Spiritualità
SAN FILIPPO D’AGIRA: STORIA FENOMENO E PIETÀ POPOLARE
Introduzione – In questo trattato parlo di chi è il santo, cito alcuni passi biblici, ed anche cosa dice il codice di diritto canonico. Successivamente descrivo la vita del santo, e come la sua santità e devozione si è propagata in altri paesi. Infine descrivo cosa mi dice il Direttorio sulla pietà popolare[1], e come la devozione dialoga o dovrebbe dialogare con le regole della liturgia.
Inizialmente non mi sono sentito coinvolto dalla figura di San Filippo d’Agira, in quanto ci sono tante notizie divergenti sulla sua nascita, sui luoghi che ha visitato, su ciò che ha fatto: insomma ci sono tante incongruenze, e queste all’inizio mi hanno reso difficile un contatto spirituale con il santo.
Poi però, poco per volta, venendo a contatto con la devozione dei paesani e approfondendo la conoscenza della vita del santo, ho cominciato a cambiare parere ed entrare nell’ottica che i santi sono dei modelli, nostri fratelli maggiori, sono stati uomini in continua orazione. Hanno capito e praticato l’esortazione di San Paolo: «perseverate assiduamente nella preghiera, e vigilate in essa con azione di grazia» (Col4,2). Hanno vissuto tutta la loro vita immersi in Dio, avvolti dal suo amore, e ci hanno insegnato qual è l’unica persona da seguire: Cristo Gesù.
[1] Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, Direttorio su pietà popolare e liturgia¸ Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2002.
Capitolo 1
San Filippo d’Agira: leggenda e storia
1.1.Il concetto di “santo” nella Bibbia, Antico e Nuovo Testamento
Il santo per eccellenza è Dio, da Lui derivano tutti gli altri “santi”, così come è testimoniato già dalla Sacra Scrittura: «Io sono il Signore, che vi ho fatto uscire dal paese d’Egitto, per essere il vostro Dio: siate dunque santi perché io sono santo»(Lev11,45).
Nella Bibbia “Santo”: è in opposizione a “profano”; santo per eccellenza è Dio che è al di sopra di tutto e di tutti nella sua infinita maestà e trascendenza. Conseguentemente è “santo” tutto ciò che appartiene a Dio e al suo culto, tutto ciò che è a Dio consacrato e solamente a Dio fa riferimento.
Negli scritti del Nuovo Testamento Gesù proclama la santità del Padre «Padre Santo» (Gv17,11); nel Padre Nostro Gesù chiede che il nome del Padre sia santificato. L’azione di Gesù mediante lo Spirito Santo è un’azione che santifica i credenti, e tutta la comunità cristiana che prega e serve Dio; per questo santi sono chiamati tutti i cristiani così come viene detto in Romani 1,7. La santità esige la rottura con il peccato e con i costumi pagani[1].
Per noi cristiani cattolici, poi il Codice di Diritto Canonico esige: «Tutti i fedeli secondo la propria condizione, devono dedicare le proprie energie al fine di condurre una vita santa e di promuovere la crescita della Chiesa e alla sua continua santificazione»[2].
Dopo aver visto quale è il concetto di santo nella Bibbia, ora ci accingiamo a vedere chi è San Filippo e come si festeggia in Agira.
[1] Cfr. Aa Vv, Storia della santità nel cristianesimo occidentale, Viella, Roma 2005, 29-31.
[2] CJC 210.
1.2. Descrizione del paese di Agira
Descrivere il culto di un santo, significa calarsi nel periodo storico, negli usi e costumi della gente e del paese, dove questo culto fiorisce, nel nostro caso Agira, la quale sorge su una montagna che domina le valli del Salso, affluente del fiume Simeto e del Dittaino.
Nell’età di Dionisio, Agira era governata da Agyris, un tiranno, il cui esercito era superiore a quello di Dionisio. Successivamente Agyrius e Dionisio si allearono per combattere contro i Cartaginesi di Magone. Intorno al V sec. a.C., Agira coniò le sue monete di bronzo. Le zecche in questo periodo erano importanti, perché avevano uno scopo più politico che economico, infatti i tiranni siculi si volevano ornare di tutti i simboli della civiltà greca[1].
Agira è stata occupata da molti popoli: i sicani; i greci, i romani; i barbari; i Bizantini; gli arabi; i normanni; gli svevi, i francesi, gli aragonesi, gli spagnoli, i savoiardi, gli austriaci, i borboni[2].
1.3. Vita di San Filippo d’Agira scritta dal monaco Eusebio
Nella provincia della Tracia, al tempo dell’imperatore Arcadio, un uomo, Teodosio, di origine siriana, aveva preso in sposa una donna romana, Augia. Era una famiglia benestante, e timorata da Dio.
Durante la festa dell’esaltazione della Santa Croce, a Settembre, mentre trasportavano il bestiame per venderlo, il fiume ruppe gli argini e travolse tutta la famiglia, in quell’occasione morirono i tre figli. I genitori rimasero turbati e addolorati, pregavano giorno e notte. Dio ascoltò il loro grido di angoscia, così una notte apparve in sogno ad Augia, un uomo anziano, e le disse:
«perché ti angosci così per la perdita dei tuoi figli, così facendo irriti Dio! Se ti presenti per servire il Signore, prepara il tuo cuore alla prova. Se fai il bene accogli anche la prova che ne deriva, infatti colui che il Signore ama, lo educa. Non essere più triste, spogliati della tua tristezza, togliti le vesti del lutto, ungi con olio il tuo capo e lava il volto con la gioia del cuore».
Ella da queste parole prese forza, vigore, e con il proprio marito si mise a lodar Dio, il Signore[3].
Dopo poco tempo nacque Filippo, che già all’età di sette anni progrediva nello studio, nella sapienza, nella conoscenza, nella pace interiore. La madre era contenta e un
[1] Cfr. R. Patanè, Agira,Multigrafica, Troina (Enna), 21998 ,14.
[2] Cfr. F. Provitena, Agira dalle origini ad oggi, Lacagnina, Nicosia 1967, 10-43.
[3] Cfr. F. Pulvirenti, S. Filippo d’Agira, Bohémien, Aci sant’Antonio (Catania), 17-18.
giorno esclamò: “come sarebbe bello se tu potessi andare a Roma, conoscere la mia parentela; potresti imparare la vita ordinata dei monaci, la prudenza degli asceti, la temperanza, la vigilanza e la disposizione dei laici a recarsi in chiesa con timore e pieni di riverenza.
Nel cuore di Filippo crebbe l’idea di partire per Roma; un giorno questo sogno si avverò e dopo aver ricevuto la benedizione del padre parti partì insieme al monaco Eusebio, il quale conosceva sia la lingua greca che quella latina e di conseguenza gli faceva da traduttore[1].
Da parecchi mesi Filippo si trovava a Roma, ed era un po’ scoraggiato, perché parlava in lingua siriaca non conoscendo il latino, di conseguenza non poteva esplicitare al meglio il servizio diaconale. Il papa sapendo questo grande desiderio che Filippo portava nel cuore, durante la celebrazione lo chiama e gli dice: “vieni a leggere, diacono Filippo parla anche tu come parliamo noi”.
Successivamente il papa ordinò presbitero Filippo, e gli donò un libro, che è per l’esattezza, un decreto apostolico, scritto dal papa, che Filippo doveva portare sempre con se. Questo decreto si presenta come un vero e proprio volume è presente come elemento caratteristico dell’iconografia del Santo. egli viene infatti rappresentato
«San Filippo viene rappresentato con un libro nella mano sinistra e con la destra benedicente. Nella tradizione latina il decreto è spesso identificato con il Vangelo. Per gli ortodossi, che anche mantengono il culto, il decreto sarebbe il dogma di Calcedonia (451) con il quale si vuole difendere la divinità del Verbo incarnato contro l’eresia ariana»[2]
Gli raccomandò inoltre: nel tuo viaggio di ritorno, passerai nelle regioni meridionali della provincia di Sicilia, troverai un paese di nome Agira, dove avvenne una migrazione di spiriti immondi provenienti da Gerusalemme.
Quando Nabucodonosor entrò in città, aveva sfondato le porte del tempio, lì trovò dei vasi di bronzo che erano chiusi, pensò che ci fossero dentro oggetti d’oro, e cose preziose, li aprì, ed uscirono tanti spiriti immondi che si diressero ed abitarono in una cavità della roccia nel paese di Agira, di fronte al monte chiamato Etna:
«Nella mitologia greca l’Etna era la sede dell’officina del dio del fuoco e dei ciclopi che fabbricavano i fulmini per Zeus. Nel medioevo non fu difficile trasferire queste immagini mitologiche al mondo satanico, e l’Etna venne comunemente ritenuta la bocca dell’inferno».[3]
[1] C. Pasini, Vita di San Filippo d’Agira attribuita al monaco Eusebio, “Orientalia Christiana Analecta” 214, Pont. Institutum Studiorum Orientalium, Roma 1981, 137.
[2] Cfr. P. Daidone, San Filippo d’Agira, Parrocchia San Filippo Abbazia, 1999, 15.
[3] C. Pasini, Vita di San Filippo d’Agira attribuita al monaco Eusebio,139-143.
Giunto ad Agira, Filippo andò ad abitare, assieme al monaco Eusebio, in una grotta, che fu la sua abitazione fino alla morte.
1.4 Agira: i luoghi di culto e preghiere
La grotta: qui dovette lottare molte volte contro il diavolo. Nel periodo tra aprile e maggio tutti i devoti, si riuniscono per celebrare i mercoledì di San Filippo in preparazione della festa del 12 maggio. In questa occasione viene recitata questa preghiera:
«San Fulippu, san Fulippu, cuorpu santu binidittu, la me casa eni muntuata, nun ci po lu malidittu, pi la strata e pi la via, c’eni lu mantu di Maria; San Fulippu andiamo andiamo. San Fulippu a vui circamu, pi nuatri piccaturi misericordia do Signuru, San Filippo, San Filippo, corpo santo e benedetto, la mia casa è sciagurata, non ci può il maledetto, per la strada e per la via c’è il manto di Maria; San Filippo andiamo, andiamo, San Filippo a voi cerchiamo, noi peccatori cerchiamo misericordia dal Signore»[1].
[1] P. Daidone, La Storia di San Filippo d’Agira, in www.Agira.org (25-10-2009).
Tripuzzedda, qui si ricorda un altro miracolo: una madre povera manda via da casa, le sue tre figlie, non potendo dare loro la dote. Esse furono aiutate da San Filippo che fece trovare loro un tesoro nascosto. Per ricordare questo fatto, nel mese di aprile, verso l’imbrunire si recitano queste preghiere:
«Iu mu curcu ni stu liettu cu Gesù supra lu piettu, iu duormu, iddu vigghia, se c’eni cosa m’arrisbigghia; Io mi corico in questo letto, con Gesù sopra il petto, io dormo, lui veglia, se ci sono problemi mi sveglia»;
«Iu mi curcu pi durmiri, e, cusà, puozzu muriri, se nun c’eni lu cunfissuri, pirdunatimi Signuri; io mi corico per dormire, e chissà posso morire, se non c’è il confessore, perdonatemi o Signore»[1].
[1] Idem, San Filippo d’Agira, 49.
La Fontana Maimone o Mammone (il nome del demonio potrebbe avere origine siriaca e sembra richiamare il nome con cui nel vangelo viene indicata la ricchezza e l’avidità), così chiamata perché lì c’è una grotta dove si pensava abitasse un diavolo che tormentava le bestie che si abbeveravano o dava fastidio alle persone che passavano[1]. In questo luogo viene raccontata una leggenda: una scommessa che il santo fece con il demonio.
« un giorno San Filippo rivolgendosi al diavolo gli disse: “Tu mi leghi con le catene, io con un filo di capello, vediamo chi fra noi due si slegherà per primo!” San Filippo riuscì a liberarsi mentre il diavolo rimase legato tanto da chiedere al santo quando lo avrebbe liberato, ma la risposta di quest’ultimo fu: “ Ti libererò quando Pasqua verrà in Maggio.” Da questo episodio leggendario ne deriva il detto usato tutt’oggi:“quannu Pasqua veni ‘nna majo” ovvero mai»[2].
[1] È un racconto che gli anziani dicono ai piccoli. Purtroppo non è scritto in nessun libro
La “Cateva” cioè la cripta della Chiesa di San Filippo, luogo ove è stato sepolto il Santo e dove tutti i devoti si recano in preghiera per chiedere o ringraziare il santo per le grazie ricevute. Sopra la cripta è stata costruita la Chiesa Madre o Abbazia con tre navate, adorna di affreschi religiosi e sull’altare maggiore è presente un coro ligneo con in esso scolpita la storia di San Filippo[3].
Tutti questi luoghi menzionati sono oggi mete di pellegrinaggio dei devoti del santo.
[1] Ibidem, 32.
[2] È un racconto che gli anziani dicono ai piccoli. Purtroppo non è scritto in nessun libro
[3] Cfr. P. Daidone, San Filippo d’Agira, 1999, 33.
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