Politica
I GIOVANI E LE PRIMARIE DEL CENTRO SINISTRA
Le primarie rappresentano un passo importante per tutto il centro sinistra perché, permettendo alla gente di scegliere quello che probabilmente sarà il prossimo Presidente del Consiglio italiano, rispondono con la partecipazione a Beppe Grillo, che fa della riduzione della distanza fra rappresentante e rappresentato il suo cavallo di battaglia. Contemporaneamente, organizzando le primarie stesse, tramite la formazione degli Uffici Elettorali, le registrazioni, le votazioni, i dibattiti come quello svoltosi nell’aula consiliare di Roccalumera o la semplice propaganda, si creano le condizioni per guadagnare consenso.
Tuttavia, commentare il primo turno per me, che da parecchi anni sostengo pubblicamete e convintamente Nichi Vendola, non è affatto semplice. Credo che il risultato, che ha determinato che sia Renzi a sfidare Bersani, nonostante la buona affermazione di Nichi, segni la sconfitta dei giovani, che lasciano il potere decisionale in mano a chi già ce l’ha. Certamente, anche Renzi rappresenta i giovani, ma da una posizione politica che, a mio avviso, è più funzionale a scalzare la vecchia classe dirigente, che a fare gli interessi dei giovani, compresi quelli, che sono la maggioranza, i quali nonostante la precarietà, non solo non si occupano di politica, ma nemmeno si interessano.
Per spiegare perché noi chiedevamo il voto per Vendola è necessario accennare brevemente alla situazione politica nazionale ed internazionale. Il mondo è guidato da un pensiero secondo il quale l’uomo coincide con l’homo economicus, cioè quell’idea secondo la quale l’essere umano cerca incondizionatamente la massimizzazione del profitto. Si tratta di un’idea sviluppata nelle facoltà di economia negli ultimi decenni, anche se in fondo c’è sempre stata perché rappresenta l’individualismo proprietario borghese e, ancor prima, la natura umana, che è anche fatta di istinti, in questo caso istinti affaristici.
Il problema qual è? Potrebbe chiedere uno studente della Bocconi.
I problemi son principalmente due. Il primo è che nelle moderne società a capitalismo avanzato, il denaro da mezzo è divenuto fine e l’utilità individuale è diventata la principale metafora su cui si strutturano i discorsi sociali. Ciò ha determinato l’elevazione dell’aggressività a sistema, con la conseguenza che l’altro esiste al più in quanto competitor. Ci accorgiamo nella vita di tutti i giorni, del resto, come la paura che ne deriva pregiudichi i rapporti umani, e ciò perché il liberismo offusca l’altra faccia dell’essere umano, cioè quella mossa dall’empatia, dall’istinto alla socialità, che pure ci caratterizza come specie.
Il secondo problema è che, anche dal punto di vista meramente economico, questo sistema è andato in crisi. Fino a qualche decennio fa la produzione occidentale era crescente e il sistema sembrava andare verso la piena occupazione. Tuttavia, con la globalizzazione, cadute gran parte delle barriere tecniche e tecnologiche, la concorrenza di molti paesi che prima erano mercati, soprattutto dell’Asia, ha determinano la caduta dei profitti delle imprese occidentali. Dal canto suo, l’imprenditoria europea ha reagito puntando sulla finanza e abbandonando l’economia reale oppure delocalizzando, con ulteriore aumento della disoccupazione.
La risposta della politica è stata, invece, non rispondere. Nonostante le bolle finanziarie e la necessità dell’intervento pubblico per salvare grandi istituti di credito dalla bancarotta, spesso fraudolenta, la terapia è stata continuare a privatizzare, demolendo lo Stato e con esso le conquiste sociali dei secoli precedenti.
Men che meno le istituzioni internazionali si sono dimostrate all’altezza delle sfide. Si pensi alla Banca Centrale Europea, la cui indipendenza dalla politica si è tradotta in ciò che le manovre sulla massa monetaria vengono effettuate in modo tale da non intaccare minimamente il valore della moneta. Succede così che si condiziona il sostegno agli Stati in difficoltà a parametri tali per cui sarebbe preferibile fallire, senza il minimo riguardo per le conseguenze sociali che ciò comporta.
In questo quadro, chi sosteneva Vendola chiedeva una serie di politiche in comune con gli altri candidati, come una maggiore tutela ambientale, più spesa per la sanità, per l’istruzione, per la cultura e i beni culturali, meno spese militari, ma ciò che ci caratterizzava era che noi volevamo di più, cioè più Stato. Solo noi avevamo proposto, ad esempio, il salario minimo garantito.
La mia generazione (ho 35 anni), dallo Stato ha ereditato soprattutto i debiti, per cui noi chiedevamo semplicemente che, nella misura in cui non si riuscisse ad individuare chi questi debiti avesse fatto, a pagare fossero i cittadini più abbienti, come avviene in Francia, tassando i patrimoni superiori al milione di euro al 75% e come peraltro già è previsto nella Costituzione Repubblicana, lì dove all’articolo 53, enuncia il principio di progressività della tassazione.
Come si diceva all’inizio, quindi, un’occasione persa, ma solo in parte, se da queste primarie nascerà un nuovo Ulivo, forte e vincente, che sappia cogliere le istanze di malcontento che provengono dalla società, per convertirle in buona politica. Saranno le prossime settimane, ricche di impegni elettorali a deciderlo. Solo aumentando l’impegno e la partecipazione noi possiamo sperare, a partire dal ballottaggio per le primarie come in futuro, che l’Italia intraprenda la via giusta.
Maurizio Parisi
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