Santa Teresa di Riva, Storie di Sicilia
Santi Scarcella: Siciliano, emigrante jazzista e uomo di fede
Chi è Santi Antonino Scarcella da Santa Teresa di Riva?
Io scinderei fortemente Santi Scarcella uomo da Santi Scarcella showman, diciamo: sono innanzitutto un siciliano, un emigrante come tanti, che sono partiti da casa sull’onda della passione. Si parte di casa per capire sè stessi, per capire se veramente questo dono che si ha è vero o è frutto della propria fantasia. Sono un emigrante che si mette in discussione per cercare di capire questo.
“Signuri fammi na grazia”, è un brano che ti racconta. Me ne vuoi parlare?
È una delle mie canzoni più apprezzate, ovviamente. La devo sempre eseguire ad ogni concerto, se no succede un finimondo. La devo fare sempre e parla di tante cose: sicuramente la sicurezza nel lavoro, perché il lavoro è la dignità dell’uomo. Io ho fatto dieci anni di precariato nella scuola pubblica italiana, – c’è chi ne ha fatti molti più di me – e credo sia offensivo, essere sottoposti a questi “martiri psicologici”, scusami per la parola pesante in questo momento di guerra. Il lavoro è quello che dà la serenità all’uomo per poter poi affrontare serenamente le proprie passioni di fare l’artista perché senti dentro di voler raccontare qualcosa agli altri nel mondo senza dover per forza pensare al successo.
Ogni volta che torni in Sicilia ritrovi la famiglia, gli amici, qual è l’emozione?
Quando torno in Sicilia, semplicemente non vorrei più ripartire, perché semplicemente ogni volta che parto dalla Sicilia non sai come mi sento. Come ti senti? “Lassamu peddiri”. Ma è questo il motivo per il quale molti non partono.
Hai tantissimi amici in Italia e nel mondo. Com’è il tuo rapporto con culture e nazionalità differenti?
Beh! Sono uno conosciuto, quando esci sei tenuto a conoscere sempre più persone, che è la parte bella dell’uscire di casa. Conosci quindi le loro vite, le loro storie, quindi ti relazioni con esse e questo è molto bello. Io porto dal concetto che tutto il mondo è un paese. Mi relaziono sempre con tanto rispetto per la storia di ognuno di noi.
Vogliamo parlare del Jazz? Quando è nata in te questa passione?
Il Jazz nasce con il coro popolare siciliano, con i canti dei pescatori, con i canti di lavoro siciliani. Messi poi a confronto con il Blues americano, trovandone una similitudine tale da capire che, infondo, il Jazz non è altro che una commistione di generi ed è l’esigenza non verbale di più popoli di comunicare tra di loro. Non nasce assolutamente come concetto elitario ma è anzi di grande aggregazione. Per me è uno strumento, ovviamente, di comunicazione. Comunque io faccio musica. Mi trovo molte volte a suonare con musicisti che condividono il concetto dell’emigrazione, partendo dalla stessa matrice, conosciamo quel tipo di sensazione, ma io suono con tutti.
Mi vuoi parlare della tua vita professionale?
Oggi, sono docente di musica e ringraziando Dio, vincendo un concorso pubblico nella Scuola italiana ai primi posti nella regione Lazio. Il mio è il percorso di un artista che per fortuna è anche docente. Adesso veniamo da una fase un po’ delicata, veniamo da un post pandemia. Secondo me, se si vuole vivere veramente, bisogna mettersi in discussione ogni giorno.
Vuoi parlare di questo momento difficile per l’intera umanità?
Sento di dover dire qualcosa: secondo me la guerra e molto più grave della pandemia. La guerra, secondo me, è il primo esempio post pandemia di danno psicologico arrecato dal Covid. La pandemia ha fatto perdere dei valori a tanta gente, dove alcuni li hanno recuperati ed altri invece no. Quello che facciamo noi artisti è quello di permettere alla gente di recuperare questi valori. Se parliamo della guerra, a “questo signore” gli è partita la testa: invece di andare verso un mondo che doveva cambiare, è tornato indietro di ottant’anni. Una reazione, probabilmente che si sta verificando in tante persone, quindi noi dobbiamo pregare. Dobbiamo Pregare ogni giorno. Proprio ieri, c’è stata la dedicazione della Russia e dell’Ucraina al Cuore Immacolato della santissima Vergine Maria, quindi questo posso dire da uomo di fede. Quindi, ancora una volta, “Signuri fammi ‘na grazia”. La vera musica è quella che incide sull’animo delle persone, ed è probabilmente il motivo per il quale ho scelto di fare il musicista. Nel frattempo, preghiamo per la cosa più importante che è innanzitutto la Pace. Farò un concerto a Roma la prossima settima, quello che ti voglio dire, quanta gente mi ha risposto con il messaggio, dicendomi: “abbiamo bisogno di ascoltare musica, ascoltandoti ci arriva un qualcosa”.
Giovanni Bonarrigo
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