Motori, Sport
La mia Uno… fu la più venduta in Europa
Cinque barrette verticali inclinate contraddistinguevano le vetture Fiat, ed eccole sulla nuova “Uno”. Correva l’anno 1982 e, appena annunciata l’uscita negli autosaloni, attesi con ansia di vederne un esemplare viaggiare per le strade di Roccalumera. Quando ciò avvenne, fu come se avessi visto una Ferrari al debutto: che entusiasmo!
Una berlina compatta a due volumi (per capirci: il volume dell’abitacolo, più quello del cofano motore). Il motore era in posizione anteriore trasversale rispetto alla direzione di marcia ed a trazione anteriore. Tre o cinque porte: e già solo per questo, un deciso passo avanti rispetto alla gloriosa 127. Una sola spazzola tergicristalli ma di ottima efficacia. Grandi gruppi ottici al posteriore e altrettanto grande il portellone, con apertura quasi a livello del piano di carico. Lunga 3 metri e 65 centimetri per 1.435 millimetri, 1.550 di larghezza. Ottima l’abitabilità.
La plancia della prima serie, presentava un cruscotto un tantino originale, con due “satelliti” ai lati del volante e del quadro strumenti, (di ispirazione Panda, un ampio vano portaoggetti a giorno), al quale se ne aggiungeva uno inferiore senza o con sportellino. Il clacson era posto su una delle levette a sinistra. Sui sedili rivestiti in stoffa, sulla versione base, era stampigliato il nuovo logo a cinque barre. Schienale posteriore abbattibile totalmente o parzialmente, una novità per l’epoca.
Sospensioni anteriori con schema MacPherson (schema tecnico che prevede l’oscillazione indipendente delle ruote dello stesso asse, tramite bracci (singoli) oscillanti di forma triangolare), con molle disassate rispetto all’ammortizzatore. Sospensioni posteriori indipendenti (a bracci tirati, collegati ad una traversa torcente), ammortizzatori a gas e molle coassiali agli ammortizzatori.
Aerodinamica. Un occhio al Cx, 0,33 – 0,34 (coefficiente di penetrazione aerodinamica): dall’assenza dei gocciolatoi… fanali raccordati alla carrozzeria, vetri quasi a filo. Anche il pianale era studiato per una bassa resistenza all’aria. Fu addirittura realizzata una versione “ES” (Energy Saving), con la quale – secondo il Costruttore – era possibile abbassare ulteriormente del 12% il già parco consumo del motore. Largo impiego dell’elettronica (per l’epoca) su questa versione e, (cut-off sul carburatore, econometro sul cruscotto, spia per segnalare il momento ottimale di cambio marcia e, pinnette montate davanti alle ruote posteriori.
I motori. Da 900, 1100 Cm3 e 1300. Mille miliardi di lire per lo studio, la sperimentazione e l’industrializzazione della nuova vettura, in gran parte destinate ad attrezzare le linee di produzione. Costruita negli stabilimenti di Rivalta e Mirafiori, i quali potevano produrre (sempre secondo il Costruttore) fino a 2.200 unità al giorno. In quei stabilimenti, la grande flessibilità degli impianti, permetteva di passare da una versione all’altra ma anche da un modello all’altro, (es. dalla Uno alla Ritmo e viceversa). Test in galleria del Vento e di affaticamento sui prototipi e prove di sicurezza (crash test), furono eseguiti nei tre anni precedenti la immissione sul mercato di questo fortunato modello. Oggi, tutto ciò è assolutamente normale anche per una autovettura per il popolo… allora era una novità.
La mia prima (ed unica) auto nuova fu, manco a dirlo, una Fiat Uno. Esattamente, una “Uno 60 S” di colore “blu mare metallizzato” a tre porte, che comprai a rate. Si trattò della seconda serie. Il modello, veniva messo sul mercato superaccessoriato, in quanto da lì a poco quella versione (1.100 Fire a carburatore), sarebbe passata alla nuova iniezione elettronica.
Vorrei cogliere l’occasione per aggiungere qualche curiosità sul motore Fire: Anno 1979: l’Ing. Stefano Iacoponi si mette al tavolo da disegno, perché crede sia arrivato il momento di avere un motore nuovo e moderno che andrà a sostituire il vecchio 903 cc. aste e bilancieri. Il “Fire” sarà molto più leggero, (peserà 69 Kg. contro 78), semplice e con meno componenti rispetto al vecchio motore della 127. Nasce in segreto durante la stagione degli scioperi del 1980, in un alberghetto di Torino. L’ing. Vittorio Ghidella, (messo a capo della Divisione Auto da Gianni Agnelli), porta aria nuova nel Gruppo. Ghidella, crede in questi progettisti dopo anni di immobilismo della Fiat. Ebbene, Il 30 marzo del 1985, la Fiat inaugura in pompa magna lo stabilimento “Termoli 3”, appositamente costruito per realizzare il motore Fire, destinato alle sue utilitarie.
La prova su strada: prima di mettermi virtualmente al volante della mia Uno, vi aggiungo che, la volli presto personalizzare, acquistando e montando: codolini passaruota tipo SX, scarico in acciaio appena quello di serie si bucò, pneumatici più larghi (da libretto), kit molle Sparco (più corte e più rigide di quelle di serie) e, ammortizzatori (seminuovi) doppio effetto gas, Monroe. Ecco che, se a parte una buona messa a punto del motore non c’era null’altro di nuovo, la tenuta in curva era sensibilmente migliorata. Sapete che le trazioni anteriori con motore all’avantreno (soprattutto quelle di trent’anni fa) erano parecchio sottosterzanti, rollavano in curva ed erano sensibili al beccheggio. Chi ha guidato la Uno Turbo IE, sa che (seppure adeguata di serie nell’assetto), era veramente pericolosa (con la seconda serie, 1.372 cc, la potenza salì a 116 Cv), se affidata a mani sbagliate, ma con i soli 60 Cv della mia Uno, per me, una passeggiata in collina era solo… allegra e divertente. Non un GP di Formula Uno.
GIOVANNI BONARRIGO – Mail: info@fogliodisicilia.it
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