Storie di Sicilia
Da Naxos a Giardini Naxos. Da prima colonia greca in Sicilia passando dal Risorgimento
Prima colonia greca in Sicilia, Naxos venne fondata nella seconda metà dell’VIII sec. a.C. (734-733 a.C.) dai calcidesi di Kalkis guidati da Tukles a cui, come sembra quasi certo, si unirono i Naxii provenienti dalle grande isola dell’Egeo.
Ma non soltanto prima colonia greca in Sicilia: essa stessa è anche caposaldo, punto di partenza, della colonizzazione calcidese della parte orientale dell’Isola. E’ da Naxos, infatti, che muovono, come racconta Tucidide, i contingenti di uomini che fondarono sulla pianura prima Leontini e poi Katane.
Le ricerche archeologiche hanno inizio a Naxos nel 1953 e proseguono a partire dal 1961 e sino al 1982 sotto la guida di Paolo Pelagatti, cui si deve la delimitazione dell’area della città e l’individuazione di due distinti impianti urbani, che si susseguono sovrapponendosi nell’arco di poco meno di tre secoli, dagli ultimi decenni dell’VIII sino alla fine del V sec. a.C.. Gli scavi all’interno della città e nelle aree esterne limitrofe sono ancora in corso.
E’ stato inoltre accertato che la penisola, soprattutto nella parte orientale intorno a Capo Schisò, fu abitata a partire dal Neolitico e dall’età del bronzo, quasi ininterrottamente, sino all’arrivo dei Greci.
L’Antica area urbana, quasi pianeggiante, risulta compresa tra la baia ad est ed il torrente S. Venera ad ovest, occupando i terreni della penisola di Schisò e quelli ad essi immediatamente adicenti a nord.
Il primo stanziamento coloniale di entità ridotta è stato localizzato sulla penisola, nell’area già occupata dal Castello di Schisò, ed in quelle circostanti prospicienti la baia. Già a partire dal VII sec. a.C. l’intera penisola ed il territorio immediatamente a nord di essa risulta urbanizzato. Nel secolo successivo la città si articola seguendo almeno due orientamenti, mentre alla fine dello stasso risale la costruzione delle mura di fortificazione. Nel V sec., poi, si assiste ad una vera e propria rifondazione secondo uno schema modulare, rigidamente regolare.
Traplateiai, diseguali tra loro per lunghezza, sono tagliate ortogonalmente e a intervalli regolari da una serie di stenopoi. Questo reticolo stradale che individua gli isolati, costituisce uno degli esempi più completi e meglio conservati di città di modello “ippodameo” dell’Occidente greco.
Si tende, com’è noto, ad attribuire a Ierone tale ridefinizione dello spazio urbano. Se i dati di scavo fissano ai primi decenni del secolo la nascita della nuova città, l’adozione generalizzata, in un sito di forte ed indubbia tradizione ionica, del piede dorico sembrerebbe una traccia probante dell’intervento del tiranno che, come tramanda Diodoro, deporta a Leontinoi i cittadini di Naxii e fa confluire a Katane ben duemila coloni tra Peloponnesiaci e Siracusani (470 a.C.). Questa nuova città dalle larghe strade e pianificata secondo uno schema rigidamente geometrico viene distrutta da Dionigi intorno al 403 a.C.. Abbattute le mura, le torri e gli edifici, gli abitanti vengono dispersi o venduti come schiavi; gli esuli troveranno, poi, accoglienza a Taormina (350 a.C.), a ben ragione da considerare l’erede dell’antica città. Dopo la distruzione dionigiana, l’area della città sembrerebbe contrarsi e concentrarsi lungo le pendici orientali della collina di Larunchi in stretto rapporto con il bacino portuale, sfruttando la viabilità ivi residente, ovvero la plateia C e lo stenopos 6. Attorno a questo ultimo, alle falde della stessa collina, più tardi, si articolerà la mansio romana ricordata dall’Itinerarium Antonini.
I BIZANTINI A CAPO SCHISO’
Sul Capo Schisò rimangono i resti di un insediamento bizantino, segno tangibile dell’ininterrotta attività dell’antico porto. Nel contempo si sviluppa al centro della rada, lungo il basso corso del torrente S. Giovanni un abitato in relazione con una zona di ancoraggio e allo sbocco della strada di collegamento con Taormina: sembra questo essere il nucleo originario dela moderna Giardini, insediamento che andrà lentamente crescendo sino all’inizio del secolo scorso – prima, cioè, dell’esplosione industriale turistica, avvenuta nel corso del nostro secolo – quando arriverà a contare circa duemila abitanti, dediti principalmente alla pesca. Pare anche che un certo rilievo abbiano avuto la coltivazione e la trasformazione della canna da zucchero, nei secoli della dominazione spagnola della Sicilia, e la produzione del cotone. Colture successivamente soppiantate dagli agrumeti ed alle quali si deve il toponimo di “borgo delli giardini”.
DA NAXOS A GIARDINI NAXOS
A partire dall’infauso 403 a.C., sull’antica Naxos cade il silenzio; cessa di esistere come città e sua erede è Taormina. Soltanto in epoca normanna si tornerà a costruire a Capo Schisò, di proprietà della ricchissima famiglia dei De Spuches, territorio che, comunque, rimarrà prevalentemente agricolo sino ai nostri giorni.
Le testimonianze archeologiche attestano infatti che solo aree prospicenti la baia continuano ad essere abitate ed utilizzate come zona portuale di Taormina. E’ quì che, intorno alla fine del III sec. d.C. sarebbe sbarcato San Pancrazio, primo vescovo di Taormina, a cui la tradizione attribuisce la cristianizzazione del proprio territorio.
Soltanto in epoca borbonica e garibaldina le cronache storiche si sarebbero interessate nuovamente del borgo di Giardini: sarà la figura enigmatica di un prete, l’abate Salvatore Cacciola, che ne riporterà alla ribalta il nome, intorno alla metà dell’800, quando chiederà a Ferdinando II di Borbone, Re delle Due Sicilie – ottenendola – l’autonomia amministrativa di Giardini da Taormina; con Decreto reale firmato a Napoli il 23 febbraio 1846; veniva infatti sancito che: “A contare dal 1° gennaio 1847, il villaggio di Giardini, sarà elevato a Comune con amministrazione isolata ed indipendente da quella di Taormina cui era aggregato”.
Successivamente, altri avvenimenti di ben più vasta portata avrebbero avuto Giardini per teatro della storia. Quello stesso anno, infatti, protetto da un falso nome, arrivava Francesco Crispi con il compito di organizzare l’arrivo delle truppe garibaldine che da lì si sarebbero successivamente imbarcate per raggiungere la Calabria, alla conquista del Regno di Napoli. Garibaldi, Bixio e lo Stato maggiore giunsero a Giardini all’inizio dell’agosto del 1860 e vi rimasero sino al 19, giorno dell’imbarco delle truppe a bordo dei piroscafi Torino e Franklin arrivati da Palermo. Una statua ed una lapide apposta sul Palazzo Platania – residenza di Garibaldi – ricordano gli avvenimenti di quell’agosto del 1860.
Dopo la storia di Garibaldi, l’ormai rinomata Giardini Naxos, sarà sempre più strettamente legata – soprattutto a partire dagli anni Cinquanta-Settanta – alla sua vocazione turistica ed allo straordinario sviluppo del “borgo delli giardini”: da piccolo borgo marinaro a grande capitale del turismo siciliano.
-> Redazione.
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