Bastian Contrario
Maschere e Potere
Tempo di Carnevale. Un tripudio di gioia che incontra la gente: dai bambini ai padri e madri di famiglia ai diversamente giovani, in maschere e spensieratezza. La tradizione veneziana ci rimanda a Maschere celebri, quali il variopinto Arlecchino, (il servo furbo, secondo alcuni); Pantalone, (proveniente da ricca famiglia ma troppo buono – “da qui il detto: paga Pantalone”); Pulcinella (col suo costume bianco e larghi pantaloni da servo), il babbeo popolano ingenuo vittima dell’astuzia altrui; Colombina, (la servetta seducente, astuta, vivacissima, che è immagine perfettamente speculare al femminile di Arlecchino) …
Maschere. Se l’ottimo Pirandello ci aveva visto giusto, maschere ognuno ne indossa una in ogni circostanza e la cambia a seconda della realtà sociale in cui vive. Ma facciamo un salto temporale quasi ai giorni nostri. Solo per fare un esempio, nel libro “la Casta” di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, testo che nel 2007 ebbe un grandissimo successo, troviamo quasi nascosto fra le righe, i palazzi, gli sfarzosi arredi, le auto blu e i Grandissimi nomi noti, un certo “parolina”: personaggio minuscolo, dimesso e dai modi ultra-gentili nei confronti delle alte cariche dello Stato che lui serve quotidianamente a Roma. È detto “parolina”, perché accostandosi, servile, all’onorevole di turno, chiede in ogni occasione se può dirgli… una parolina. Ebbene, nella tradizione costui guadagnava complessivamente più del Presidente della Repubblica (!)
Sicilia e Maschere. Nel settecentesco Palazzo d’Orléans a Palermo, sede del Presidente della Regione, si anniderebbero le più grottesche Maschere della Sicilia contemporanea. Ma ciò è vero solo in parte, perché ad ogni livello e grado avviene il… teatro.
La Sicilia è da millenni Terra di conquista, (dai Vandali, dagli Ostrogoti, dei Bizantini, degli Arabi, dei Normanni sotto cui nacque il Regno di Sicilia con Federico II, ed infine dei Borboni diventando regno delle Due Sicilie) e dunque ha costretto il popolo ad indossare spesso l’astuta maschera dello gnorri per sopravvivere, baciando le mani a chi avrebbe meritato gliele tagliassero di netto.
Ma forse non è il caso di addentrarci in un argomento tanto intricato e delicato quale è la nostra travagliata Storia. Centinaia, anzi migliaia di studiosi e dotti hanno, molto meglio di questo ignorante, vivisezionato le connessioni appartenute ad epoche differenti ed addentrandosi in situazioni molto ben descritte. Ripartiamo dunque dalle Maschere della nobile e commercialmente forte, Venezia del tredicesimo secolo, per poi arrivare a “Uno, nessuno e centomila”, romanzo (del 1925) o “Il fu Mattia Pascal” (del 1904), del grande drammaturgo Luigi Pirandello.
Citerei altresì Leonardo Sciascia, nato a Racalmuto l’8 gennaio 1921, il quale è pessimista sulle possibilità della Sicilia. Lo scrittore inveisce, critica ma cerca di dare senso a ciò che è l’oscurità del potere. Il pessimismo totale, secondo Sciascia, sarebbe il silenzio e l’immobilismo. Ebbene, il famoso romanziere fu ospite della cittadina di Savoca nell’ormai lontano 1962 e vi rimase per almeno una settimana, trovando ricovero all’interno del Convento dei frati Cappuccini. Nel famoso articolo de “IL GIORNO” del Maggio ’62, che titolava “Ritratto di un paese che muore” scrisse: “Attendono nel deserto la manna dei turisti”. Ma Savoca, città dal glorioso passato, in qualche modo ha saputo ripartire.
Maschere, dicevamo all’inizio. Ne “il giorno della civetta” (romanzo di Sciascia pubblicato nel 1961), trasposto in film nel 1968, fra gli attori, la bellissima e bravissima Claudia Cardinale e i grandi attori Franco Nero (ufficiale dei Carabinieri, Bellodi), e Tano Cimarosa, film da vedere e rivedere mille volte, si avverte forte quel senso di “immobilismo” necessario e forse indispensabile, che mai pare sia cambiato nei secoli in Sicilia.
Bastian contrario
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