ricostruire un bel pezzo di storia, vorrei dire dal 1830-40 ad oggi, coinvolgendo un gran numero di persone, fatti, storie, tradizioni, costume, ed altro!”
“Il mio ragionamento è stato un po’ stratificato: sembrava un qualcosa da dare ad un autore teatrale, o cinematografico, oppure ad un regista di opere in Video. La sua “morte” naturale, proprio per rispettare il senso dialettale di questa frase (come spessissimo si “sente” nel mio lavoro il ricorso alla lingua siciliana) è però la scrittura. Che non si può certo dire “su carta” poiché ho scelto di consegnare al sapere del mondo questa mia prima fatica, in forma libera, e non c’era in vista migliore occasione dei primi cento anni di vita, del ricordo di mio papà, Cicala Giovanni di Giuseppe e Bruto Carmela. Perché, con o senza questo paio di righe di scritto, è la memoria che rimane eterna dopo il nostro passaggio biologico.”
“E’ stato uno svuotamento di memoria, una specie di back up storico, per lasciare una traccia tangibile ad uso altrui. Per quanto invece riguarda la mia introspezione, forse scrivere la storia di chi c’è stato prima di me è terapeutico: magari cura, riallinea, rimette in fila, riordina idee e ricordi, e valutazioni, riflessioni, dibattiti, sogni, speranze, ragionamenti sugli infiniti bivi che le nostre scelte hanno intrapreso, e come queste hanno interagito con le persone che ci amavano, e che tuttora ci amano da Lassù, per chi crede.”
“Il rischio è che se continuano a non esserci dei “folli” che osano girarsi verso dietro e provare semplicemente a mettere giù, in qualsiasi media, un singolo aspetto, un pensiero, un modo di dire, una usanza magari sparita subito dopo, o passata di moda, anche solo di venti o di trenta anni fa, il rischio è questi valori si perdano, evaporino in mezzo a bit e app. Cioè si tratta dell’ultima chiamata per poter trasferire, prima che sia troppo tardi, ai millennials come si ama chiamare chi oggi ha una ventina di anni, quel patrimonio di usi e costumanze che sono stati il brodo di coltura, in cui hanno sguazzato, i genitori e le rispettive famiglie di provenienza.”
“In definitiva, questo lavoro, mi rendo conto, che potrebbe non essere del tutto gradevole o addirittura comprensibile per i non santateresini o gli stessi non residenti nei quartieri di Bucalo – Sparagonà. Però, mi piace pensare, e vedere, questo lavoro come un grande atto di amore per la mia terra, nel particolare, il fazzoletto di territorio in cui sono cresciuto. Ma un altro aspetto, che però va cercato tra le righe, è che il racconto “in diretta” e in prima persona di cose ed eventi che di solito sono stati solo studiati o letti sui libri, talvolta capovolge o cambia l’ottica di dove c’è il giusto, l’errato, il buono, il brutto e il cattivo. Una cosa però la devo dire: mi spiace, e me ne scuso con i lettori, di essermi lasciato prendere forse troppo la mano su certe posizioni che papà non si è mai sognato di sostenere, se non nell’intimo dei pensieri. Era un eroe, un eroe normale, un eroe che oggi definiremmo sfigato, un uomo la cui bontà, tenerezza e senso della famiglia sono sempre stati interpretati con la massima sincerità e linearità, senza retropensieri, e senza badare a spese.”
Invia un Commento