Motori, Sport
Miki Biasion: Campione, dai rally alla pista ai raid africani
Miki Biasion, pilota, nato a Bassano del Grappa il 7 gennaio 1958, due volte campione del mondo rally, (nel 1988 e nel 1989), rimarrà per sempre uno dei più grandi dell’epoca d’oro del Gruppo Lancia. Nel 1986 al volante della Delta S4 conquista il Rally d’Argentina, la sua prima vittoria iridata; nello stesso anno arriva quinto nella classifica mondiale. L’anno dopo con la Lancia Delta HF 4WD si aggiudica tre corse (Montecarlo, Argentina e Sanremo) e con 94 punti è secondo nel mondiale, preceduto di soli sei punti dal finlandese Juha Kankkunen. Corre nel frattempo anche con l’Alfa Romeo 75 Evoluzione nel campionato turismo.
-
Miki, in tuo palmares sportivo è legato indissolubilmente al marchio Lancia: quale fu la più grande emozione che provasti in quegli anni?
Beh! Emozioni moltissime logicamente. Forse l’emozione più grande è stata quando ho vinto il rally del Kenya nell’88, una gara dove il Gruppo Fiat aveva provato ad essere competitivo per vent’anni senza riuscirci. È stata una delle più grandi soddisfazioni della mia carriera, perché ero stato anche il responsabile dello sviluppo. Ho passato tantissimi mesi in Africa per mettere a punto la macchina e finalmente dopo diciannove anni siamo riusciti a vincere una gara stregata per il Gruppo Fiat. È stata effettivamente una grandissima emozione. Io in Lancia ero sia pilota che collaudatore, quindi soprattutto la Delta, che avevo “cresciuto” – come si dice – la macchina, la sentivo veramente quasi una figlia, però la gara africana era veramente una sfida. È stato un successo che mi ha veramente appagato sia come pilota che come collaudatore.
-
Il “mostro” Delta S4. Tantissima potenza ma non l’elettronica e tantomeno gli assetti di oggi: ci vuoi raccontare un breve episodio vissuto in prova speciale?
L’S4 indubbiamente è stata la macchina più affascinante, fra virgolette: i Gruppi B sono stati la categoria che ancora oggi tutti quanti ricordano con tanta passione. Effettivamente erano vetture costruite per la prestazione, dove il discorso sicurezza era un po’ sottostimato e purtroppo con i Gruppi B ci son stati tantissimi incidenti.
L’S4 è una macchina che ha vinto immediatamente, all’esordio in Inghilterra con Henri Toivonen e poi ha rivinto a Montecarlo. Dopo c’è stato il grave incidete di Toivonen in Corsica, però io e Markku Alen abbiamo fatto dei risultati eccezionali ed abbiamo lottato per la vittoria del titolo Costruttori fino alla fine. Indubbiamente, la macchina aveva tantissimo sviluppo da fare ed aveva un margine di miglioramento superiore a tutti gli altri avversari. Sarebbe stata la macchina da battere per gli anni successivi. Il Gruppo B fu cancellato appunto per il discorso della pericolosità, però con L’S4 anch’io mi trovavo benissimo. Sai, un pilota non pensa al pericolo ma pensa alla vittoria, una volta che sei in Prova Speciale il discorso sicurezza passa in secondo piano.
-
Anni ’80: il tuo contatto con i tifosi, ed i rally di oggi a paragone con la gente.
Purtroppo, i tempi sono molto cambiati. Noi, negli anni ottanta e novanta, eravamo molto a contatto con gli appassionati, coi tifosi, col pubblico perché, anche le assistenze erano libere lungo il percorso e quando un pilota si fermava all’assistenza, scendeva dalla macchina e quindi si dedicava a fotografie, autografi baci e abbracci. Oggi, i piloti non scendono più dall’automobile durante la gara, vanno direttamente ai parchi assistenza dove c’è il loro motorhome, con le sentinelle e non può passare nessuno e quindi c’è questo distacco si può dire. Non c’è più quel contatto fra il pilota e l’appassionato, di conseguenza, non dico che i piloti sono meno amati ma i rally sono cambiati. I piloti sono più seguiti sui social, tramite i telefonini o i computer, ma l’abbraccio, la chiacchera, la fotografia sono ormai cose dimenticate e quindi questo ha fatto un po’ allontanare il grande pubblico dalle competizioni. I pilota di rally, adesso somigliano un po’ più a quelli della Formula Uno, che sono un po’ più divi del cinema e un po’ meno in mezzo ai loro fans.
-
Il tuo rivale più forte con cui dovesti lottare, fu per esempio Kankkunen o qualche altro pilota?
Effettivamente pensavo a Kankkunen: con lui ci siamo spartiti i campionati del mondo dall’ottantasei sino al 91-92. Diciamo che lui è stato più bravo: lui ne ha vini quattro io due, il titolo nell’ottantasette che ha vinto lui, per una manciata di punti, forse lo meritavo anche io avendo vinto più gare ed avendo avuto più problemi tecnici durante le gare. Poi, sono arrivati i Sainz, gli Oriol, i Makinen e così via, ma sicuramente Kankkunen è stato il pilota con cui ho fatto le mie più grandi sfide e con cui ancora tutt’oggi ci sentiamo regolarmente.
-
Lancia Delta HF 4WD. Dopo la morte di Henri Toivonen e Sergio Cresto, in salto indietro alle Gruppo A, ma tu hai sicuramente interpretato al meglio queste trazioni integrali derivate dalla serie.
Si, diciamo che sono il pilota che ha vinto il maggior numero di gare di mondiale con la Lancia Delta. Conoscevo bene questa macchina di cui ho seguito lo sviluppo, l’ho vista nascere, l’ho vista crescere, e l’ho portata ad essere vincente anche coi miei compagni di squadra. È stato un periodo incredibile, anche grazie alla capacità impressionante degli ingegneri dell’Abarth e alla bravura dei vari meccanici.
-
Campionato turismo. Alfa Romeo 75 Evoluzione: dai rally alla pista, cosa cambia nella bagarre dei sorpassi e delle sportellate?
Beh! diciamo che io ero in gara nel Giro d’Italia automobilistico nell’88 e nell’89 vincendolo anche il primo anno, però noi rallisti facevamo le prove speciali e in pista eravamo sostituiti da dei grandi campioni dei circuiti come Patrese, Alboreto, Larini ecc.
Io ho avuto l’opportunità di fare alcune gare in pista con Maserati, con Ferrari, con la Porsche e devo dire che mi piace più correre in solitaria, cercando di affrontare le curve improvvisando, facendo derapate, controsterzi, pendoli ecc. La guida su pista è completamente diversa: per un rallista è un po’ più complicata ma ci sono dei rallisti come ho fatto io, come Walter Röhrl che in pista sono andati fortissimo.
-
Nel 1997 inizia la tua nuova carriera di pilota di camion nei rally raid. Grande stress fisico o di concentrazione?
Mah! è un modo molto particolare quello delle gare di fuoristrada, dove la guida effettivamente è importante ma non è basilare come nei rally, perché si guida molto improvvisando, non si conosce assolutamente il percorso e non c’è la possibilità di fare delle ricognizioni. Indubbiamente è stata una bellissima avventura, perché nei rally a me piacevano molto le gare di resistenza e di durata, quindi, era quasi una conseguenza andare a correre nel Tout Terrain, nel fuoristrada. Anche lì ho ottenuto dei grossi risultati: ho sfiorato la vittoria alla Dakar con la Mitsubishi nel 2002, ho vinto due Coppe del mondo con Iveco nel ‘98 e nel ’99. Logicamente, a me sono sempre piaciuti molto i rally, ed è per questo che mi sono dedicato più ai rally che al fuoristrada.
GIOVANNI BONARRIGO – Mail: info@fogliodisicilia.it
Invia un Commento