Storie di Sicilia
ANTICHI MESTIERI: ‘U FIRRARU o ‘U FUGGIARU (il fabbro e maniscalco)
Chi ricorda la moneta da 50 Lire, quella che incominciò il suo corso nel 1954? Sul dritto della stessa è coniata la figura del dio Vulcano intento a battere sull’incudine, segno di lavoro e produttività. Come il dio Vulcano, il mesto ma tenace Fuggiàru, (il fabbro), era una delle figure tipiche e caratteristichedi un tempo che fu.
Così descrive e racconta la particolare figura d’ù Fuggiàru, nel suo libro “Aspri limoni e soavi gelsomini”, Nina Di Nuzzo: “Nelle vicinanze del Collegio, adiacente alla scala che porta alla stazione, c’era l’officina del fabbro e maniscalco don Francesco Grasso, “ù Furgiaru”, detto pure “ù Rossu”, un po’ dialettizzando il cognome un po’ per richiamarsi alla figura imponente. Passandovi davanti per andare a scuola, lo osservavo al lavoro, sornione, bonario e sempre sorridente, e mi svaniva di colpo l’idea di collegare quell’ambiente fuligginoso e buio, rischiarato dagli improvvisi bagliori di braci ardenti ferri arroventati, a un angolo dell’inferno che, secondo le ripetute descrizioni delle suore, non doveva poi essere tanto diverso. La scrittrice, ricorda ancora: L’acre odore di zoccoli bruciati, i nitriti d’insofferenza delle bestie, il suono ora cupo ora argentino dei martelli, le scie luminose delle scintille e lo stesso maniscalco intento a ferrare il cavallo di un carabiniere.
Con l’avvento dei mezzi di trasporto a motore, (dalle autovetture al motocarro al camion), venne a scomparire (assieme ò Carrittèri), la figura del fabbro-maniscalco, tanto che qualcuno di questi ultimi si dovette adattare ad altro mestiere.
‘U Firraru di paese, un tempo realizzava umili strumenti da lavoro come ù zappuni (la zappa), oppure ù scappèddu (lo scalpello), utensili da cucina ecc. In un’epoca, più recente ci ritroviamo un fabbro che realizza infissi esterni per abitazioni: porte, finestre, ringhiere, cancelli in ferro battuto ecc… non solo utilizzando il ferro ma anche l’alluminio. Senza parlare delle industrie meccaniche, che oggi realizzano immense opere in ferro e/o acciaio, fra cui capannoni, tralicci ecc.
QUALCHE DETTAGLIO TECNICO
Posto sulla forgia, il metallo diventa prima rosso, poi arancione, poi giallo ed infine bianco. La colorazione giallo-bianco, più o meno nota come colore di forgiatura, è quella ideale per la lavorazione. Per evitare che la luce ambiente impedisca al fabbro di valutare con precisione il colore del metallo, molti fabbri lavorano al buio, o in ambienti poco illuminati.
RICORDANDO…
Modellato a colpi di mattèddu, piegato, sagomato, il metallo prendeva la forma desiderata. Fra le operazioni di lavoro ricordo anche la saldatura, il taglio lineare od a 45° dei profilati a “L” o a “T” e la levigatura delle giunzioni del manufatto finito.
Lo scrivente, per averle osservate da bambino, può ancora rivivere nella memoria le immagini di ordinario quotidiano lavoro in quella bottega buia sita a due passi da casa. Un locale affumicato e fuligginoso dove “ù Fuggiaru” batteva ritmicamente ‘cù mattèddu (col martello), il ferro precedentemente arroventato ‘ntà fòggia (focolaio a carbone), sull’incudine, a intervalli regolari. Fra gli strumenti che usava ‘u firràru, ricordo anche: ‘a squatra (la squadra), ‘a tinàgghia (le tenglie), ‘a mòrsa, ‘a ghiavi ‘ngrisi (la chiave inglese), ‘u cacciaviti (il giraviti), ‘u calibru e ‘a mòla.
Osservare ì spisìddi (le scintille) sprigionate d’à mòla, le quali fuoriuscivano ‘ntà vanedda (nella viuzza), invadendola di una forte luce rossa, era uno spettacolo pirotecnico dal quale tenersi precauzionalmente distanti, proteggendosi gli occhi.
– Redazione.
ARTICOLI CORRELATI:
ANTICHI MESTIERI. ‘U SCARPARU (il calzolaio) e ‘U CUSTURERI (il sarto)
Invia un Commento