Storie di Sicilia
“FURCI SICULO ANNI 40-50” (i ricordi di Mariano Spadaro in un libro)
EMIGRANTI: E’ incredibile come la “Madre Terra” nella quale siamo nati rimanga dentro di noi, per tutta la nostra esistenza, ovunque la nostra vita ci conduca. Nella sezione di Fogliodisicilia.it “STORIE DI SICILIA”, ci siamo già occupati di emigranti nel mondo. Abbiamo parlato di Lina Pino Cucinotta (anzi, lei sessa si è raccontata a più riprese in esclusiva per noi), emigrata in Sudafrica (Pretoria), dove ha costruito una famiglia con la quale vive ancora oggi. Abbiamo parlato di Gino Bonarrigo, (fratello di mio padre), emigrato in Inghilterra in giovanissima età alla ricerca di fortuna e dove vive tutt’ora a Kenilworth. E’ proprio vero: La nostra Terra ci rimane nel cuore. Di una vecchia poesia delle elementari, intitolata “Il treno dell’Emigrante”, il sottoscritto ricorda soprattutto queste parole: “…ho portato un pane, un frutto, e questo è tutto… ma il cuore no, non l’ho portato, nella valigia non c’è entrato, lui resta fedele come un cane nella Terra che non mi da pane”.
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Oggi, attingendo dal libro di Mariano Spadaro, “FURCI SICULO Anni 40-50, cinquant’anni di Ricordi”, leggiamo insieme:
IL MIO PAESE. Provengo da un piccolo paese dove tutti i suoi abitanti, avevano al massimo la licenza della terza elementare, fatta eccezione per il prete e l’ufficiale postale, ed erano dediti alla coltivazione della terra. Non avevo quattro anni quando, caricate le poche masserizie su un carretto, raggiungemmo la nuova destinazione. Lasciavamo il paese natìo dei miei per andare a vivere “a marina” dove, secondo loro, ci aspettava una vita migliore; ma soprattutto mio padre non intendeva che io crescessi in campagna. Ho tanti ricordi di Locadi, dove mi portavano spesso non solo per trovare i miei nonni ma anche per non dimenticare le mie radici. Cominciavo a diventare grandicello, quindi i ricordi più chiari di cui commento quasi tutte le sfumature sono legati a Furci e sono questi, con particolare riferimento agli anni ’40 e ’50, di cui parlerò. Furci Siculo (con coordinate 37° 57’ 41” – 15° 22’ 54”) sorge sul mare, lungo la statale 114 Orientale Sicula e dista da Messina e Taormina rispettivamente 30 e 20 Km. Era, ed è un bel paese di poco più di tremila abitanti. Si sviluppa linearmente per novecento metri incastrato fra i torrenti Savoca e Pagliara e in larghezza mediamente per circa quattrocento metri, tra la ferrovia e il mare; tranne qualche eccezione come la via Cesare Battisti e via Madonna delle Grazie. La prima collega il paese con Grotte e Calcare (a circa 2,00 Km), che con Artale completano le principali frazioni del paese; la seconda con la contrada omonima.
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Una spiaggia che allora era di circa ottanta metri ed oggi è un po’ ridotta dalla costruzione del lungomare. Guardando da nord/est a sud/est si può ammirare uno stupendo mare fra i capi Alì e Sant’Alessio e quando il cielo è terso a nord/est la Calabria con Reggio e Villa San Giovanni (molto belle anche illuminate di notte); a sud/ovest si erge maestoso l’Etna con la sua neve quasi perenne, a ovest la nostra allora bella montagna liscia, a nord le colline che declinano lentamente verso il mare. Gran parte di questo territorio coltivato era di sostentamento per buona parte della cittadinanza furcese. Si usciva da una disastrosa guerra malamente perduta e certamente negli anni quaranta e cinquanta non si stava economicamente molto bene. La grandissima maggioranza delle case erano composte dal solo piano terra con copertura a canali ed erano abitate da modeste famiglie. Tante erano provviste di luce elettrica, nessuna aveva l’acqua corrente. Quando calava la sera alcuni ancora usavano “a lumèra” ad olio, altri il lume a petrolio, la maggioranza aveva la luce elettrica ma per risparmiare molti la tenevano spenta anche di sera e spesso usavano lampadine con il minimo voltaggio.
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L’acqua invece si prendeva dal pozzo che era presente quasi in tutte le case e, per chi non lo aveva, in quelli pubblici che stavano per strada. Neanche il gas era disponibile: infatti c’erano le cucine a legna e a carbone. Il braciere era l’unico mezzo di riscaldamento intorno al quale nei periodi invernali tutta la famiglia si riuniva. Le strade, esclusa la via IV Novembre asfaltata e via Cesare Battisti di forma “concava” fino alla ferrovia in cemento, erano tutte in terra battuta. Potete immaginare i solchi lasciati dall’acqua piovana e dal passare dei carretti, allora quasi unici mezzi di trasporto, con le conseguenze per tanti ciclisti che disgraziatamente capitavano dentro quei “binari”! Gli abitanti vivevano principalmente di agricoltura, che era, credo, la maggiore fonte di guadagno. Si coltivavano soprattutto limoni e mia madre spesso diceva: “Pensa che con cento alberi di limone ci campa una famiglia media”. Per come era la vita di quei tempi credo avesse ragione.
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In verità, c’erano anche tre o quattro grossi proprietari che erano benestanti: infatti a quei tempi i limoni si vendevano a buon prezzo. La lavorazione di questo prodotto aveva fatto ingrandire alcune fabbriche, di cui una molto importante esiste ancora oggi. Anche la pesca era praticata dagli abitanti di Furci. Poi i primi lavori di ricostruzione e l’artigianato completavano il ciclo lavorativo. In quegli anni s’intensificava anche l’emigrazione (con le grosse valige di cartone legate con lo spago) per il nord Italia e l’espatrio per l’Europa e le Americhe soprattutto verso l’Argentina e il Venezuela. Chi andò in queste due ultime nazioni non ebbe fortuna, al contrario di chi invece si recò negli Stati Uniti. In paese si vedevano poche macchine, alcune moto, tante biciclette e diversi carretti. C’erano alcuni diplomati e pochi laureati, la grande maggioranza degli abitanti aveva la quinta elementare, tanti la terza e diversi erano gli analfabeti. Questo era il nostro paesello! Forse … uguale a tanti altri in Italia.
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PERSONAGGI: MELO GARUFI
Durante la mia infanzia si sono succeduti a governare il nostro paese tre sindaci: il dott. Farmacista Umberto Spinelli, dal gennaio all’ottobre del 1946; il dott. notaio Vincenzo Gregorio, dal dicembre del 1946 all’agosto del 1952, e il professore Melo Garufi, dall’agosto 1952 al maggio 1985. Quest’ultimo non poteva mancare nella galleria dei personaggi. Anche se è stato in carica per tanto tempo l’ho potuto seguire fino al 1959. Ho conosciuto molto bene Melo Garufi, in quanto figlioccio per Cresima, e ne ero orgoglioso. Persona intelligente, brava, corretta, grande fumatore, quanti pacchetti di “Giubek” prima e “Serraglio” poi ha mandato a comprare! Sindaco capace e lungimirante che molto ha fatto per il nostro paese. Abitavamo entrambi in via Cesare Battisti, io ragazzino che mi affacciavo alla vita, Lui professore affermato di lettere. A causa, credo, di una poliomelite, il suo aspetto fisico aveva subìto qualche menomazione, ma madre natura gli aveva dato tanto intellettualmente. Lo guardavo con molta ammirazione ed ero ben lieto, quando mi era consentito, di fare qualche cosa per rendermi utile. Insegnava al S. Ignazio di Messina e io, tredicenne, spessissimo la mattina presto lo accompagnavo a prendere l’autobus sulla via nazionale, all’inizio di via Cesare Battisti. Veramente Lui, aspettando l’autobus, mi correggeva e qualche volta mi traduceva completamente la versione latina che io studente svogliato delle medie non avevo voluto o saputo risolvere.
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Durante il suo lungo mandato il paese ha subìto una profonda trasformazione. Furci post bellico diventò un paese moderno. Tutte le strade furono rifatte, basti pensare a via Cesare Battisti che, da forma concava in cemento che in inverno sembrava un torrente in piena impossibile da transitare, si trasformò in una strada normale con l’incanalamento delle acque in sotterraneo. Tutte le altre vie prima in terra e spesso scanalate dalle piogge nei periodi invernali, furono sistemate con mattonelle di asfalto. Ricordo molto bene, quindicenne in piazza, a festeggiare lo zampillo della prima acqua. Era una realtà molto sospirata l’acquedotto che da Locadi (paese di origine dei miei genitori) portava l’acqua a Furci. Finalmente avevamo l’acqua corrente! Poi con la costruzione di una adeguata rete di distribuzione non si prese più l’acqua dai pozzi che per tanto tempo aveva dissetato i nostri avi. Inoltre, con una fognatura idonea si eliminavano anche i vecchi pozzi neri. Tanti altri lavori resero il nostro paese all’avanguardia fra quelli della riviera jonica. Molti paesani, specialmente i più anziani sanno quanto abbia fatto per Furci Melo Garufi. Io non voglio annoiarvi con i lavori fatti e promossi, ma voglio parlarvi della sua persona.
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Nei periodi estivi andavamo spesso in spiaggia insieme ed in acqua si organizzavano partite di pallanuoto. Lui era il portiere e con due difensori ingaggiava una battaglia con tre di noi attaccanti. Ovviamente per vincere la partita bisognava segnargli un certo numero di reti in un determinato tempo. Alcune volte si giocava anche nel pomeriggio qui diventava attaccante o arbitro. Soleva sedersi sulla via e con la palla di gomma cercava di fare gol a noi ragazzi. Si trasformava da severo professore in ragazzino della nostra età, ce la metteva tutta per batterci più volte e quasi sempre ci riusciva. Aveva delle grosse spalle e due braccia molto potenti. Nelle vesti di arbitro era molto severo e durante le partitelle (in genere tre contro tre) tra noi giovincelli, chi osava contraddirlo! Allora si poteva giocare in strada perché su quella via passava una macchina circa ogni mezz’ora e una bici ogni cinque minuti. Fu merito suo se giovanissimo ho visto le mie prime partite di una certa importanza. La serie B al Celeste di Messina e gratis, in quanto aveva diritto ad un accompagnatore e qualche volta questi ero io. Che felicità per un tredicenne! Aveva anche dei difetti? Forse si, non esiste l’uomo perfetto o che non sbaglia mai e chi è al comando è soggetto a tanti errori e critiche. Per me il suo difetto principale era quello di essere troppo buono, in qualche caso il pugno di ferro avrebbe sortito migliori effetti, ma lui non ne era capace.
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N.B. I testi sono tratti dal libro di Mariano Spadaro “ANNI 40-50 Furci Siculo 50 anni di ricordi”.
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