Spettacolo e Cultura
CIAO LUCIO, (ripensando alla Torre) CI RIVEDREMO… IN PIAZZA GRANDE!
Lucio DALLA? Adesso che non è più fra noi mi fa riflettere. Ma chi era quell’omino, piccolo, peloso, col basco e gli occhiali tondi su un visetto barbuto? Ebbene, un tempo, ascoltavo canzoni di cui pur apprezzandone le parole non mi curavo tanto di sapere a chi appartenessero. I Morandi, i Celentano poi, erano voci di altre giovinezze. Di quella dei miei genitori. Oggi, risentendole, ne so poco, ma veramente poco i più. Eppure:
Caro Amico ti scrivo così mi distraggo un po’. “L’anno che verrà”, la lettera-canzone caro Lucio, che, forse, ognuno di noi vorrebbe scrivere ad un amico o un’amica, almeno una volta nella propria vita. Così, per volare con la fantasia via dalla realtà di un anno qualunque ormai passato, affacciandosi senza troppe pretese verso il nuovo anno che arriva e che “fra un anno passerà”, come dicesti tu, cantante. Ma, sono altri pensieri e ricordi i miei, quelli che vedono anche me in “Piazza Grande”, quella Piazza Maggiore bolognese in cui tu descrivesti un mendicante, io invece ci vissi le occasionali tante sere in libera uscita durante il servizio di leva. Ci andavo per telefonare a casa, per elencare la giornata ai miei. Emozioni raccontate, a due passi dalle due Torri. Passeggiavo fra il Nettuno e la Chiesa dalla facciata di “due colori” (la grande Basilica di San Petronio, costruita in due epoche diverse), ma con la mente ero già desideroso di tornare ad abbracciare il mio sole e il mio povero ma caro paesello.
Bologna la ricca, Bologna la Grassa, ma dove un ancor giovane Beppe Maniglia fra un brano di piazza e l’altro, esplodeva una borsa dell’acqua calda con il fiato dei suoi polmoni e si guadagnava da vivere suonando la sua chitarra ai passanti. Faceva freddo, in quell’ormai lontano inverno del 1987, un freddo per me, siciliano, veramente sconosciuto. “Piazza Grande”, Lucio, presentasti questa canzone nel Sanremo dell’ancor più remoto 1972, e di nuovo risentendola, mi affiorano alla mente ancor più ingialliti i ricordi. Un minuscolo dietro bottega, la luce di un pomeriggio che illumina un tavolo spoglio, un raggio di sole che illumina la stanza lì dalla vecchia porta di legno che da sulla “vanedda dà Turri”. Avevamo una storica radio a valvole e spesso ascoltavamo fra le altre, anche “4 Marzo 1943”. Neanche sapevo io, bimbo, che quella fosse la tua data di nascita, di certo mi risuonava quel “…per la gente del porto, mi chiamo Gesù Bambino”. La presentasti a Sanremo nell’ancor più lontano 1971. E che dire poi, negli anni, via via dalla famosissima “Caruso” a “Come è profondo il Mare” all’ultimissima… “Nanì” di Carone, di tempo ne è trascorso.
Un saluto caro Lucio, dalla mia Sicilia alla tua Bologna, alla Torre degli asinelli, al Nettuno. Saluto te, uomo e cantante di un’epoca mai passata e per me sempre presente. Epoca mai dimenticata, forse un po’ rimpianta col senno di poi.
Ti saluteranno domani, Domenica “4 Marzo 2012”, (avresti compiuto i tuoi 69 anni), i tuoi fratelli bolognesi, ti saluteranno da tutto il mondo, scorreranno come ieri ed oggi, lacrime a fiumi, sventoleranno fazzoletti e foto e si canteranno tue canzoni, lo faranno giovani e ragazzini e anziani. E sarà un giorno indimenticabile per tutti. Addio, vecchio Lucio, anzi, arrivederci.
Redazione
03 Marzo 2012
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